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Giuseppe Pennisi, fotografo eclettico

Primi piani: dalla scatola magica all’intelligenza artificiale, così evolve un autore che ama esplorare le più disparate possibilità
/ 05/05/2025
Stefano Spinelli

È nella sua bella casa-studio di Lugaggia, affacciata sui Denti della Vecchia, che oggi incontriamo Giuseppe Pennisi, fotografo eclettico, dal percorso sfaccettato, alla continua ricerca della bellezza.

Pennisi nasce a Bronte, in Sicilia, una terra che lascerà da bambino quando, al seguito dei suoi genitori, verrà a mettere radici in Ticino. Dalla Sicilia porterà con sé quella vivacità, quell’intraprendenza e quella luce nello sguardo in cui sovente ci s’imbatte visitando quest’isola.

L’incontro con la fotografia avviene grazie alle riviste fotografiche che scopre da adolescente: «Dopo averne viste alcune mi sono messo in testa che da grande volevo fare il fotoreporter, questo era il mio grande sogno». Erano gli anni Sessanta e in quell’epoca vi era un gran fiorire di queste pubblicazioni che, colte o meno che fossero, grazie alla loro larga diffusione parteciparono a rendere popolare la cultura fotografica.

Terminate le scuole dell’obbligo, grazie a un po’ di fortuna, Pennisi intraprende un apprendistato come fotografo da Brunel, che a quel tempo era uno degli studi fotografici più prestigiosi di Lugano. Ciò gli permetterà di acquisire una solida formazione professionale nei campi in cui lo studio era specializzato: fotografia d’arte, di architettura e ritrattistica. Diplomatosi nel 1973, anziché abbracciare la professione di fotoreporter, su richiesta dello stesso Brunel proseguirà il rapporto di lavoro con lo studio – di cui diverrà responsabile – per quasi un ventennio, ossia fin quando questi chiuderà.

Pennisi, che da un po’ di tempo – sulla spinta di un bisogno crescente di libertà – aveva già cominciato a lavorare a metà tempo per conto suo, si mette in proprio aprendo uno studio a Tesserete: «È stata, come si dice, la giornata della mia vita, il periodo più bello in assoluto, c’era tanto tanto lavoro e potevo fare quello che volevo». Siamo negli anni Novanta. Dallo studio Brunel aveva ereditato diversi clienti importanti, tra i quali anche la Fondazione Thyssen. E proprio questa collaborazione, destinata a durare per diversi anni, gli offrirà l’opportunità di confrontarsi con le opere dei grandi Maestri dell’arte antica e moderna – dei capolavori assoluti – dai quali assorbe la loro riflessione sulla luce e l’equilibrio compositivo.

È per lui una scuola impareggiabile se consideriamo, come ci dice lui stesso, che tutto ciò che creiamo parte dal bagaglio di pensieri, immagini, esperienze, che interiorizziamo nel corso della nostra esistenza: «Quando stai cercando di fare una fotografia, cosa sono le immagini che hai nella tua testa? Cosa stai cercando come composizione? Se cerchi una luce un po’ bella, cosa ti viene in mente? Ti viene in mente Caravaggio, o Rembrandt. Perché in un quadro, hai visto quella luce lì. In realtà non s’inventa niente. Si modifica un po’, si adatta al proprio pensiero, ma la scintilla viene sempre da qualche altra parte».

Come indipendente, in quel periodo sarà attivo anche nel campo della fotografia industriale, settore che apprezza, amando particolarmente realizzare still life. È, questa, una fase di grande attività, impegnativa ma felice, fertile, in cui sente di aver raggiunto una sua maturità professionale. Questo momento va pure a coincidere con il progressivo avvento della fotografia digitale. A differenza di molti professionisti della sua generazione, Pennisi non si tira indietro e frequenta un corso di aggiornamento mirato all’apprendimento dei nuovi strumenti messi a disposizione del fotografo: perfeziona l’uso di Photoshop, impara a realizzare prodotti multimediali, a progettare e a mettere in rete siti internet. Ma allo stesso tempo, come succede con altri fotografi, il digitale gli trasmette un certo disagio: sente che con questa tecnologia è avvenuto un cambiamento profondo nella natura della fotografia, differenziandosi assai dalla pratica che aveva fin lì esercitato.

