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Sulla rotta locarnese di San Brandano
Evento ◆ Il 31 Luglio si è conclusa La Via Lattea 19. Grande partecipazione di pubblico per un appuntamento ormai imperdibile
Davide Fersini
Durante la lunga transizione che portò l’Irlanda ad abbandonare gli antichi e pragmatici riti pagani per abbracciare la più mansueta e astratta liturgia del cattolicesimo, sorse sull’isola verde un genere di racconto che diede ai miti dei Celti una nuova veste, quella dell’immram. L’etimologia gaelica della parola – iomrahm – , riporta alla sfera semantica del viaggio e non stupisce, quindi, che al centro di quelle narrazioni vi fosse l’itinerario di un eroe alla ricerca di uno spazio ultraterreno, individuato in genere, con precisione alquanto singolare, nelle isole a ovest dell’Irlanda stessa. Nella nuova forma cristiana – confezionata da monaci giunti dal continente e dunque reduci essi stessi da un viaggio, per l’epoca, decisamente eroico – gli immrama si trasformarono in cronache di peregrinazioni verso il paradiso terrestre: attraverso tragitti irti di ostacoli, posizionati dalla mano divina con lo scopo di mettere alla prova la fede del viaggiatore, i pellegrini approdavano infine immancabilmente in un’utopica terra di delizie, dalla quale non era sempre facile fare ritorno. (Del resto si sa, il Paradiso bisogna meritarselo!)
Sulla base di quel modello narrativo, nel X secolo prese corpo per mano di un anonimo la Navigatio Sancti Brandani, resoconto immaginifico delle navigazioni avventurose di un abate irlandese vissuto nel VI secolo. L’opera ebbe tanto successo da venire tradotta, nel corso degli anni, in diverse lingue europee tra cui, nel XV secolo, il toscano e il veneto. Dalle suggestioni di quelle due versioni, è nata La Via Lattea 19, percorso multi-sensoriale in sei stazioni sulla rotta di San Brandano, ideato e diretto dalla mano felice di Mario Pagliarani. Sulla mappa disegnata dal compositore ticinese, il viaggio verso il paradiso inizia nella chiesa romanica di San Vittore a Muralto. Qui l’attore Marco Balbi legge ampi stralci della Navigazione di San Brandano per il pubblico di pellegrini, mentre sette strumentisti e quattro cantanti distribuiti nello spazio illuminano le parole con una sonorizzazione che fonde la Messe de Notre Dame di Guillaume de Machaut con musiche di Beethoven, Nono, Lachenmann, Ligeti – omaggio doveroso nel centenario della nascita – senza dimenticare i maestri di Pagliarani, Sciarrino e Grisey, da cui il compositore, per sua stessa ammissione, ha imparato rispettivamente a «progettare e ad ascoltare».
I risultati di quell’insegnamento si manifestano appieno una volta giunti alla quinta stazione del pellegrinaggio, sul prato degli eucalipti dell’Isola Grande di Brissago, dove sedici esecutori disposti intorno al pubblico (foto in basso) eseguono in prima assoluta la Composizione per l’isola di San Pacrazio, scritta appositamente da Pagliarani per questa occasione. Intrappolato nel cerchio dei musicisti, l’ascoltatore viene ipnotizzato da un canto di oggetti dalla struttura ciclica che porta la mente alle sirene di Ulisse. Invece di spegnersi, però, i sensi si acuiscono e, per la prima volta, iniziamo a intuire il senso di questo viaggio. Nessun altro panorama, più di quello che ammiriamo e nessun altro luogo, più di quello in cui ci troviamo – le Isole di Brissago – è frutto della volontà umana di modellare l’ambiente. Il messaggio ossessivamente ripetuto dalla musica è ora chiarissimo: il paradiso terrestre cui siamo diretti non potrà che essere un empireo disegnato dall’umanità per l’umanità.
Giunto alla meta, Brandano scopre, così, che il paradiso agognato non è né una terra vergine né una landa disabitata: il santo e i suoi compagni vengono, infatti, accolti da un giovane uomo ben vestito e dai modi gentili che li invita a raccogliere testimonianze della loro visita per poi tornare fra gli uomini e raccontare la loro esperienza. Allo stesso modo, una volta arrivato all’ultima stazione, il pubblico della Via Lattea guidato da San Brandano (interpretato per l’occasione dall’attore veneto Andrea Brugnera) si ritrova fra le vestigia della chiesa di Sant’Apollinare sull’Isola Piccola e qui lo aspettano altre due prime esecuzioni assolute, pensate come dono per chi dovrà presto intraprendere la via del ritorno. Wassermadrigal di Caspar Johannes Walter, per quattro voci maschili e tre percussionisti, è un brano dalla rigorosa impalpabilità, che sfugge tra le dita come l’acqua e prelude idealmente all’ermetico. Bauchhirn, per voce femminile e tre percussionisti di Carola Bauckholt, è un brano ispirato a testi di Hildegard von Bingen e Gertrud Stein, mirabilmente interpretato – senza amplificazione seppur in uno spazio a cielo aperto – dalla voce intensissima di Truike van der Poel. Il dittico è il frutto di una solida collaborazione del Teatro del Tempo, ossia il gruppo responsabile della produzione de La Via Lattea, con il Festival Neue Musik Rümlingen, di cui Walter e Bauckholt sono voci storiche e testimonia ancora una volta la fede di Pagliarani nelle possibilità evocative ed ammaliatrici della musica del presente.
L’ultima parola, però, spetta a Hildegard von Bingen. È il suo O viridissima virga, ancora cantato da Truike van der Poel, a risuonare nelle orecchie dei viandanti mentre nel buio raggiungono la riva per intraprendere il viaggio di ritorno; una nostalgica descrizione idealizzata della vita di natura prima del peccato originale, quando il mondo, cioè, era abitato soltanto da due persone. Lentamente questa intuizione chiarisce e riordina ognuna delle esperienze vissute durante la giornata. Mentre solchiamo le onde in direzione di Muralto, confrontando con i compagni di avventura i molti punti di vista e le diverse opinioni sulla musica ascoltata e sui luoghi visitati, un pensiero si fa sempre più forte: forse Sartre aveva ragione quando scriveva che l’enfer, c’est les autres – l’inferno sono gli altri – ma certamente La Via Lattea 19 ci ha insegnato che il paradiso è stare insieme agli altri.