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Il piacere di cercare

Intervista a Luca Pascoletti che dal 2015 cura la libreria del LAC
/ 02/09/2024
Natascha Fioretti

Casagrande non significa solo Bellinzona e Sopraceneri. Lo attesta la quasi decennale esperienza luganese della libreria curata da Casagrande al LAC: dopo aver parlato della storia della casa editrice, partiamo dal presente e dal Sottoceneri e guardiamo al futuro. Nel nome è un Bookshop, nel cuore è una libreria dalle tante anime. A dargli impulso e a farlo battere all’interno del LAC dal 2015 è Luca Pascoletti che definisce la libreria «internazionale, selezionata e ben radicata nel territorio». Ma anche il fulcro attorno al quale ruotano le programmazioni del LAC che dal 2020 ne ha spostato gli spazi dal sottoscala della hall all’ala dedicata, più spaziosa e in vista, alle spalle della biglietteria. «È stato un bel riconoscimento per il nostro lavoro e per la libreria che non viene percepita come un accessorio, ma come un fiore all’occhiello» dice Luca Pascoletti. 

Sin dagli esordi la sfida è stata quella di ben rappresentare le varie anime del LAC – da quella museale a quella teatrale a quella musicale - seguendo i vari cartelloni e senza però dimenticare la parte letteraria e saggistica. E se da una parte il lavoro del libraio, come dice Luca Pascoletti, «per definizione è invisibile», dall’altra è anche un mestiere alimentato da una grande passione. «Il lavoro di selezione del catalogo può sembrare poca cosa, ma in realtà è il fiore all’occhiello della libreria e ti prende tutto il tempo della vita. Quando di giorno sfogli un giornale, navighi in rete o leggi un libro per conto tuo, ogni volta valuti se quel testo può rientrare nel tuo assortimento. I libri sono fondamentali, è bello condividerli e sei contento quando i lettori attenti riconoscono il tuo lavoro. Una libreria deve avere una sua personalità con la quale chi sceglie di frequentarla si sente affine». 

Chi frequenta la libreria del LAC (nella foto) avrà notato che per la letteratura nelle tre diverse lingue francese, tedesco e inglese ci sono delle sezioni dedicate che negli anni si sono arricchite di molti titoli. «Il nostro è un pubblico ampio e diversificato. È anche un pubblico che muta nel corso delle stagioni artistiche o dei giorni della settimana. Ma nel corso degli ultimi anni, in particolare dopo la pandemia, il pubblico si è sempre più internazionalizzato. Avevamo già nel 2017 una piccola sezione di libri in francese, inglese e tedesco che ora però abbiamo ampliato. A volte ci piace fare “i testi a fronte” – come li chiamiamo noi. Quando esce un libro importante in italiano, particolarmente valido sul piano letterario, ci piace avere l’originale ed esporlo vicino di modo che il lettore possa scegliere la versione che preferisce».

Un assortimento dunque che non segue la regola del bestseller o dei più letti in classifica ma che vuole ispirare i lettori. «Chi viene da noi viene per scoprire cose che non conosce o di cui ha sentito dire ma che non trova facilmente in altre librerie». Non mancano naturalmente le edizioni ticinesi, in particolare quelle di Casagrande. «Sarebbe assurdo che una libreria guardasse tanto lontano e poi non guardasse sotto casa. Una libreria ha bisogno di avere le proprie radici ben piantate nel territorio in cui opera e poi deve avere i suoi rami quanto più lontano possibile per poter anche sorprendere i propri lettori». 

A proposito delle Edizioni Casagrande, con l’editore nell’intervista qui accanto abbiamo ricordato il successo del volume di Dick Marty. Se volessimo menzionarne uno sempre recente ma più letterario, quale sceglie Luca Pascoletti? «Nell’ultimo anno c’è stato un grande revival del Fondo del sacco di Plinio Martini, un libro che dal punto di vista letterario e linguistico sento affine al Pavese de La luna e i falò. Le due edizioni pubblicate da Casagrande – quella normale con una nuova copertina e quella commentata – ci hanno permesso di fare conoscere l’opera anche agli italiani e a chi – tra i ticinesi – non aveva ancora avuto modo di leggerlo. E grazie alla traduzione uscita per il Limmat Verlag lo abbiamo fatto conoscere al pubblico di lingua tedesca». 

E il futuro? C’è chi parla di librerie immersive sempre più tecnologiche o simili a dei pop-up store. Riusciamo a fare una previsione per il prossimo decennio? «I cambiamenti sono talmente rapidi che è impossibile fare previsioni. Di certo le librerie oggi non sono malate, anzi ci sono librerie che prosperano, Paesi come l’Irlanda in cui la loro presenza aumenta. Se poi vogliamo parlare di forme ibride di libreria io sono sempre a favore. C’è chi storce il naso davanti ai ristoranti libreria RED di Feltrinelli, io l’ho sempre trovata una bella idea perché è un modo di attirare un pubblico differente in un contesto fatto di libri. Mi viene in mente quel libretto pubblicato anni fa da Laterza L’ignoto ignoto. Le librerie e il piacere di non trovare quello che cercavi di Mark Forsyth che ci parla di quello che non sappiamo di non sapere. La libreria, la biblioteca, il museo, sono tutti luoghi di stimoli differenti che inaspettatamente ci aprono nuovi orizzonti. E questo è importante perché la cultura non è la conoscenza ma la curiosità di conoscenza e se tu quella curiosità non la stimoli perdi cultura». 

La curiosità spinge a guardarsi intorno e ad essere pronti a meravigliarsi ogni volta come se fosse la prima. Vale per i lettori ma vale anche per i librai come Luca Pascoletti: «Quasi un decennio dopo, lavorare qui continua ad essere un’esperienza stimolante e bellissima alimentata continuamente dalle diverse stagioni artistiche. È come stare su una nave e approdare ogni volta in un porto diverso che apre nuovi scenari di conoscenza e arricchimento anche personale».