La sua intraprendenza in questo nuovo settore gli darà, a livello locale, una posizione di vantaggio. Nel 2000 viene contattato dalla VRWAY, una società che intendeva muoversi nel nascente campo della fotografia sferica (quella, per intenderci, a 360°), di cui si era peraltro già impratichito durante il corso di aggiornamento. Pennisi accetta la sfida. Dovrebbe essere una collaborazione di pochi anni, invece finisce per rimanervi ben quindici, alla guida del dipartimento fotografico, provando ad applicare la sua sensibilità artistica a questo tipo di fotografia: «Rimaneva sempre tutto chiuso lì, in questo 360°. Non è che c’erano grandi sbocchi estetici, ma credo di aver già fatto delle cose interessanti, nel senso che ho introdotto molti elementi della fotografia classica in quella realtà, che era molto tecnica e documentaria, diventando un importante punto di riferimento stilistico per tutta la comunità internazionale di fotografi panoramicisti. L’applicazione (N.d.R. nel senso di app) del progetto, per l’elevata qualità delle immagini fotografiche contenute, oltre 3mila, è stata selezionata nel 2010 dalla Apple per essere preinstallata su tutti gli iPad 2 nei 135 principali Apple store del mondo».

In quegli anni, Pennisi viaggerà in lungo e in largo per l’Europa – oltre che in Cina, quando la VRWAY deciderà di aprirvi un suo portale – andando a scoprire realtà che difficilmente avrebbe avuto altrimenti l’occasione di conoscere.

Chiusa questa esperienza, ormai prossimo alla pensione, oltre a cogliere qualche buona occasione di lavoro, Pennisi può finalmente dedicarsi alla realizzazione di progetti suoi (visionabili nel suo sito giuseppepennisi.ch), mettendo in vario modo all’opera quella vasta collezione di tecniche acquisite nell’arco del suo quarantennale percorso. Vediamone brevemente e in ordine sparso alcuni.

Fa un ritorno all’analogico costruendosi una camera obscura, da lui chiamata Scatola Magica, con la quale esporre direttamente le immagini su carte argentiche positive. Con questa macchina fotografica elementare realizzerà un’ampia e particolare serie di ritratti in bianco e nero. Ma ormai è il digitale a esser divenuto lo strumento principe del suo agire fotografico e, oltrepassato da tempo il disagio iniziale, si dedica alla sperimentazione di alcune delle strade che questa tecnologia offre. Innanzitutto, con l’ambizione di raggiungere la perfezione, approfondisce l’ambito della stampa digitale in bianco e nero ai pigmenti di carbone, producendo una serie di still life (intitolata Lux) : sono studi di luce molto raffinati, di sapore fiammingo, ricchi in sfumature di grigi, dalle forti texture.

A caccia di cornici, in un mercatino dell’usato acquista un quadretto la cui immagine all’interno – se ne accorge solo in un secondo tempo – è stampata su vetro. Sarà lo spunto che lo porterà a esplorare questa tecnica, con le varie e complesse problematiche che comporta. Testa varie soluzioni, specialmente per il fondo – che permette di leggere l’immagine, altrimenti trasparente. Non si accontenta del classico bianco, e cerca altro fino ad arrivare alla foglia d’oro. Dovendo realizzare delle foto di mele per un’esposizione, decide di utilizzare proprio questa tecnica. Ne sortirà un gruppo d’immagini di grande effetto, I Pomi d’oro – con stampe fino al grande formato – che raccoglierà largo consenso tra il pubblico.

Tutte queste tecniche – camera obscura, bianco e nero, foto su lastre –, pur utilizzando gli strumenti di oggi, fanno in un qualche modo riferimento alla storia della fotografia come pure alla pittura, a cui s’ispira per soggetti e modo di procedere. Lavorando in digitale, Photoshop funge da camera oscura con cui, spingendo a oltranza la lavorazione dei files, arrivare a poco a poco, strato dopo strato – come avviene per un dipinto – al risultato finale. Ed è proprio con questo procedere che dà vita alla serie CMYK, una raccolta di quadri fotografici in cui il colore e l’astrazione stanno al centro del linguaggio visivo.

Il passo successivo è l’incontro con l’intelligenza artificiale, che Giuseppe Pennisi ha iniziato da qualche tempo a investigare. Ma questo è un altro discorso, che avremo forse modo di verificare più in là di persona.