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La fragile vita dell’ape

Ambiente  - Un dubbio strisciante tra gli apicoltori fa temere intossicazioni sub-letali da pesticidi
/ 25/10/2021
Loris Fedele

Apiservice ha reso noto con un comunicato stampa che nel 2020 ci sono state in Svizzera 17 intossicazioni delle api: cinque dovute agli insetticidi e dodici per altre cause non accertate. Sono tante? Sono poche? Chi non è specialista non sa valutarlo e vedendo un comunicato federale che segnala la cosa potrebbe allarmarsi. Tanto più che il recente comunicato stampa portava il titolo perentorio «L’intossicazione delle api può essere evitata». Per maggiori informazioni si invitava a contattare Davide Conconi, presidente della Federazione Ticinese Apicoltori, e a lui ci siamo rivolti.

Apiservice, ci è stato detto, è il braccio operativo di Apisuisse che è l’organizzazione mantello delle società di apicoltura svizzere: sostiene gli apicoltori, dà consigli per promuovere le buone pratiche apistiche e contrastare i problemi di salute delle api. Apiservice funge da antenna per tutti gli apicoltori che segnalano un’intossicazione. Ogni anno redige un rapporto. Negli ultimi anni si sono verificate più o meno sempre queste cifre di contagio.

A una prima lettura sembrano piccoli numeri, tanto più che in Svizzera si contano 17mila apicoltori. Un profano quindi può considerarle buone. Però, avverte Conconi, bisogna fare attenzione. Questi dati possono voler dire che in tutto il Paese l’applicazione dei pesticidi, e soprattutto degli insetticidi, si fa correttamente e quindi che grazie alle sostanze omologate i rischi di intossicazione acuta siano ridotti al minimo, però gli specialisti pensano che queste poche intossicazioni acute – che sono drammatiche perché la colonia muore o viene indebolita in maniera molto drastica – in realtà nascondano un problema più strisciante, che è quello delle intossicazioni sub-letali. A questo proposito parliamo soprattutto di insetticidi, che spesso appartengono alla classe dei neonicotinoidi.

In Svizzera non si possono più utilizzare in pieno campo su culture che potenzialmente possono attirare le api. La Confederazione e l’Unione europea hanno già fatto un passo importante togliendo dal mercato alcuni prodotti che erano particolarmente pericolosi per le api. I neonicotinoidi sono degli agenti che intervengono a livello del sistema nervoso dell’ape mellifera. In pratica provocano una paralisi dell’insetto, che può morire. Però se l’ape viene a contatto con delle concentrazioni di questi prodotti che non sono sufficienti per ucciderla, subisce ugualmente conseguenze negative sull’orientamento e sulla capacità di volo. Per esempio riuscirà difficilmente a tornare nella propria famiglia, eseguirà con meno efficacia i lavori che deve fare per assicurare il benessere della colonia e questa diminuita capacità operativa dell’intera colonia a lungo andare potrebbe portarla all’estinzione.

I neonicotinoidi possono anche agire sul sistema immunitario dell’ape indebolendolo, e favorendo così lo sviluppo di altre malattie. In questo caso la colonia non muore per il pesticida ma per un altro parassita che è stato favorito dalla presenza del pesticida. Alcune ricerche scientifiche hanno anche trovato che questi pesticidi provocano una riduzione di fertilità nella regina. Una regina normalmente può vivere fino a cinque anni. Per due o tre anni produce molte uova, mantenendo la colonia vigorosa e produttiva. Questo tempo viene ridotto dai pesticidi, ragion per cui gli apicoltori si troveranno costretti a cambiare più spesso la regina quando vedono che la colonia diminuisce perché la regina depone troppo poco.

È però difficilissimo individuare questo avvelenamento da dosi sub-letali. Soprattutto perché l’apicoltore nota la diminuzione della popolazione, e il deperimento della colonia, quando alza i telaini e vede che la covata è rarefatta e si presenta con dei vuoti, un po’ a mosaico, ma tutto questo può essere dato da mille fattori. Non è detto che si tratti di un problema legato ai pesticidi. Non c’è una prova chiara sul terreno che li veda come i responsabili colti sul fatto. Parliamo, annota Conconi, della nostra realtà ticinese, dove c’è un collage di aree urbane, di coltivazioni, di piccole parcelle, il tutto in un territorio ristretto.

Nel nord Italia, nella pianura padana, oppure in Francia, dove ci sono grandi superfici di campicoltura, si è fatto in fretta a correlare lo spargimento di alcuni prodotti insetticidi con la morìa delle api. La realtà ci dice che l’impatto sub-letale dei neonicotinoidi va ad aggiungersi agli altri fattori negativi che sono presenti sul territorio: i cambiamenti climatici, i drastici mutamenti che sta subendo il nostro habitat, l’acaro parassita Varroa, che dal 1985 in Svizzera condiziona tutta la pratica apistica. Poi c’entra anche la bravura o meno dell’apicoltore, che può avere un impatto sulla sopravvivenza delle api.

È vero che il pesticida lo adopera l’agricoltore, ma anche il privato cittadino nel suo orto, e i Comuni nella gestione del verde pubblico e pure gli stessi apicoltori usano delle sostanze chimiche. Nel trattamento della varroa, gli apicoltori oggi tendono a usare tecniche di impiego di prodotti piuttosto naturali, che hanno un impatto più moderato sulle api, tuttavia il rischio di indebolire la colonia permane. Un ulteriore problema riscontrato è la lotta alle formiche. Volendo combatterle, si sono sparse sostanze insetticide che hanno in alcuni casi danneggiato le api.

I membri della Federazione presieduta da Davide Conconi sono 535. Una stima attendibile fa pensare che operino in Ticino circa 600 apicoltori. Di questi solo 20 o 25 possono essere considerati professionisti o semi-professionisti. In larga maggioranza l’apicoltura da noi è praticata da hobbisti, anche di ottimo livello, perché con le api non ci si arricchisce finanziariamente. Conconi però nota con piacere che sempre più giovani si stanno avvicinando all’apicoltura.

Per il miele nostrano la produzione maggiore è legata all’acacia, al castagno, al tiglio. Poi ci sono i fiori vari e il miele di montagna, con il rododendro, pregiato anche perché molto influenzato dalle condizioni atmosferiche. La stagione non finisce mai perché, con l’addolcimento del clima invernale, le api tendono a rimanere in attività: con temperature sopra i 10-12 gradi le api cominciano a volare. Più tempo di volo e più rischi da correre all’esterno dell’alveare.