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Gli ingredienti della solitudine
In Un amore una donna fa i conti con sé stessa
Laura Marzi
Un amore è l’ultimo romanzo di Sara Mesa, con cui si è imposta definitivamente all’attenzione del pubblico internazionale, edito in italiano da La Nuova Frontiera e tradotto dallo spagnolo da Elisa Tramontin.
Il romanzo racconta di Nat, una giovane donna che per ragioni non del tutto chiare, che hanno a che fare con un grave errore commesso al lavoro, decide di trasferirsi in un paesino sperduto, dove potrà vivere di poco e dedicarsi al suo nuovo impegno da traduttrice. Da subito, però, a partire dalla casa che Nat prende in affitto, che è umida e piena di cose che non funzionano, diventa chiaro che quel luogo, La Escapa, le è ostile. Nat ha paura del suo proprietario di casa, un uomo rude, aggressivo, a cui la ragazza aveva chiesto un cane che potesse farle compagnia. Il randagio che lui le regala, che Nat chiamerà Fiele, per via del suo carattere schivo e della sua incapacità di fidarsi di lei, porta su di sé le conseguenze di tutti i maltrattamenti e dell’ignoranza della gente del posto.
Fin da subito la giovane donna entra in contatto con gli altri abitanti della comunità: la ragazza del negozio di alimentari, Joaquin e sua moglie Roberta, che soffre di demenza senile, Píter che le diventa amico, la famiglia dei vicini di casa… In ognuno di questi personaggi, che costituiscono la piccola comunità di La Escapa, sembra che ci sia qualcosa da temere, o meglio a risultare pericolosa per Nat è la vita in un luogo talmente piccolo e governato da leggi tribali, in cui la sua presenza eccentrica non può essere accettata.
La svolta inaspettata, quanto molto apprezzabile nel romanzo, avviene con l’incontro con un altro outsider della comunità, «il tedesco», un uomo dimesso, che coltiva e vende le verdure del suo orto, e che è anche un tuttofare. Un giorno proporrà a Nat di aggiustarle il tetto, dal quale quando piove gocciola in casa, se: «mi lasci entrare un poco dentro di te». L’offerta di questo baratto sessuale in un primo tempo la spiazza, poi Nat finisce per accecarsi di desiderio o di solitudine, insomma di quegli ingredienti che concorrono in misura diversa a dare origine all’ossessione amorosa.
«Il tedesco», il cui nome è Andreas, diventa l’unico pensiero e scopo della vita di Nat, che smette di tradurre, di fare le sue passeggiate, per concentrarsi solo su quelle ore di sesso che trascorre da lui la sera, prima di rientrare a dormire a casa sua, visto che lui non le propone mai di trascorrere la notte insieme. La storia prosegue da manuale: Nat vorrebbe che Andreas, invece della durezza e dell’indifferenza che le dimostra, le dicesse almeno una volta qualche parola romantica, le facesse sentire «di essere la prescelta». Non accade, anzi. In breve tempo, tutta l’energia mentale che la giovane donna investe su questa relazione, tutta la paranoia, la gelosia, i sospetti, la paura, sfiancano quell’intesa sessuale, che all’inizio aveva del miracoloso e che poi si rivela essere una fragile illusione.
Mesa descrive con grande precisione il dolore della perdita: «Andreas non sarà più suo. L’ha perso. Ce l’aveva e l’ha perso. Quella certezza le dilania ogni muscolo. Crede che morirà di dolore, crede che sia possibile morire così». Tale disperazione si aggiunge a un altro evento drammatico. Il risultato è che la comunità di La Escapa la epura, la allontana, perché si dice di lei che faccia sesso con tutti, e soprattutto perché ogni occasione può essere quella giusta per accusare o denigrare la straniera.
Il romanzo di Mesa ha davvero il passo e lo stile di grandi testi della letteratura post moderna, come Vergogna di John M. Coetzee (Einaudi, 2000), perché l’autrice racconta con una freddezza e una precisione uniche e profonde la miseria dell’animo umano, la facilità con la quale è possibile brutalizzarsi a vicenda. In fondo Mesa vuole anche dire di come nei villaggi, che sembrano immuni alla perversione dell’epoca contemporanea, proprio lì, la meschinità agisce più indisturbata. Un messaggio molto chiaro rispetto al proliferare di testi letterari e di approcci artistici, che esaltano la vita dei paesi, dei borghi, della campagna, che inneggiano a un passato mitico e inesistente, in cui a essere rimasto davvero indenne è solo il patriarcato.