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In scena l’ombra del femminicidio
Teatro: la compagnia Divanoproject debutta al Teatro Foce con un racconto potente che ricorda l’Otello di Shakespeare
Giorgio Thoeni
La scoperta e, soprattutto, il buon uso di nuovi linguaggi teatrali è una sfida costante. E non sempre l’avere a disposizione grandi e sofisticati mezzi multimediali facilita l’impresa. La loro creazione richiede attenzione all’ambiente circostante e un’indubbia sensibilità a cui si aggiunge uno sforzo non indifferente per scoprire intime profondità, sentimenti nascosti e passioni latenti, in costante lotta contro la superficialità di cui siamo avvolti e ormai vittime consapevoli.
Il teatro dimostra spesso di essere così uno degli strumenti ideali per riunire gli strumenti che servono: le idee, la scrittura, gli attori, la regia e una scena. Un’ovvietà? Non proprio. Per riunire il tutto e orientarlo verso un buon risultato, oltre che con l’intuizione e l’ascolto, occorre misurarsi con la conoscenza.
L’ha fatto e c’è riuscita la giovane compagnia Divanoproject in scena al Teatro Foce di Lugano per il suo debutto con Un live podcast, il progetto vincitore 2024 del bando testinscena, concorso biennale per una nuova drammaturgia, ideato e sostenuto dalla Fondazione Claudia Lombardi per il teatro.
Due autori (Margherita Fusi Fontana e Marzio Gandola), quattro attori (Maria Canino, Gionata Soncini, Michele Correra e Alessandra Curia, vincitrice del Premio Hystrio alla Vocazione 2024) e un regista (Gianmarco Pignatiello): come una formula magica.
Un live podcast prende le mosse dal formato più gettonato per l’informazione e l’intrattenimento digitale: il podcast. Un luogo della narrazione per eccellenza, un rifugio dell’ascolto, spesso una scelta libera e individuale.
In scena, i giovani interpreti stanno realizzando in diretta radio un breve racconto sceneggiato di un episodio vissuto da uno degli attori. Sono alle prese con un concorso di podcast e vengono scelti per la finalissima. Occorre però trovare una nuova storia. Il gruppo sceglie così di far rivivere la sofferenza di Michele lasciato dalla sua ragazza dopo una lite finita malamente con una spinta: senza conseguenze, ma comunque una spinta. Dunque una violenza percepita come una potenziale minaccia.
Da lì nasce l’accostamento al tema del femminicidio attraverso, soprattutto, un intelligente parallelismo con l’Otello di Shakespeare, il sospetto di tradimento, la rabbia, l’abuso da cui nasce l’ombra di un tragico epilogo.
In una commistione fra realtà e finzione – dove l’attore rivive l’esperienza vissuta – la narrazione di Michele è accompagnata dal commento di Maria, e dagli interventi di Alessandra e Gionata, dove l’accostamento con l’opera del Bardo non invade il campo del racconto teatrale, ma resta come una traccia di una paura subliminale, di una minaccia latente, purtroppo, nella sua triste attualità.
L’intreccio è semplice e lascia emergere quanto quel conflitto, apparentemente privo di iniziale animosità, possa virare al peggio o quantomeno lasciarlo supporre.
I quattro attori, freschi di diploma dell’Accademia Paolo Grassi e di quella dei Filodrammatici di Milano, sono bravi, autorevoli, spigliati e si percepisce in loro il piacere per la scrittura scaturita da una dinamica di gruppo. L’accompagnamento della regia è misurata e ben fatta, giuste le luci e le scelte d’accompagnamento musicale lasciando che l’azione possa restituire la tematica in tutta la sua modernità senza dimenticare momenti di leggerezza e di sorriso.
Un ulteriore risultato di rilievo generato dalla Fondazione Claudia Lombardi per il teatro che, ricordiamo, dal 2016 ha avviato un progetto volto a promuovere giovani talenti della drammaturgia contemporanea con testi inediti.