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Matteo Tenchio durante un allenamento


Finché non ne resterà uno solo (a passo di corsa)

La Backyard ultramarathon è una gara dove a vincere è chi riesce a resistere più a lungo
/ 06/01/2025
Moreno Invernizzi

Ne puoi fare di strada, anche correndo… nel giardino di casa. Ed è lì infatti, in un «giardino», un immenso giardino, di una casa di Bell Buckle, nel Tennessee, che nasce la disciplina protagonista di questa puntata di Adrenalina. La casa è quella di Gary «Lazarus Lake» Cantrell, il «padre» della Backyard ultramarathon, nota anche con il nome, alquanto evocativo, di Last one standing (in italiano, «L’ultimo sopravvissuto»). La cui prima gara ufficiale porta la data del 2011.

La Blackyard ultramarathon non è una semplice gara di resistenza, ma una prova che si gioca anche sulla gestione del tempo

Quel fazzoletto (per modo di dire) di terreno nel Tennessee l’ha calcato anche Matteo Tenchio, 44enne leventinese che… passo dopo passo ci guida alla scoperta di questa disciplina, che costituisce un modo diverso di correre, e con un pizzico di adrenalina in più, ideale per chi vuole andare oltre i propri limiti. «Stiamo parlando di uno sport giovane, ma che in poco tempo sta conoscendo un vero e proprio boom – ci dice subito Matteo Tenchio –. Prova ne è che sull’arco di tutto l’anno, ogni weekend si disputano mediamente 8 gare ogni fine settimana, con la partecipazione di un centinaio di appassionati ciascuna. E ce ne sono anche di esclusive, su invito, con pure interessanti premi in palio: a una di queste, in Germania, parecchio prestigiosa, sono stato invitato pure io per l’edizione del 2025».

Facciamo però un… passo indietro: in cosa consiste questo sport? «Sintetizzando all’osso, rifacendosi al percorso originale, tutto si svolge lungo un percorso della lunghezza di 6,706 km. Che possono essere ad anello, quando si corre magari su un terreno boschivo, oppure lungo un rettilineo. Per completarlo si ha un tempo massimo di un’ora: ogni minuto guadagnato su quel limite determinerà poi quanto tempo si avrà a disposizione per recuperare le energie e rifocillarsi prima del «round» successivo.

I ritardatari, e chi decide di non presentarsi al via allo scoccare dell’ora successiva, vengono eliminati. Si va avanti così, a oltranza, finché in gara non resta che un solo partecipante: quando anche il penultimo in lizza deve alzare bandiera bianca, il solo atleta rimasto in gara (e dunque l’Ultimo superstite) non deve far altro che completare l’ultimo giro per essere decretato vincitore. In caso contrario la vittoria sarà a pari merito».

Messa così, potrebbe sembrare una gara non particolarmente difficile. Le cose però cambiano, e parecchio, considerando che una Backyard ultramarathon può durare ben oltre i due giorni. «Non c’è un tempo massimo, perché a determinare la durata effettiva della corsa è appunto la resistenza dell’ultimo a cedere». Per rendere l’idea, l’attuale primato svizzero di questa disciplina, detenuto proprio da Matteo Tenchio, è di 62 giri (e dunque 62 ore ininterrotte di gara) per un totale di 415,7 km percorsi…

«La Backyard non è una semplice gara di resistenza. È anche una prova che si gioca molto sulle fasi di recupero, sulla gestione del tempo. Dal passo gara alle soste per tutte le necessità. Che possono essere il rifocillarsi, una turbo-siesta, espletare i propri bisogni fisiologici e quant’altro. Anche un cambio d’abiti deve essere valutato e considerato, perché pure quello ha un suo impatto sul piano gara.

Se nei primi giri il tempo a disposizione prima della partenza successiva è magari maggiore, quando si avanza nella gara, e le energie per completare quei «soli» 6,7 km e spiccioli vengono un po’ meno, allora diventa determinante centellinare i minuti, e pure i secondi, che si hanno a disposizione una volta tagliato il traguardo. Per questo, spesso, le cose si pianificano con un’ora d’anticipo: se prevedo di concedermi una decina di minuti di riposo alla pausa seguente, allora cercherò di completare il percorso precedente accelerando il passo.

Poi, all’atto pratico, non tutto va sempre per il verso giusto, ed è questo che rende ancora più avvincente la Backyard ultramarathon. Come l’imparzialità del cronometro: quando mancano tre minuti allo scoccare dell’ora successiva, i concorrenti vengono avvisati da tre fischi. Che diventano due a 120 secondi e poi uno solo a sessanta secondi dal nuovo start. Scaduti anche quelli, chi non si presenta nell’area di partenza pronto a riprendere la lunga marcia è eliminato».

Particolare è anche il regolamento che disciplina lo svolgimento di queste gare: «Ogni partecipante è tenuto a essere completamente autonomo. Nel senso che ognuno deve organizzarsi con la sua attrezzatura, dal cibo alle bevande, agli indumenti che indosserà, in gara o tra un «round» e l’altro, come pure a eventuali sedie da campeggio (o letti, per chi preferisce) per riposarsi.

Ovviamente, se per recuperare dei carboidrati prevedessi ad esempio di mangiare un piatto di pasta, non sarebbe fattibile cucinarlo prima della ripartenza della gara, ragion per cui, specie quando si supera un determinato numero di ore in gara, è richiesta la presenza di un assistente che si occupi di tutte queste mansioni: questa figura è il punto di riferimento per qualsiasi esigenza, che va logicamente pianificata con un’ora d’anticipo.

In sé, una Backyard ultramarathon non è a uso esclusivo di atleti superdotati. Anzi, è sicuramente un modo alternativo e stuzzicante per provare ad andare oltre i propri limiti. È un genere di competizione che tutti possono fare: 6,7 km in un’ora non sono certo un’impresa da titani. Tutti ci possono arrivare, provando di volta in volta ad aggiungere un giro dopo l’altro, finché si riesce».

Appassionato di corse di lunga durata fin da bambino, Matteo Tenchio oltre a detenere l’attuale record svizzero, lo scorso mese di ottobre ha partecipato al suo quinto mondiale a squadre di ultramaratona, a Jegenstorf, nel Canton Berna, dove ha chiuso al secondo posto, fermandosi unicamente dopo 58 ore ininterrotte di gara: 58 giri per complessivi 389,7 km di corsa.

Quanti km e ore macina in un anno Matteo Tenchio? «Nel 2023 ho corso per oltre 10’000 km: circa 3000 di sole gare e il resto per allenarmi. Nel 2024, per contro, un po’ meno: circa 2000 km di gare e “soli” 6500-7000 km di allenamento».