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Bibliografia
Alessandro Michele e Emanuele Coccia, La vita delle forme. Filosofia del reincanto, HarperCollins Italia, Milano, 2024.
La moda è libertà di costruire significati inediti
Alessandro Michele, direttore creativo di Valentino, e il filosofo Emanuele Coccia hanno scritto un libro insieme
Virginia Antoniucci
Quando si parla di due protagonisti che filosofeggiano per centinaia di pagine, viene in mente un qualsiasi tomo di Dostoevskij, ma credo che nessuno dei fratelli Karamazov abbia mai inserito nella stessa frase «Gucci» e «Giorgio Agamben». Ed è proprio questo ciò che offre La Vita delle Forme. Filosofia del reincanto, il libro di Alessandro Michele, neodirettore creativo di Valentino, scritto a quattro mani con il filosofo Emanuele Coccia.
Un’epifania letteraria sul legame indissolubile tra moda e filosofia, presentata non in tediosi capitoli, ma in una corrispondenza epistolare tra i due autori divisa in sette «stanze» – Filosofia, Ambiguità, Animismo, Design, Collezione, Hollywood, Gemelli – un’impostazione che non si vedeva dai tempi dei testi sacri.
Un testo profondo, erudito, che ci introduce nei meandri della mente del creativo romano in cui moda e filosofia, da sempre percepite come agli antipodi – una frivola, l’altra seriosa – in realtà condividono un sipario comune, come elettroni e protoni che coesistono all’interno dell’atomo.
Alessandro Michele svela come ogni collezione sia intrisa di riflessioni filosofiche profonde (nella foto due suoi abiti realizzati per Gucci) e basta dare un’occhiata a una qualsiasi delle sue sfilate per far evaporare qualsiasi risatina su quest’affermazione.
Lo stesso Emanuele Coccia si sbottona: «Le forme della moda non sono solo strumenti di conoscenza del mondo e di noi stessi. Sono anche amuleti con cui inventiamo e facciamo esperienza di nuove libertà. Libertà di costruire significati inediti».
Prima che il termine «genderless» fosse sulla bocca di tutti, Michele già disegnava abiti che evadessero le tradizionali etichette di genere e sperimentassero la sua idea di libertà in un periodo in cui la moda faceva del marketing aggressivo il suo ariete da combattimento. «Michele cambia tutto: press release impregnate di filosofia, di riferimenti altissimi, di citazioni di libri e opere – riporta «IO Donna» –.Comincia così a tratteggiare un universo estetico coerente e riconoscibile, tanto barocco quanto contemporaneo».
La connessione di Michele con la filosofia non è nata per caso, anche se era destino che l’uno incontrasse l’altro. Nel suo esordio, racconta di come il suo partner, Giovanni Attili, abbia iniziato a leggergli dei passaggi mentre Michele cercava il proprio stile unico. Poi, come in un colpo di scena, è arrivato l’incontro con Coccia, scoperto tramite un podcast e diventato il compagno di viaggio in questa bizzarra avventura editoriale.
E sottolineo bizzarra, non unica. Se da una parte la moda ha interessato i filosofi del passato più come fenomeno in sé, come la visione kantiana che la vede come una forma di imitazione per cui «nessuno vuole apparire da meno degli altri, anche in ciò che non ha alcuna utilità» (Antropologia dal punto di vista pragmatico, Immanuel Kant, Intervista per «Harper’s Bazaar»), negli ultimi decenni sempre più teorici hanno iniziato a considerare la moda come concetto filosofico, perché prima o poi tutto interessa alla filosofia.
Tirando in ballo Darwin, che forse tutto si aspettava tranne di essere citato in un libro sulla moda, nell’esplorazione della sua teoria della selezione sessuale, Winfried Menninghaus, in A cosa serve l’arte? L’estetica dopo Darwin, fa emergere come la moda sia un tassello del grande puzzle dell’evoluzione umana, sottolineando che «la pelle nuda sia quantomeno anche da considerare il frutto di una scelta estetica e diviene la straordinaria superficie su cui si gioca la partita evoluzionistica e culturale insieme, delle mode umane».
Gli stessi colleghi di secolo di Darwin, gli scrittori decadenti, non si tiravano indietro dal rimuginare su cosa fosse questa benedetta estetica. Ad esempio, il citato fino alla nausea Oscar Wilde, in La filosofia del vestire, ricorda che la moda è una sorta di rebus della libertà individuale: «La bellezza dell’abito, come la bellezza della vita, viene sempre dalla libertà». E Alessandro Michele, senza nessuna timidezza, fa eco a queste parole. Ogni collezione di Michele non procede con il ritmo delle stagioni, ma sfila tra i mondi concettuali degli eclettici pensatori che l’hanno preceduto. «Sentivo la necessità di trovare un nuovo vocabolario per riuscire a comunicare la sua intensità travolgente», scrive Michele in uno dei passaggi del libro. Come riporta La Vita delle Forme. Filosofia del reincanto, la moda diventa per lui un mezzo per capire il mondo, un campo estetico complesso che richiede un lavoro analitico, libero da pregiudizi e gerarchie predefinite.
Il libro è un diluvio di parole complesse, senza una sola foto o disegno per fare una pausa nel frullatore di pensieri scatenato dai due scrittori. Ma la filosofia ama proprio questo: confondere, mettere in discussione le proprie convinzioni e farci interrogare sulle nostre capacità di comprensione del testo, fino a sollevare il velo di Maya. Michele e Coccia avviano la trasformazione di un pensiero o preconcetto, che da umile baco si trasforma in farfalla, proprio come il simbolo nero al centro della copertina, che rappresenta la metamorfosi personale e sociale.
E a proposito di Filosofia del reincanto, agganciandosi al realismo magico, Michele e Coccia propongono di riscoprire il fascino della vita attraverso l’abbigliamento mantenendo saldo il legame tra filosofia e moda. Ogni capo diventa un «rito antropologico» – abiti che incarnano il potere di rimodellare non solo il nostro aspetto, ma anche la nostra essenza interiore.