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Bibliografia

Francesco Matteuzzi (testi) e Giuseppe Latanza (illustrazioni), Hokusai – L’anima del Giappone, Rizzoli, 2021.


Il tratto immortale del grande Hokusai

Graphic novel biografiche: l’opera e il mistero del leggendario disegnatore giapponese in una narrazione dal respiro internazionale
/ 14/04/2025
Benedicta Froelich

C’è da scommettere che, se interrogati a bruciapelo, in molti, soprattutto tra le giovani generazioni, affermerebbero di non conoscere davvero il nome di Hokusai; eppure, la maggior parte di queste persone ha, in realtà, molta più familiarità con il lavoro del grande artista giapponese di quanto non si creda. Ripensandoci adesso, appare, in effetti, quantomeno implausibile che un disegno a firma di un maestro nipponico vissuto a cavallo tra il diciottesimo e diciannovesimo secolo sia divenuto una vera e propria icona pop, destinata a essere riprodotta su poster, taccuini e perfino tazze da colazione; eppure, la splendida xilografia nota come La Grande Onda di Kanagawa rimane a tutt’oggi uno dei lavori artistici più universalmente noti, secondo solo alla Notte Stellata di Van Gogh. Tuttavia, sono in pochi, anzi pochissimi a conoscere la vera (e assai travagliata) storia non solo di quest’opera immortale, ma anche dello stesso Hokusai, la cui vita rappresenta tuttora un mistero pressoché insondabile.

A tale lacuna tenta di porre rimedio una graphic novel che, come sempre più spesso accade ai migliori prodotti fumettistici provenienti dalla vicina penisola, ha riscontrato un certo successo a livello internazionale, essendo stata tradotta in più lingue e avendo raccolto lusinghiere recensioni anche oltreoceano: si tratta del volume Hokusai – L’anima del Giappone, firmato da Francesco Matteuzzi ai testi e Giuseppe Latanza alle matite, ed edito nel 2021 da Rizzoli, che da allora ne ha realizzato molteplici edizioni. Un lavoro che, fin dal titolo, mostra chiaramente come l’obiettivo principale degli autori sia quello di offrire, tramite il racconto della vita del Maestro, una sorta di analisi e «spiegazione» della cultura tradizionale giapponese nella sua accezione più autentica. Del resto, si può dire che Hokusai sia, in effetti, responsabile della creazione di una certa «caratterizzazione» del Giappone all’interno dell’immaginario collettivo, in grado di trascendere il periodo storico al quale l’artista appartiene per divenire davvero universale e fruibile anche da un pubblico occidentale. In termini di divulgazione, il compito che questa graphic novel si prefigge non è quindi dei più semplici, sebbene la coppia di autori appaia ben equipaggiata per affrontarlo (Matteuzzi non è nuovo a progetti fumettistici di tema artistico, avendo già firmato la biografia Banksy, mentre Latanza, da parte sua, ha alle spalle il volume Surrealismo).

Forse proprio per questo, il comic book si concentra su un aspetto molto spesso sottovalutato dell’arte grafica in generale, ovvero, la grande integrità del personaggio di Hokusai, il quale, «prescelto» per l’attività artistica fin da giovanissimo, si troverà confrontato a più riprese con le esigenze commerciali del tempo, e costretto a mettere alla prova la forza delle proprie convinzioni: il che permette ai lettori di apprezzarne l’atto di coraggio nel rinunciare alla sicurezza garantitagli dalle posizioni da disegnatore fisso presso le varie «scuole» di pittura della città di Edo (la futura Tokyo), per scegliere invece di scommettere tutto sul suo talento, concedendosi il lusso di controllare il proprio destino artistico come libero professionista.

Allo stesso tempo, ciò che più traspare dalla narrazione grafica è l’immensa fatica (anche fisica) che un vero «artigiano del tratto» si trova a dover affrontare nel momento in cui, quasi eroicamente, si siede ogni giorno al proprio tavolo per realizzare un qualsiasi progetto. Fatica che ci viene mostrata in tutta la sua eroica perseveranza dai disegni accurati e dettagliati di Latanza, il quale tratteggia quasi amorevolmente l’espressione contrita che adorna il volto di Hokusai mentre è chino sui suoi disegni, e perfino le gocce di sudore che gli imperlano continuamente la fronte. Una fatica che durerà una vita intera, portandolo a realizzare opere di struggente bellezza – come le sue Trentasei vedute del monte Fuji, di cui la Grande onda è solo la prima della serie.

Questa assoluta dedizione al proprio lavoro è riflessa nell’attenta combinazione tra la sobria narrazione di Matteuzzi e le illustrazioni di Latanza: in tal senso, è particolarmente suggestiva la scena in cui, davanti a un pubblico ammaliato, l’artista realizza un ritratto di Buddha in inchiostro di china delle dimensioni di circa duecento metri quadrati – il tutto in tempo reale, e con il semplice ausilio di una scopa utilizzata a mo’ di pennello sul gigantesco foglio sotto i propri piedi.

E sebbene non sia certo facile imbastire un intero fumetto biografico su una figura della cui vita privata non si sa poi molto, la decisione di Matteuzzi di gestire la sceneggiatura in modo esplicitamente documentaristico risolve in parte il problema, conferendo al fumetto un carattere istruttivo e offrendo utili approfondimenti su molti elementi della società giapponese dell’epoca: al punto che perfino la scelta di utilizzare ampie didascalie narrative per guidare il lettore attraverso le usanze del tempo di Hokusai risulta efficace, conferendo una certa autorevolezza alla messa in scena. Tuttavia, l’altra faccia della medaglia è rappresentata dall’accezione fortemente didattica che tale scelta conferisce alla graphic novel, la quale potrebbe risultare un po’ ostica per il lettore casuale, spezzando il ritmo del racconto e impedendo una totale identificazione con il protagonista, il quale rimane per certi versi un attore, nelle cui emozioni e percezioni risulta piuttosto difficile immedesimarsi davvero.

Tuttavia, ciò non pregiudica il valore artistico dell’opera, poiché quel che L’anima del Giappone riesce a trasmettere con maggior forza non ha davvero a che fare con i dettagli storici, quanto piuttosto con l’anima di Hokusai: è la magia che risiede nel gesto artistico del Maestro per come evidenziato dai molti splash panel a doppia pagina che lo immortalano al lavoro, e nelle movenze aggraziate del suo pennello e della mano che, instancabile, lo guida. Momenti carichi di una grande dignità, che si trasforma in autentica sacralità nelle scene in cui Hokusai raggiunge una vera e propria comunione e simbiosi con il disegno tra le sue mani, quasi assurgendo a uno stato di coscienza superiore grazie alla propria arte. E in questo, in fondo, consiste il vero lascito di un artista immortale: nella natura vitale e vibrante della passione e abnegazione che lo hanno animato, e nel profondo amore che a tutt’oggi traspare da ogni linea e curva da lui tracciate.