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Le conseguenze delle relazioni
Il capolavoro di Jane Smiley, vincitore del Pulitzer, esplora con intensità la complessità dei rapporti familiari
Laura Marzi
Erediterai la terra di Jane Smiley, edito da La Nuova Frontiera e tradotto da Raffaella Vitangeli, si è aggiudicato il premio Pulitzer nel 1991 ed è stato pubblicato in Italia quest’anno per la prima volta. Sono sempre più numerose le polemiche che riguardano i premi, perché si sa che molto spesso i romanzi che vincono non sono i migliori, che a determinarne il successo non è il valore letterario, ma altri criteri. Basterebbe leggere questo testo per smentire tutto ciò: almeno per una volta non è andata così.
Il romanzo di Jane Smiley è una di quelle storie che ti dispiace lasciare quando è ora di dormire e che sei contenta di ritrovare l’indomani: racconta di una famiglia che possiede mille acri di terreno agricolo nella contea di Zebulon, in Georgia, Stati Uniti d’America: una proprietà che costituisce un’indubbia ricchezza e anche una maledizione.
Le vicende raccontate iniziano con la decisione del padre di cedere la terra alle tre figlie prima della sua morte, per evitare in questo modo le tasse di successione. La minore delle tre, Caroline, che è l’unica che non vive più nella contea ma si è trasferita in città, dove esercita la professione di avvocata, è anche la sola a non accettare la donazione e a opporsi alla scelta delle sorelle di iniziare a occuparsi della fattoria paterna coi rispettivi mariti. In effetti, nel giro di pochissimo tempo il padre, privo della sua proprietà, inizia a perdere il senno e a essere ancora più aggressivo nei confronti delle due figlie che si occupano di lui da sempre: Ginny e Rose.
Ginny è la voce narrante di questo romanzo e la sua relazione con la sorella Rose è al centro di questa storia: le due bambine sono cresciute insieme e si sono date man forte durante la malattia della madre e poi si sono occupate della piccola Caroline, che era solo una bambina quando la loro mamma è morta. Rose è una donna determinata e dispotica, che all’inizio del romanzo è in fase di guarigione da un tumore al seno. A connotarla è la sua rabbia e la capacità che ha di esternarla, senza avere paura delle conseguenze. Ginny, al contrario, è accondiscendente, fa sempre quello che Rose le dice e si adegua senza mai lamentarsi al volere del marito Ty, che è un uomo gentile, ma estremamente determinato a dedicare la sua esistenza alla terra che sua moglie ha appena ricevuto in donazione.
Ginny e Rose sono due adolescenti abusate e picchiate dal loro padre, «e l’aspetto più assurdo è che gli altri lo rispettano. Lo trovano simpatico e lo ammirano». Rose ricorda tutto, mentre Ginny ha rimosso le violenze sessuali. Caroline, infine, che è scampata alla tragedia dello stupro, difende il padre, convinta che le due sorelle agiscano così a causa dell’avidità.
Jane Smiley riesce attraverso un romanzo denso di avvenimenti, ma anche di riflessioni profonde sulle conseguenze delle relazioni e sugli scenari che si creano quando di mezzo ci sono beni ed eredità, a creare un racconto universale sulle tragedie familiari e sulle ingiustizie che si perpetrano di generazione in generazione. Lo fa a partire dal suo strumento: la letteratura. Nel libro non ci sono personaggi del tutto innocenti, se non forse Linda e Pam, le due figlie di Rose che sono ragazzine all’inizio della storia, e i sentimenti vengono raccontati come sono nella realtà: ambigui, a volte sbagliati, ma inesorabilmente umani.
Gli eventi narrati, dalle conseguenze che i composti chimici usati per fertilizzare le terre della contea hanno avuto sulla salute di Ginny, Rose e chissà quanti altri abitanti di Zebulon e dintorni, agli abusi sessuali, fino ai rapporti di genere, non vengono mai raccontati solo per suscitare indignazione, ma come aspetti, seppur tremendi, della vita di molte persone che per sopravvivere sono state costrette a farci i conti e ad andare avanti: «Ho solo la certezza di aver visto! Di aver visto senza paura e senza voltare le spalle, e di non aver perdonato l’imperdonabile».