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Dove e quando

Rausch-Extase-Rush, Bernisches Historisches Museum, Helvetiaplatz 5, Berna.
Orari: ma-do, 10-17, lu chiuso.
Fino al 13 agosto 2023.
Informzioni: www.bhm.ch, www.rausch-extase.ch


Abbandonarsi all’ebbrezza

Mostra – Da sempre l’uomo è affascinato delle esperienze di estasi e cerca gli stati di ebbrezza anche attraverso sostanze psicoattive: un fenomeno esplorato in un’esposizione dedicata ai giovani e pensata con i giovani
/ 29/05/2023
Valentina Grignoli

L’estasi è presente in tutto il mondo e dagli albori della storia nutre l’uomo, lo fa sopravvivere da neonato e poi anche crescere, procreare, rinascere. Scoprire nuovi orizzonti. Il mondo animale non ne è esente: la natura è ricca di bacche magiche, bruchi velenosi, funghi allucinogeni. L’ebbrezza è negativa? No. Certo è che ne siamo tutti irrimediabilmente attratti sin da bambini. È un istinto primario, è uno stato che cercheremo attraverso prove di coraggio, sport, musica e danza, amore, spiritualità, videogiochi o consumo di sostanze psicoattive. Nell’età dell’adolescenza, non ne possiamo fare a meno. Vuoi per il bisogno di scoperta, la necessità di evasione, vuoi anche per la scarica di adrenalina e ossitocina che deriva dalle esperienze estatiche. Ormoni di cui ci nutriamo appassionatamente. L’ebbrezza può però avere effetti collaterali, intossicare e creare dipendenza, diventano così temi importati la gestione dei rischi e la pubblicità (esplicita o implicita) di sostanze come alcol e tabacco. Nasce da queste riflessioni l’idea dell’esposizione Rausch Extase Rush allestita al Museo Storico di Berna. Come definire l’estasi? Perché ci affascina? Perché la nostra società ha posizioni così contraddittorie di fronte a questo fenomeno? La mostra si interroga su tutti questi aspetti. Abbiamo incontrato Simon Haller, ideatore e curatore di questa curiosa esposizione.

Rausch – Extase – Rush: un titolo intrigante. Cosa racconta?
L’idea era quella di mostrare una tematica molto vasta come quella dell’estasi, presentare al pubblico gli aspetti naturalmente positivi per l’uomo e al contempo accennare anche alle sostanze psicoattive, che possono essere più rischiose. Fin’ora il tema dell’estasi, dell’ebbrezza non era mai stato trattato in questo modo in un’esposizione. È sempre stata fatta della prevenzione sottolineando l’aspetto negativo e «demoralizzante» per i giovani. Noi proponiamo un altro tipo di sguardo.

Come e quando le è venuta questa idea?
È iniziato tutto durante l’adolescenza dei miei figli. L’ebbrezza, l’estasi, erano argomenti al centro di discussioni ricorrenti nella nostra cucina durante i pasti… Ma era difficile discuterne liberamente, il tema era molto complesso per me e i ragazzi si chiudevano. Allora mi sono detto: sarebbe interessante avere questa discussione in maniera pubblica. Ma dove si potrebbe fare una cosa del genere? Mi sono ritrovato al museo, uno degli unici luoghi oggi dove la gente ha ancora voglia di prendersi del tempo per riflettere.

Anche i giovani vengono al museo a riflettere?
Ho avuto questa discussione proprio con dei ragazzi e abbiamo deciso di concentrarci su un pubblico nella fascia dai 13 ai 25 anni e immaginare l’esposizione per loro. Di conseguenza abbiamo scelto di avere un consiglio di ricerca formato dai ragazzi stessi. Una piccola équipe ha discusso tutte le tappe del processo con noi. Sono loro che hanno deciso in quale maniera sarebbe stato affrontato il tema. I giovani sono molto coinvolti in tutte le parti dell’esposizione, estremamente visibili. Anche per la comunicazione, abbiamo usato altri formati e altri canali come film, soundtrack, composizioni.

Un esempio di quello che i giovani hanno portato?
Noi avevamo pensato di far visitare la mostra con l’ausilio di uno smartphone. I ragazzi ci hanno fermato immediatamente: «Non vogliamo che la gente stia attaccata al telefono! È un’idea degli adulti, questa di pensare che noi lo vogliamo sempre usare. Ma se c’è un’esposizione così grande, complessa, studiata, non abbiamo nessun bisogno di QRcode, di stare a cercare informazioni… Quindi no!».

Come affrontate la tematica dell’estasi?
Il tema è molto vasto, e ovviamente abbiamo dovuto limitarci. C’è un film che esplora l’evoluzione della domanda e del bisogno dell’uomo di ebbrezza, per esempio. Poi un vero e proprio «tempio» dell’estasi. Reperti archeologici, religiosi, etnografici. In tutte le culture c’è sempre stata una parte legata alla trance, all’estasi. C’è poi un luogo della mostra che si chiama «cervello», dove vengono affrontate tutte le questioni neurologiche, cosa succede dentro di noi, cosa è naturale, cosa no. Si tratta, sempre su indicazione dei ragazzi, di fornire informazioni accurate e approfondite, ma senza morale. I giovani sapranno poi scegliere da soli. Abbiamo lavorato con 40 professionisti in diversi ambiti, soprattutto nel campo della ricerca scientifica, per la creazione dei contenuti.

Chi altro ha contribuito alla creazione della mostra?
Il Fondo per la prevenzione del tabagismo, l’Ufficio federale della sanità pubblica e il dipartimento Giovani e media dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali. Tutti ci hanno fornito informazioni ma senza dare indicazioni su come presentarle al pubblico. Noi abbiamo semplicemente accettato questa esperienza. Seguiamo la strategia del Consiglio federale: non fare più campagne contro, ma informare in generale perché i giovani possano avere le competenze per decidere. Oggi è così facile trovare l’estasi sul mercato, la competenza è fondamentale.

Quindi si tematizza anche il commercio delle droghe?
Sì, c’è anche una sezione che parla di droghe legali, come l’alcool, il fumo, con un occhio critico rispetto al commercio e alla comunicazione. Di conseguenza si parla anche della pubblicità implicita sui social media. Ma non solo. Nella mostra viene approfondita per esempio anche la questione dei videogiochi, chi li costruisce, come si fa a renderli così speciali da non poterne fare a meno e da non voler smettere mai.

Di che tipo di affluenza ha goduto la mostra fino ad oggi?
Abbiamo ricevuto molto pubblico, più di quello che il museo si aspettava, e sta aumentando. Significa che c’era un grande bisogno di parlarne. Abbiamo scelto un pubblico, i giovanissimi, che solitamente non va al museo, larga parte viene addirittura al di fuori della scuola. Ha giocato molto il fatto che sia stata creata dai ragazzi. Durante la mostra non si danno giudizi morali, le discussioni attorno a questi temi vengono fatte a posteriori nel gruppo, nelle classi scolastiche.

A Berna fino al mese di agosto, poi la mostra si trasferirà a Basilea e forse anche nella Svizzera romanda. Possiamo prevedere anche un passaggio nella Svizzera italiana?
Ci vogliono musei molto grandi per accogliere questo tipo di esposizione e c’è la difficoltà linguistica… vedremo, per ora sono confermate le due città, il resto è ancora del tutto aperto.