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Dove e quando
Giuliano Vangi: il disegno. Spazio Officina, Chiasso. Fino all’8 settembre 2024.
Orari: martedì-domenica 10.00-12.00/14.00-18.00.
www.centroculturalechiasso.ch
La sede della mostra a Villa Pontiggia è accessibile su prenotazione: info@maxmuseo.ch
L’uomo di Vangi tra inquietudine e speranza
Fino all’8 settembre allo Spazio Officina si può riscoprire l’artista toscano, amico stretto di Mario Botta
Alessia Brughera
Giuliano Vangi ci ha lasciati pochi mesi fa, alla fine di marzo. Aveva appena compiuto novantatré anni, ottanta dei quali dedicati all’arte. Il maestro fiorentino, nato nel 1931 a Barberino di Mugello, è stato uno dei protagonisti del panorama artistico contemporaneo sin da quando, negli anni Cinquanta, forte della sua solida formazione impostata sulla grande tradizione plastica, si pone già come figura originale rispetto al contesto del tempo.
E difatti, quando, nel 1967, si tiene la sua prima mostra a La Strozzina di Palazzo Strozzi a Firenze, curata da Carlo Ludovico Ragghianti, la sua arte non allineata con la scultura figurativa di colleghi quali Marino Marino o Giacomo Manzù né con quella astratta di nomi quali Alberto Viani o Fausto Melotti si presenta agli occhi di pubblico e critica come un linguaggio carico di novità.
A renderla tale erano state la validità degli insegnamenti del mentore Bruno Innocenti negli anni di studio fiorentini, la sperimentazione stilistica durante il soggiorno in Brasile, l’eccellente conoscenza dei materiali nonché la profonda vocazione di Vangi a coniugare il lascito del passato alle esigenze della modernità. Un’inclinazione, questa, che ha fatto sì che la sua scultura affondasse le radici nel mondo antico, in particolare nella statuaria greca e in quella gotica, per poi volgere lo sguardo a Donatello e all’ultimo Michelangelo, quello della Pietà Rondanini. Solo così ha potuto acquistare una sua precisa identità, arricchendosi anche con il confronto con maestri quali Adolfo Wildt, Auguste Rodin ed Émile-Antoine Bourdelle, senza dimenticare Henry Moore e Alberto Giacometti, il primo fondamentale per Vangi per la monumentalità plastica dei suoi lavori, il secondo per la forte componente esistenziale che contraddistingue tutta la sua produzione.
In questo percorso ricco di suggestioni, Vangi riesce a definire una modalità espressiva peculiare fondata sull’essere umano, soggetto privilegiato delle sue indagini artistiche: «L’uomo con tutte le sue debolezze e le sue grandezze, le sue malinconie e le sue gioie» è al centro di una ricerca volta a sviscerarne i valori fondanti, i moti dell’animo e il destino. Tutta la scultura di Vangi mira proprio a questo, ad afferrare la forma umana per riconsegnarcela intrisa di un profondo sentimento vitale, di un impulso che sgorga dalla consapevolezza di una condizione esistenziale desolante e che sa superarla per raggiungere una dimensione di fiducia nel futuro.
La forza evocativa delle opere di Vangi risiede nella capacità del maestro fiorentino di rappresentare l’uomo tra inquietudine e speranza attraverso un linguaggio che non solo va oltre la distinzione tra figurazione e astrazione ma che recupera il classico modus operandi del mestiere dello scultore. Non è un caso, dunque, che nel processo creativo di Vangi il disegno rivesta un ruolo fondamentale, diventando strumento imprescindibile per la realizzazione plastica. Per Vangi non c’è scultura senza disegno: un concetto che trova le sue radici nella tradizione rinascimentale, di cui l’artista sente forte l’eredità e di cui vuole farsi novello interprete, riaffermandola nella contemporaneità.
La mostra allestita presso lo Spazio Officina a Chiasso, a cura di Marco Fagioli e Nicoletta Ossanna Cavadini con progetto di allestimento di Mario Botta, si focalizza proprio sui disegni di Giuliano Vangi, presentando una selezione di lavori che va dal 1944, anno in cui l’artista incomincia a eseguire i primi schizzi accademici, fino al 2024, anno della sua scomparsa. Trattare per la prima volta in senso antologico il tema del disegno è stato importante anche per Vangi stesso, che prima di venire a mancare ha partecipato con entusiasmo all’ideazione della rassegna scegliendo scrupolosamente tutte le opere da esporre.
Quanto per Vangi il disegno fosse importante lo attesta la grande quantità di elaborati grafici realizzati durante l’intero arco della sua attività di artista. Lo dimostra anche il fatto che nel suo atelier di Pesaro le pareti fossero sempre completamente ricoperte di schizzi e bozzetti, cambiati di continuo, quasi a rappresentare una sorta di racconto in presa diretta del suo lavoro.
