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I vulcani, la grande passione del regista Werner Herzog
Il documentario The Fire Within è un inno alla meraviglia
Nicola Falcinella
Il cinema di Werner Herzog, uno dei più grandi cineasti dei nostri giorni, è fatto di ossessioni e di desiderio di spingersi oltre i limiti. Tra i suoi chiodi fissi ci sono i vulcani, cui aveva già dedicato il breve La Soufrière nel 1977 e Into the Inferno nel 2016. Il primo racconta di un’eruzione mai avvenuta, quando gli scienziati rilevarono un’attività minacciosa dell’omonima montagna di Guadalupa e fecero sfollare l’isola, tranne un contadino che rifiutò di eseguire l’ordine. Attratto da questa scelta sconsiderata, Herzog si precipitò per filmarlo con gli operatori Ed Lachman e Jörg Schmidt-Reitwein.
Il secondo film segue il lavoro del vulcanologo Clive Oppenheimer, viaggiando per il mondo a visitare le eruzioni in corso o i vulcani in attività o oggetto particolare di studio, tra Indonesia, Guadalupa, Dancalia (con una digressione sulle origini dell’uomo) e Islanda, sospeso tra la paura e la meraviglia, fino alla Corea del Nord.
«La lava esprime la rabbia del diavolo» si dice, e forse la frase contiene una parte della fascinazione di Herzog per questi fenomeni geologici. Il film contiene immagini spettacolari della lava, delle eruzioni, delle profondità dei camini, ma anche i danni e il terrore: la visione del regista è ancora di una natura potente e non benigna.
In quest’opera Herzog usava spezzoni di immagini realizzati dai francesi Katia e Maurice Krafft, cui ha dedicato il suo ultimo lavoro, il bellissimo The Fire Within: A Requiem for Katia and Maurice Krafft, vincitore della Genziana d’oro quale miglior film di esplorazione o avventura al recente Trento Film Festival. Curiosamente lo scorso anno allo stesso festival il premio del pubblico andò a Fire of Love di Sara Dosa (che ottenne anche una nomination all’Oscar come migliore documentario), realizzato a partire dagli stessi filmati e fotografie prodotti dai Krafft nel corso delle loro esplorazioni. Si tratta di due lungometraggi di grande valore e molto diversi tra loro, il cui confronto vale una lezione di cinema su cosa significhino lo sguardo di un regista, un punto di vista, la capacità di scegliere i materiali e l’abilità nel montaggio creativo.
I due scienziati si conobbero da studenti universitari nel 1966 in Alsazia, si sposarono presto, decisero di non avere figli e di dedicare l’intera loro vita allo studio ravvicinato dei vulcani, cominciando con l’avventuroso viaggio di nozze in Islanda. Insieme esplorarono Etna e Stromboli (che per loro furono una rivelazione e un banco di prova), il Niyragongo, il Sant’Elena o il colombiano Nevado del Ruiz, assistendo anche a eruzioni grandiose quanto devastanti. I Krafft tenevano molto a documentare con immagini e testi i loro viaggi e le loro missioni (pubblicarono diversi libri e parteciparono a molte trasmissioni televisive), raccogliendo decine di ore di riprese in 16mm prive di sonoro.
Morirono insieme il 3 giugno 1991 in Giappone, travolti dall’eruzione dell’Unzen, letteralmente a un passo l’uno dall’altra. I loro filmati sono stati raccolti in un archivio a disposizione dei ricercatori e registi interessati.
Sara Dosa, una delle documentariste più in ascesa del panorama statunitense, è stata colpita dalla vicenda personale e amorosa dei due, e ha posto l’accento su questo aspetto totalizzante delle loro vite e ne ha tratto quasi un melodramma fiammeggiante, come del resto suggerisce il titolo Fire of Love, dai plurimi significati e che racchiude le diverse componenti della storia. Attraverso i loro occhi e le loro parole, la regista ricostruisce due vite piene, intense, inseparabili, alimentate dall’amore e dal comune lavoro di ricerca, superando le coordinate e i confini del documentario con un film sentimentale, esaltante e struggente, su un amore totalizzante e vissuto fino in fondo, senza trascurare gli aspetti scientifici.
Herzog trova, nello stesso archivio di immagini, uno spunto molto herzoghiano nel porsi sogni che sembrano impossibili, nel superare difficoltà estreme e nell’affrontare condizioni oltre i limiti che fanno tornare alla mente i suoi Fitzcarraldo e Grizzly Man. È questo ad averlo attratto dei due scienziati con «il fuoco dentro», unitissimi nell’affrontare 25 anni di viaggi e osservazioni estreme.
The Fire Within è un altro affascinante tassello della sua scoperta della natura, maestosa e distruttiva allo stesso tempo, tra l’estasi e la paura. Con la sua voce narrante e musiche sempre pertinenti, Herzog alza un inno alla meraviglia del nostro pianeta, un invito all’incanto e una presa di consapevolezza dei suoi aspetti terribili: ci si può ritrovare qualcosa del Terrence Malick di Voyage of Time (2016). Il grande regista tedesco dice che avrebbe voluto accompagnare i Krafft nelle loro esplorazioni, stare al loro fianco nell’arrivare tra i primi nei pressi di vulcani in eruzione e fa intendere che forse avrebbe voluto essere al loro posto in quel finale che lascia senza parole.