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Dove e quando
Spartaco Vela. Impressioni dal vero. Museo Vincenzo Vela, Ligornetto. Fino al 27 aprile 2025. Orari: martedì-venerdì 10.00-17.00; sabato e domenica 10.00-18.00.
www.museo-vela.ch

Spartaco Vela, Mezza figura femminile in costume, 1886, olio su tella, Museo V. Vela, Ligornetto (© MVV / F. Girardi)
Il «figlio d’arte» che ha saputo costruirsi una propria identità
Ligornetto ospita la prima mostra monografica dedicata al pittore «in ombra» Spartaco Vela
Alessia Brughera
Non deve essere certo stato facile per Spartaco Vela confrontarsi con l’ingombrante figura del padre Vincenzo, acclamatissimo scultore di fama internazionale. Se da una parte, infatti, essere «figlio d’arte» gli ha procurato benefici, spianandogli la strada su molti fronti, dall’altra lo ha penalizzato, relegandolo a una sorta di copia sbiadita della smagliante personalità paterna.
Emblematiche in questo senso sono le parole che lo descrivono in una delle prime e rare note biografiche a lui dedicate: «Carattere dolce e sensibilissimo, mente aperta alle seduzioni del bello, mancogli forse talora quella volontà calma e tenace che vale, a compiere le grandi opere, più dello stesso ingegno. D’altra parte il sostenere degnamente il nome di Vela gli sembrò, a volta a volta, impresa soverchia. Ecco perché egli poco produsse, e solo a lunghi intervalli».
L’interpretazione di Spartaco Vela come uomo e artista schiacciato dal prestigio del genitore (o sarebbe forse meglio dire di entrambi i genitori, dal momento che la madre, Sabina Dragoni, apparteneva a una famiglia altolocata con una rete di illustri conoscenze) si è sempre più diffusa nel corso degli anni, radicandosi in un vero e proprio pregiudizio che del pittore ha restituito l’idea di un individuo adagiato nel privilegio e dedito al dipingere in maniera quasi dilettantistica.
Questa visione si è alimentata ulteriormente dopo la morte dell’artista, nel 1895, all’età di soli quarantun anni, quando la sua figura è stata messa quasi esclusivamente in relazione al fedele adempimento della volontà del padre di donare alla Confederazione elvetica la dimora di Ligornetto e la collezione privata in essa contenuta, lascito che avrebbe poi costituito il Museo Vela.
Eppure, anche grazie ai più recenti studi sul pittore che, nonostante l’assenza quasi totale di documenti personali, hanno condotto a una più approfondita ricostruzione della sua attività, sappiamo che a Vela appartiene una formazione di tutto rispetto, iniziata in tenera età con lezioni di disegno (e con l’educazione progressista del prete Giacomo Perucchi) e portata avanti con impegno per molti anni a Milano, dove l’artista è stato allievo di Giuseppe Bertini e di Mosè Bianchi all’Accademia di Brera e dove ha frequentato l’atelier di Eleuterio Pagliano.
A dispetto di una produzione discontinua e non particolarmente prolifica, si può quindi a buon diritto sostenere che Vela, attivo tra la Lombardia e il Ticino, sia stato un pittore inserito nel dibattito culturale della sua epoca, capace di far tesoro degli insegnamenti dei suoi maestri e degli stimoli derivati dal confronto con i suoi colleghi; un artista aperto alla sperimentazione e mosso dalla volontà di realizzare dipinti impegnativi da presentare a esposizioni di livello internazionale.
Obiettivo della mostra dedicata a Spartaco Vela negli spazi del Museo di Ligornetto è proprio quello di scardinare i preconcetti a cui per lungo tempo il pittore è stato soggetto, facendo conoscere molti aspetti della sua storia personale e professionale rimasti sinora nascosti.
In questa rassegna, la prima monografica sull’artista, sono radunate circa settanta opere (conservate presso il Museo ma anche provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private) che testimoniano il variegato percorso di Vela. Un percorso che parte dai primi esercizi di disegno, passa dalle copie dal vero e dagli studi anatomici, realizzati con mano sempre più abile e sicura, e approda infine ai quadri a olio, spesso di grandi dimensioni.
