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La bellezza della diversità valorizzata sulla scena

Dopo l’edizione del Festival Orme a Lugano, il progetto IntegrArt prosegue a Berna e a Ginevra
/ 12/06/2023
Giorgia Del Don

Con la sua compagnia di danza Shonen, il coreografo, designer e cineasta francese Eric Minh Cuong Castaign nei giorni scorsi a Berna e a Ginevra nell’ambito del progetto IntegrArt promosso dal Percento culturale Migros ha messo in scena il suo spettacolo Forme(s) de vie (forme di vita).

Proveniente dal mondo delle arti visive (si è formato in design grafico e cinema d’animazione) ma da sempre interessato alla danza, in particolare l’hip hop, l’esigente butō e la danza contemporanea, Eric Minh Cuong Castaign si avvale di tutte le sue conoscenze per rendere visibili movimenti potenti ma discreti, messi da parte da una società tecnoscientifica ossessionata dal potere e dal controllo. Cosa significa esistere con un corpo diverso che non può e non vuole adattarsi alla frenesia del quotidiano, un corpo che obbliga chi lo abita a rallentare e riprendere contatto con le sue sensazioni profonde? 

Grazie all’uso del video che spesso completa l’esperienza scenica svelando momenti di creazione in situ ma anche avvalendosi di tecnologie come la realtà aumentata, i droni o i servizi di videoconferenza, il coreografo francese fa incontrare lo spettatore con realtà altre, ridà all’handicap il posto che merita all’interno dello spazio pubblico. Figlio di immigrati vietnamiti rifugiati in Francia, Eric Minh Cuong Castaign sa benissimo cosa vuol dire essere stigmatizzato, relegato ai margini di una società competitiva che non si interessa di ciò che sfugge al suo radar normativo. È proprio dalla sua esperienza, per molti versi simile a quella di coloro che mette in scena, che nasce il bisogno di rendere visibili forme di rigetto che passano pericolosamente inosservate. Meno chiassosa ma non per questo meno potente, la convergenza di lotte promossa dall’artista parigino ha dato vita a coreografie sorprendenti che abbattono le frontiere geografiche (come nel caso di Waka che fa dialogare in videoconferenza il performer, presente su scena, con i suoi fratelli e sorelle in Uganda o Hiku che ci fa penetrare nel mondo segreto di tre hikikomori) ma anche fra i corpi (quelli degli interpreti, dei performer e degli spettatori).  

Nel suo ultimo spettacolo Forme(s) de vie è infatti proprio di corpo, o meglio di corpi che si parla. Presentato a Ginevra nell’ambito della biennale delle arti inclusive Out of the Box e del progetto IntegrART del Percento culturale Migros, Forme(s) de vie mette in scena un ex pugile, Kamel Messelleka, e un’ex ballerina professionista, Elise Argaud, che hanno dovuto abituarsi ad un corpo diverso, modificato dalla malattia. Se da un punto di vista abilista i loro movimenti potrebbero sembrare limitati, deteriorati, Elisa Argaud sottolinea, alla fine dello spettacolo, che questa non è la sua percezione. «In realtà io non ho mai smesso di muovermi, solo che ora lo faccio in modo diverso» spiega con lucidità e precisione come a voler rivendicare un movimento autentico che sfida ogni imperativo contemporaneo. Ex ballerina, Elise Argaud sa benissimo quanto il mondo della danza sia focalizzato su un’idea di virtuosismo che non contempla nessuna forma di debolezza. Abitato da un bisogno narcisistico di piacere che privilegia corpi atletici, bianchi e giovani, l’universo della danza, quella classica in particolare, non smette di alimentare un solo, stereotipato immaginario. Sebbene la danza contemporanea si apra sempre maggiormente includendo performer di differenti origini etniche e corporeità, è anche vero che la gioventù resta comunque la condizione principale per far parte di questo mondo.

L’obiettivo perseguito da Eric Minh Cuong Castaign è allora proprio quello di nutrire questo immaginario con esperienze «altre», di trasportare la danza là dove difficilmente si avventura: all’interno di corpi atipici ma anche in ambiti apparentemente estranei al mondo artistico come le strutture sanitarie che accolgono molti dei suoi performer. Affiancati su scena da tre ballerini «abili», Kamel ed Elise ritrovano sensazioni assopite nel profondo del loro corpo, riattivano una danza che non ha perso nulla della sua forza. Ben lontano dall’idea preconcetta secondo la quale il corpo differentemente abile, imprigionato in una sorta di dipendenza, quasi di servilismo, non abbia niente da offrire, Eric Minh Cuong Castaign ci mostra quanto anche i ballerini «abili» si arricchiscano grazie alle nuove sensazioni che i movimenti di Elise e Kamel gli fanno scoprire. Dilatato fino al limite estremo, il ritmo imposto dal corpo dell’ex ballerina, l’intensità di ogni suo gesto, permette alla sua partner di gioire di una lentezza che il modo della danza, normalmente, rigetta, spingendola a gustare ogni sensazione, a lasciarsi andare ad una catartica meditazione. Insieme, i performer di Forme(s) de vie si completano dando vita ad un corpo che sfida ogni definizione, quella di virtuosismo in primis. Se i tre ballerini «abili» sostengono i loro partner come una sorta di esoscheletro fatto di carne e ossa, questi ultimi infondono loro la vita.