Il disegno è sempre stato per Vangi l’atto primigenio del proprio pensiero, il passaggio indispensabile tra l’idea e la sua attuazione, andando a incarnare quella delicata fase in cui l’artista indaga l’opera cercando una soluzione ai tanti quesiti formali. Per questo il disegno non è mai stato per lui un mero accessorio della scultura, bensì una ricerca espressiva che possiede una sua autonomia e che si presenta nella sua compiuta totalità.
Questa convinta riaffermazione del primato del disegno di matrice umanistica conduce Vangi a sperimentare numerose tecniche, dalla china all’acquarellatura a seppia e a sanguigna, dalla matita grassa alla lumeggiatura a biacca, e a utilizzare differenti tipi di carta, da quella filigranata a quella giapponese fino alle più semplici carte da pacco e da riporto.
Nel percorso espositivo chiassese, dopo la splendida scultura Uomo con canottiera, del 2016, che campeggia all’entrata a ricordarci la maestria raggiunta dall’artista, troviamo i disegni degli anni Quaranta, già forieri dell’abilità artistica di Vangi e della sua capacità di rappresentare i soggetti ritratti cogliendone appieno i tratti psicologici e rendendone con accuratezza i dettagli anatomici. Il segno è ora quello più morbido della matita, ora quello più deciso della china.
Nel decennio successivo il disegno di Vangi mostra un’attenzione maggiore verso temi dalle forti implicazioni emotive e con il trasferimento dell’artista in Brasile, nel periodo in cui nel Paese sudamericano si afferma l’idealismo positivista di Oscar Niemeyer, la sua produzione vira verso l’astrattismo, complice la frequentazione dell’architetto Mendes da Rocha.
Si tratta però solo di una breve parentesi, questa, poiché appena rientrato in Italia, nel 1962, Vangi ritorna alla figurazione contrapponendosi con fierezza al dilagare della corrente informale e dell’astrazione espressionista. Dai disegni di questi anni si evince la volontà dell’artista di sviscerare l’animo umano in tutte le sue sfaccettature. Emblematici in tal senso sono i Ritratti di uomo in manicomio e Uomo nel cubo, dove il tratto a china risulta essere molto disinibito.
Un segno più insistito e un chiaroscuro più contrastato denotano i disegni realizzati negli anni Settanta e Ottanta, con Vangi interessato sempre più all’indagine della forma. Ecco poi le opere degli anni Duemila in cui emergono nuovi soggetti legati a tematiche ambientali e al delicato rapporto tra uomo e natura. Tra queste ci colpisce Studio per Katrina, un disegno dall’atmosfera apocalittica e potentemente visionaria.
La mostra non manca di presentare anche un nucleo di lavori in cui Vangi si confronta con diverse tecniche incisorie, tra cui l’acquaforte, l’acquatinta e la puntasecca, raggiungendo risultati di grande suggestione anche per le notevoli dimensioni di queste opere. Quello della grafica incisa è un capitolo importante per Vangi, testimonianza dell’attitudine alla sperimentazione che ha sempre contraddistinto l’artista e di un’ineccepibile perizia tecnica accompagnata da una ricerca creativa sorprendente.
La rassegna di Chiasso trova un prosieguo a Villa Pontiggia a Breganzona, nel cui parco sono presenti stabilmente due monumentali sculture di Vangi e dove, in occasione della mostra, nel padiglione ligneo disegnato da Mario Botta è stata collocata l’opera in acciaio Jolanda. Questa sezione è espressione del rapporto tra Vangi e il Canton Ticino, una relazione che parte dalla profonda amicizia che ha legato il maestro fiorentino all’architetto Botta, due anime affini unite tra loro da uno spirito d’impronta rinascimentale che ha saputo recuperare il carattere umanistico dell’arte. Soprattutto attraverso il disegno.
Mercoledì 4 settembre, alle ore 20.30, avrà luogo la proiezione del film Fra la terra e il cielo, Mario Botta. Chiesa a Seriate presso il Cinema Teatro di Chiasso.
Dove e quando
Giuliano Vangi: il disegno. Spazio Officina, Chiasso. Fino all’8 settembre 2024.
Orari: martedì-domenica 10.00-12.00/14.00-18.00.
www.centroculturalechiasso.ch
La sede della mostra a Villa Pontiggia è accessibile su prenotazione: info@maxmuseo.ch
Giuliano Vangi, Donna seduta. Collezione dell’artista, Pietrasanta.(Foto Stefano Buonamici)