Dai lavori esposti emerge la figura di un pittore partecipe delle tendenze artistiche in atto, come si evince dalla scelta di soggetti perfettamente in sintonia con i filoni della scuola lombarda della seconda metà dell’Ottocento, ma anche quella di un artista che sa osservare e penetrare la realtà, riuscendo a restituire con il pennello le impressioni dal vero legate soprattutto ai luoghi ticinesi a lui cari.
Questa vicinanza al naturalismo lombardo, corrente che si diffonde a Milano tra gli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento come declinazione del Verismo, porta Vela a relazionarsi in maniera diretta con il dato reale e a trasferirlo sulla tela con rapidità e freschezza, dando vita a composizioni dalle pennellate materiche e sommarie, dai colori vividi e dagli effetti luministici vibranti.
Il puntuale allestimento della mostra si dipana toccando i principali temi della vicenda dell’artista: dai legami familiari alla formazione braidense, dall’impegno nella pittura a tema storico allo sviluppo di un filone sospeso tra il ritratto e la scena di genere (con una predilezione per la figura femminile ma anche per la tradizione contadina e per il paesaggio), dalle innovative indagini estetiche condotte con la Famiglia Artistica Milanese alle sperimentazioni del linguaggio fotografico.
Questo racconto suddiviso in nuclei tematici ci svela una personalità versatile dal punto di vista stilistico, ma anche estremamente sensibile nei confronti di questioni a quei tempi ancora «acerbe», come ad esempio la salvaguardia della natura, che Vela tratta con pionieristica intraprendenza persino con la pubblicazione di un libello, nel 1890, in cui critica la ferrovia a cremagliera del Monte Generoso.
Che Vela sia stato apprezzato anche da molti artisti suoi coetanei lo testimonia l’opera realizzata nel 1880 dall’amico Cesare Tallone che troviamo a inizio rassegna: un ritratto in cui il pittore viene effigiato con un’espressione assorta e con uno sguardo profondo e deciso.
Tra i lavori più significativi che incontriamo in mostra c’è la tela dal titolo Rispa che protegge il corpo dei figli, un dipinto monumentale che l’artista presenta a due eventi importanti, l’Esposizione nazionale di Milano del 1881 e l’Esposizione nazionale svizzera di Zurigo del 1883, e che raffigura l’episodio biblico dell’uccisione dei due figli di Rispa, concubina di Saul.
La scena ritrae la giovane madre seduta accanto ai cadaveri delle sue creature in una solenne e dignitosa rassegnazione, a cui fa eco un paesaggio spoglio e imponente che amplifica l’intensità emotiva della composizione.
Belle poi le opere in cui Vela, ormai pittore professionista con un proprio atelier a Milano, si dedica alla rappresentazione dell’immagine femminile, spesso colta nei suoi aspetti più leggiadri.
A dimostrare l’adesione dell’artista al naturalismo lombardo sono lavori come Contadina con mucca, del 1882-86, o Sul Generoso – Impressioni dal vero, del 1886, quest’ultimo significativo per il particolare taglio della scena che tradisce l’ispirazione alla tecnica fotografica.
Dell’esperienza vicina alla Famiglia Artistica Milanese, associazione fondata nel 1873 che si contraddistingue per un approccio all’arte ironico e irriverente, la mostra presenta un insolito dipinto intitolato Mombello, realizzato per essere esposto alla rassegna umoristica l’Indisposizione di belle arti del 1881: con il suo bizzarro passe-partout che fa il verso alle opere di Francesco Paolo Michetti (figura nota per le sue cornici esuberanti), la tela documenta la militanza di Vela in quel gruppo di artisti liberi e anticonformisti che cercavano di svecchiare la pittura lombarda.
Rimane impresso più di altri, per il soggetto agreste che nella sua semplicità riesce a essere particolarmente espressivo, il dipinto Galline nere, datato 1884-86, in cui sei volatili dal piumaggio corvino sono immortalati in una giornata assolata mentre beccano placidamente il loro cibo. È uno spaccato della realtà quotidiana che Spartaco Vela sa catturare con quell’immediatezza e quella vivacità che sono state le caratteristiche principali del suo fare arte.