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Play it again, Richard!
Il Festival di Bayreuth è un ponte tra passato, presente e futuro
Sabrina Faller
Con una nuova produzione di Tristan und Isolde che ha diviso in pro e contro sia il pubblico sia la critica, ha preso il via – ed è ormai in dirittura d’arrivo – l’edizione 2024 del Festival di Bayreuth, che rimane per molte ragioni un evento unico al mondo. Non ci sono state novità tecnologiche come l’anno scorso per Parsifal, da vedere con gli speciali occhiali per la realtà aumentata, ma il regista islandese Arnarsson è riuscito comunque a prendersi, come da tradizione, i doverosi «buu», sebbene non si trattasse di una regia particolarmente audace. Certo, i due protagonisti non bevono il filtro alla fine del primo atto, lo beve solo Tristan alla fine del secondo, e non è filtro d’amore ma di morte.
Si nascondono nella stiva, invece di scendere dalla nave, ma queste in fondo sono piccolezze, considerando che di simili varianti è pieno oggi non solo il Regietheater ma anche – almeno saltuariamente – il teatro d’opera di ogni dove. Una delle caratteristiche di Bayreuth è quella di costruire per il proprio pubblico uno stuolo di interpreti che ne diventano i beniamini grazie alla loro fedeltà al festival dove si ripresentano in più ruoli. Fra questi Andreas Schager, tenore austriaco nei panni di Tristan, che veste anche quelli di Parsifal e che l’anno scorso abbiamo applaudito come Sigfrido. Dei tre ruoli Tristan è quello che gli riesce meno bene, ma il pubblico lo applaude comunque, e lo stesso fa con Camilla Nylund che oggi è Isolde, ma è stata anche Elisabeth in Tannhäuser. Gli applausi non mancano neppure al direttore d’orchestra russo Semyon Bichkov e alle tre direttrici che quest’anno occupano il podio di Bayreuth: l’ucraina Oksana Lyniv, prima donna a salire sul podio del festival nel 2021 a dirigere Der Fliegende Holländer, produzione di notevole successo, grazie anche alla regia dell’esperto Dmitri Tcherniakov; la magnifica Nathalie Stutzmann che dirige il bel Tannhäuser di Tobias Kratzer e si è fatta apprezzare anche dal pubblico che ha affollato il Festspielpark in luglio per i due concerti all’aperto offerti alla città con un programma non solo wagneriano.
A dirigere il contestato Ring di Valentin Schwarz c’è infine Simone Young. Il teatro di Richard Wagner nasce come teatro sperimentale, continua ad esserlo nel dopoguerra e la direttrice artistica Katharina Wagner, in carica dal 2009, riconfermata quest’anno fino al 2030, prosegue fedele a questa tradizione. Le è stato tuttavia imposto un general manager per frenare le spese di produzione, tanto più che le spese aumentano e le sovvenzioni del governo federale diminuiscono, come ha annunciato lo scorso anno la ministra tedesca della cultura Claudia Roth, che di recente si è fatta nuovamente notare per il suo «consiglio» di proporre in cartellone anche opere di altri autori, suggerendo Hänsel e Gretel di Humperdinck. Questo nell’ottica di ampliare il pubblico «giovane». L’evento dedicato ai bambini Wagner für Kinder, voluto da Katharina, che propone ogni anno l’adattamento di un’opera di Wagner per il pubblico infantile, sta avendo in effetti un crescente successo.
Consideriamo per un attimo le novità portate in questi quindici anni dalla pronipote del compositore Katharina Wagner. Innanzi tutto la determinazione con cui ha perseguito il processo di «denazificazione» del festival, evidente nella mostra permanente Verstummte Stimmen che dal 2012 si può visitare nel parco del Festspielhaus e che raccoglie i nomi e le biografie di cantanti, direttori d’orchestra e musicisti allontanati dal festival in quanto ebrei dalla moglie del compositore Cosima Wagner (morta nel 1930) fino alla caduta del Terzo Reich. Oltre all’attenzione per il pubblico infantile, in sintonia con quanto accade nei teatri d’opera di tutto il mondo nella speranza di garantirsi il sospirato ricambio generazionale, oltre al ritorno dei concerti all’aperto, Katharina ha voluto dare spazio a registi giovani e spericolati come Valentin Schwarz, classe 1989, che con il Ring ha anche affrontato il suo primo Wagner. Gli spettatori si sono trovati confrontati con un allestimento che necessitava dell’ascolto di un podcast per capire cosa il regista avesse in mente. Ma accanto a regie difficili se ne possono ricordare altre di successo, come quella di Barrie Kosky per Die Meistersinger von Nürnberg (2017) che ha messo d’accordo critica e pubblico pur non essendo per nulla convenzionale. Del resto, se si vuole proporre un teatro innovativo, come era nelle intenzioni del suo fondatore, occorre prendersi dei rischi e Katharina Wagner lo sta facendo con convinzione e coraggio. Il problema del calo nella vendita di biglietti non si risolve mettendo in cartellone altri autori, che in ogni caso per statuto è quasi impossibile rappresentare all’interno di un festival interamente dedicato all’opera di un solo compositore. Lontani sono i tempi in cui si doveva aspettare dieci anni per ottenere due biglietti per uno spettacolo qualsiasi. Oggi i biglietti si comprano online senza particolari problemi. Diversi i fattori che hanno determinato un cambiamento così radicale: la possibilità del video streaming e delle differite tv, la pandemia con le sue chiusure obbligate che ha cambiato le abitudini delle persone, gli allestimenti talvolta indigesti per un pubblico non sempre disposto a tutto. Quest’anno le vendite sono andate meglio ed è lecito aspettarsi una ripresa anche per i prossimi anni.
Per il 2025 è previsto infatti il ritorno di due grandi direttori d’orchestra: Daniele Gatti, che inaugura il festival con il nuovo allestimento di Die Meistersinger von Nürnberg, e Christian Thielemann che torna a dirigere Lohengrin. Per il 2026, in occasione dei 150 anni di festival, è prevista l’inaugurazione con l’opera giovanile di Wagner Rienzi, mai approdata finora sul palcoscenico di Bayreuth. E ciò potrebbe far affluire un più folto pubblico verso la Collina Verde. (www.bayreuther-festspiele.de)