Asperiores, tenetur, blanditiis, quaerat odit ex exercitationem pariatur quibusdam veritatis quisquam laboriosam esse beatae hic perferendis velit deserunt soluta iste repellendus officia in neque veniam debitis placeat quo unde reprehenderit eum facilis vitae. Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipisicing elit. Nihil, reprehenderit!
Concorso
«Azione» mette in palio alcuni biglietti per il concerto dell’OSI diretto da Michele Mariotti con Raphaela Gromes (violoncello) di giovedì 27 marzo alle 20.30 nella Sala Teatro del LAC. Per partecipare al concorso inviate una mail a giochi@azione.ch, oggetto «Mariotti» con i vostri dati (nome, cognome, indirizzo, no. di telefono) entro domenica 23 marzo alle 24.00.
Michele Mariotti e il «viaggio scozzese»
Nel concerto del 27 marzo al LAC di Lugano si esibirà anche la violoncellista tedesca Raphaela Gromes
Enrico Parola
«Fra le sue cinque sinfonie, la terza è la mia preferita, senza alcun dubbio. Soprattutto per le atmosfere che Mendelssohn riesce a creare nel movimento iniziale: il titolo “Scozzese” non è solo la suggestione di un romantico che amava viaggiare e leggere, ma esattamente quello che l’orchestra fa “vedere” allo spettatore coi suoni».
Giovedì 27 marzo Michele Mariotti torna sul podio dell’Orchestra della Svizzera Italiana («una formazione molto valida con cui mi sono trovato benissimo: non vedo l’ora di iniziare le prove») per accompagnare Raphaela Gromes nel primo Concerto per violoncello di Saint-Saens e in Poème di Bosmans, cui segue la terza sinfonia «Scozzese» di Felix Mendelssohn Bartholdy.
«La luce nordica, i paesaggi brumosi, le coste e l’aria che lì si respira sono ricreati con una straordinaria sapienza non solo compositiva, ma anche timbrica; dovremo lavorarci molto, così come molto esigente è l’ultimo movimento, una danza travolgente che mi ricorda da vicino quella delle streghe nel Macbeth di Verdi, non a caso ambientato in Scozia e scritto nella stessa tonalità di la minore».
Se Mariotti non vede l’ora di ritrovare l’Osi, l’attesa è altrettanto vivida per il suo ritorno a Lugano: il maestro pesarese, quarantasei anni in maggio, è una delle bacchette di riferimento non solo nel repertorio lirico, ma anche sinfonico.
Dopo aver guidato il Comunale di Bologna è dal 2022 direttore musicale dell’Opera di Roma; in questi giorni è applaudito alla Staatsoper di Vienna con una Norma dove canta Juan Diego Florez; ha strabiliato pubblico e critica (tra i vari riconoscimenti, il 36esimo Premio Abbiati come miglior direttore) con alcuni titoli come la Bohème a Bologna e il Guillaume Tell integrale e in lingua francese alla Scala, teatro in cui non pochi lo vedono come un futuro, possibile direttore principale.
«Non ci penso, e in generale non mi pongo mai obiettivi di carriera, di occupare un certo posto; non per falsa modestia, ma semplicemente perché se si guarda avanti così, non ci si gode il presente, non si vive bene il momento di vita e di percorso artistico in cui ci si trova; a me interessa solo fare bene e godere della bellezza della musica».
Una decisione presa a sedici anni, «quando andai da papà e gli dissi che volevo diventare direttore. “Ti serve un’orchestra” fu la sua laconica risposta; ma era proprio per quello che mi affascinava quel ruolo: non emettere nessun suono, né con la voce né con uno strumento, ma doverlo fare assieme a una comunità di musicisti convincendoli delle mie idee. Sono contro l’immagine autoritaria del maestro, mi piace il confronto, se capisco di aver sbagliato lo ammetto, se una scelta non funziona la cambio; ma allo stesso tempo è un’esperienza incredibile percepire che settanta, ottanta musicisti sono convinti di un tuo gesto e lo seguono».
Le sue idee nascono sempre dallo studio della partitura, dal rispetto del pensiero dell’autore: «Nella Bohème di Bologna Graham (Vick, il regista, ndr.) voleva che Rodolfo vestisse Mimì, quando questa era morta; idea toccante, mi ricordava mia nonna che aveva fatto lo stesso con mia mamma, morta quando ero piccolo; però avrebbe esaltato l’amore, mentre Puccini vuol sottolineare l’incapacità dei giovani di viverlo – aveva pensato i primi due atti come la grande illusione, e i secondi con l’imposizione della realtà – quindi la trovata, pur splendida, era sbagliata».