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«Prova tutto», in equilibrio sugli ostacoli

A colloquio con Mario Bernardini, esperto di trial, impegnativa disciplina del motociclismo
/ 09/12/2024
Moreno Invernizzi

L’origine etimologica dello sport su cui si accendono i riflettori in questa puntata di «Adrenalina» è già un programma, «Try all», che, tradotto dall’inglese, sta per «prova tutto». E per quel «tutto» si intende ogni tipo e forma di ostacolo, naturale per le prove all’aperto, o artificiale, per quelle indoor. Poi, per semplificare le cose, con gli anni questa particolare e adrenalinica disciplina del motociclismo è diventata appunto trial.

L’Inghilterra, del resto, è la culla di questo sport, figlio di un’industria motociclistica che agli inizi del 1900 fioriva oltre Manica. Il trial nasce però negli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale, quando alcune delle più affermate case di produzione di motociclette inglesi mettono a punto i loro prototipi, noti anche come «work bikes», concepiti per adattarsi al meglio alle caratteristiche di strade accidentate di allora. Dapprima per necessità, ma poi, e in men che non si dica, per praticare quello che con gli anni è divenuto uno sport a tutti gli effetti, con folte schiere di praticanti un po’ in tutto il mondo.

Anche alle nostre latitudini, dove grazie a diverse gare di respiro internazionale proposte nel recente passato a Biasca dal Moto Club locale, il trial s’è creato una buona cerchia di appassionati. Mario Bernardini è uno di questi, divenendo col tempo una sorta di punto di riferimento per chi vuole praticarlo in Ticino come pure nei Grigioni.

L’abbiamo incontrato per una chiacchierata a 360 gradi attorno a questa disciplina. «La parte del leone in questo sport la fa la Spagna, che può vantare alcuni tra i migliori piloti di trial a livello mondiale – sottolinea il nostro interlocutore –. Lì e soprattutto in Catalogna c’è una vera e propria cultura del trial, favorita dal fatto che è nella penisola iberica che hanno aperto le prime fabbriche di moto concepite appositamente per questo sport, le più importanti Montesa, Bultaco e Ossa. Poi, più tardi, si sono interessate le giapponesi Honda e Yamaha. In Inghilterra, agli albori, si usavano infatti semplici moto da strada, a cui veniva apportata solo qualche modifica. Poi, invece, «esportandolo», si è passati a mezzi concepiti appositamente per spostarsi agilmente da un ostacolo all’altro».

Anno più anno meno, Mario Bernardini è in sella da quasi mezzo secolo. «Ho iniziato ad appassionarmi alle due-ruote all’età di 12 anni, anche un po’ prima, se consideriamo anche i motorini – racconta l’oggi 62enne biaschese –. Ero affascinato dal motocross. Tuttavia, non essendoci piste nelle immediate vicinanze, per poter praticare questo sport avrei dovuto sobbarcarmi frequenti trasferte in Italia o oltre San Gottardo, per cui quel sogno è rimasto tale. Perciò mi sono dedicato al trial, che qualcuno già praticava qui, in Riviera, e potevo allenarmi "praticamente fuori dalla porta di casa", abitando a ridosso della buzza di Biasca, terreno ideale per la pratica di questo sport».

Quell’adrenalina che si provava nell’affrontare i vari ostacoli disseminati sul percorso mi piaceva, così sono andato avanti: ho completato l’iter per l’ottenimento della licenza svizzera, poi mi sono iscritto alle prime gare. Nel 1984 sono stato contattato dal Moto Club Biasca per organizzare una gara qui per l’anno seguente. E nel 1986 abbiamo fatto il bis, invitando nientemeno che il campione del mondo di trial, il belga Eddy Lejeune, tanto per la gara quanto per un corso di formazione aperto agli interessati».

Nel 1989 l’asticella si alza ulteriormente, e Biasca catalizza su di sé i riflettori planetari del trial: «Quell’anno abbiamo addirittura organizzato il Campionato mondiale, replicandolo nel 1994 e nel 1999. Alla prima edizione c’ero anch’io: oltre ad aver tracciato il percorso, ho partecipato in prima persona. C’erano tantissimi piloti, circa 120, e avevo chiuso attorno a metà classifica, risultato tutto sommato soddisfacente, considerato che molti erano professionisti».

Mario Bernardini non si è però fermato lì. «Per una buona decina d’anni ho partecipato al Campionato svizzero, prima come Junior e poi nella categoria maggiore, piazzandomi regolarmente nelle posizioni alte della classifica. Ma ho avuto anche una… seconda carriera: grazie a una vecchia conoscenza mi sono avvicinato al mondo delle gare di trial con moto d’epoca». La scintilla è scoccata una seconda volta: «Per un’altra decina d’anni ho partecipato al Campionato italiano di moto d’epoca, dove dopo diversi podi, nel 2017, 2018 e nel 2019 ho vinto il titolo nella categoria Expert».

L’eco che hanno avuto gli appuntamenti di respiro internazionale di Biasca ha rilanciato la passione per questo sport anche dalle nostre parti: «In Ticino a praticare il trial sono una settantina di persone. Molte fanno capo anche a me, dato che mi occupo di vendita, riparazioni e manutenzioni di moto da trial. A margine ho pure allestito una sorta di museo dedicato a queste moto adiacente alla sede del nostro Team con officina, magazzino e palestra. Dopo 10 anni di competizioni ho coronato un mio sogno, creare una mia officina: nel 1985 ho fondato la mia ditta «Bernardini Mario Moto» (Moto Bernardini) a Biasca. Poi, dopo un periodo in affitto, nel 1993 ho coronato il mio secondo sogno, costruendo la mia sede sempre a Biasca, e sono stato concessionario Honda per 35 anni. Un periodo ricco di soddisfazioni: ho vinto ben tre viaggi in Giappone, come premio per i migliori concessionari in Svizzera. Nel 2019 ho poi ho ceduto l’attività a terzi, continuando a occuparmi solo di trial (vendita, manutenzione, corsi e uscite collettive, allenatore e team manager)».

In particolare, Mario Bernardini segue da vicino la diciassettenne Aylen Scalvedi, giovane promessa del trial che frequenta la Scuola per sportivi d’élite di Tenero. «Seguo Aylen da quando aveva 12 anni. Ha provato qualche gara regionale di Campionato italiano, e ci ha preso gusto, al punto da iscriversi l’anno seguente al Campionato italiano. Quest’anno la soddisfazione maggiore l’ha avuta con un secondo posto e una vittoria nelle due prove di Campionato europeo svoltesi in Francia. Il suo obiettivo è però un altro: la partecipazione al Campionato del Mondo 2025 nella categoria Trial 2 Women».

Ma di strada per arrivarci ne dovrà fare ancora molta, come molti sono i chilometri che dovrà macinare e gli ostacoli da superare… «Il “menu” settimanale di Aylen si compone di un paio di giorni di sedute in palestra, nella bella stagione corsa e bici e una media di 5 uscite in moto. Il trial è uno sport impegnativo (con gare che arrivano a durare, nel loro complesso, fino a 5 ore e mezza), dove è molto difficile tenere la concentrazione per così tanto tempo, e solo la pratica costante ti permette di fare il salto di qualità, altrimenti non si va da nessuna parte».