azione.ch
 



Il dilemma è servito: ereditare o vendere?

Nelle sale del cantone il documentario di Simon Baumann Wir erben solleva numerose domande
/ 28/04/2025
Nicola Falcinella

Torna in Ticino, in programmazione normale, uno dei film svizzeri dell’anno. Si tratta di Wir Erben di Simon Baumann, presentato in prima assoluta alla Semaine de la critique del Festival di Locarno 2024, dove ha ottenuto il Grand Prix.

Successivamente l’opera è stata proposta alle 60° Giornate cinematografiche di Soletta e ha vinto il Swiss Film Prize come miglior documentario dell’anno. Da giovedì il film del regista zurighese, noto soprattutto per Image Problem incluso nel concorso sempre di Locarno nel 2012, sarà proiettato nelle sale cominciando dal Lux Art House di Massagno.

Un documentario personale e familiare che porta alla ribalta una vicenda singolare adatta a riflessioni e discussioni che riguardano tutti. Il punto di partenza è una fotografia che ritrae il regista bambino nel 1980, immortalato accanto alla macchina da presa in legno costruita dal padre. I genitori, Stephanie e Ruedi, possedevano una fattoria in Svizzera interna e furono tra i primi ecologisti, realizzando da soli gran parte dell’attrezzatura necessaria e limitando gli elettrodomestici. Per esempio, l’apparecchio televisivo era arrivato in casa solo il giorno precedente quello scatto, sebbene la coppia fosse a proprio agio dentro il piccolo schermo, partecipando a dibattiti in numerose trasmissioni.

Così, il piccolo Simon, con il fratello Kilian che ha seguito in politica le orme dei genitori, li guardava parlare in pubblico con un misto di «vergogna» e «ammirazione». Ancora oggi, mentre come narratore ripercorre quegli anni, evidenzia la voce decisa della madre e l’indice alzato del padre, entrambi deputati dei verdi.

La politica aveva pervaso la vita dei due genitori già prima, quando, giovani alternativi, erano partiti per un viaggio in Nord Africa in autostop, e avevano partecipato alle grandi manifestazioni delle contestazioni giovanili, sposandosi di nascosto, come rifiuto alle convenzioni borghesi. Con la nascita dei figli, arrivano la scelta di stabilirsi in campagna, lo sviluppo della sensibilità ecologica e l’inizio della politica attiva.

Un percorso quasi lineare fino alla frattura avvenuta nel 2001, quando il voto contrario all’iniziativa popolare «Sì all’Europa!» fermò l’ipotesi di adesione elvetica alla Ue. Stephanie e Ruedi Baumann reagirono con fermezza: «se la Svizzera non entra in Europa, ci entriamo noi». Così, dopo aver lasciato la fattoria al figlio maggiore, ne comprarono una in Gascogna, stabilendosi in Francia.

Degli ultimi anni è la questione che è anche il punto di partenza del documentario: la coppia vuole ritirarsi dal lavoro e lasciare la tenuta e convoca i figli per decidere sul da farsi: vendere oppure ereditare la terra. Un dilemma sempre attuale, che si è presentato e si presenta in molte famiglie e comporta implicazioni che superano le scelte dei singoli. Parlando tra loro, i fratelli concordano sul fatto che i genitori appartengano alla generazione che ha «costruito» mentre loro sono quelli che «ereditano», cercando di contenere i danni causati al pianeta.

Uno dei pregi maggiori del lavoro di Baumann, oltre all’ottima fattura, è il riunire diversi punti di vista e proporli agli spettatori, andando oltre quello personale che pur lo anima. Il regista sente la responsabilità e il peso dell’ereditare (già era entrato in possesso di un’altra casa di famiglia), è turbato da problemi di coscienza e sente la differenza e il privilegio rispetto a chi non ha ereditato nulla: «il mondo è di chi eredita» è una delle sue considerazioni.

I fratelli si sentono animati da sentimenti di giustizia sociale, dagli ideali con cui sono cresciuti, ma vivono le difficoltà della messa in pratica dei principi. È una storia sulle scelte della vita, sui rapporti familiari, l’influenza e il lascito (anche morale e ideale) dei genitori alla prole. Si tratta di cercare il proprio posto nel mondo, ma a volte occorre soprattutto riconoscerlo e accettarlo. In questo si esamina e si scava anche nel passato, affrontando le differenze di approccio e mentalità tra la famiglia paterna, composta da contadini e piccoli proprietari terrieri, e quella materna, lavoratori agricoli senza proprietà.

Questo è anche un film sul sentimento europeo al giorno d’oggi, visto dalla prospettiva svizzera: il padre non ha cambiato idea rispetto al voto del 2001 e desidera sentirsi europeo a tutti gli effetti e non un «approfittatore», come definisce gli svizzeri. Un documentario importante e da non perdere, che conferma la vista lunga dei selezionatori della Semaine de la critique del Festival di Locarno.