azione.ch
 


Dove e quando

Musée Jacquemart-André, Parigi, VIII arrondissement.

Orari: tutti i giorni dalle 10.00alle 18.00, in caso di esposizioni temporaneeil gio e il ve fino alle 22.00.

www.musee-jacquemart-andre.com


La Cena in Emmaus

Una piccola tela custodita al Musée Jacquemart-André
/ 29/07/2024
Gianluigi Bellei

«E sedutosi a mensa con loro, avendo egli preso il pane lo benedisse, e dopo averlo spezzato, ne diede loro. E si aprirono i loro occhi e lo riconobbero: ed egli divenne ad essi invisibile». Queste è la versione del Vangelo di Luca XXIV, 30 a cura di Raffaele Cantarella, che racconta il cammino a Emmaus e la relativa cena dopo la resurrezione. Bruno Maggioni commenta la scena sostenendo che Luca, in sostanza, vuole dare alcuni insegnamenti: Gesù spezzando il pane conferma la sua presenza oggi come ieri, la sua presenza è diversa da come era prima e la resurrezione «non si svela agli occhi di tutti, ma solo al credente».

La cena a Emmaus è un soggetto perfetto per gli artisti. Potete cercare quella del Moretto (Alessandro Bonvicino), del Pontormo (Jacopo Carucci), del Tiziano Vecellio, quelle del Caravaggio e quelle di Rembrandt. Proprio di uno dei dipinti di quest’ultimo vogliamo parlare. Non quelli del Louvre, bensì la piccola strabiliante tela del Musée Jacquemart-André, sempre a Parigi. Il dipinto si trova nella sala della Biblioteca tra il Portrait d’Amalia van Solms del 1632 e il Portrait du Docteur Arnold Tholinx del 1656; tre opere che riassumono la carriera e l’evoluzione stilistica del pittore.

Del museo abbiamo scritto diverse volte su queste pagine. Per farvi un’idea potete leggere Désirs & Volupté à l’époque Victorienne del 7 ottobre 2013. Di Rembrandt Harmenszoon van Rijn (1606-1669) esiste una bibliografia sterminata ma, come punto di riferimento, potete cercare il catalogo della mostra di Amsterdam e Londra del 1992-93, Rembrandt. Il maestro e la sua bottega che trovate nella versione italiana per De Luca editori.

Il brano dei Vangeli pone agli artisti diversi problemi. Prima di arrivare a Emmaus gli apostoli incontrano un viandante che non riconoscono quale Gesù, poi lo invitano a cena e solo quando questo spezza il pane avviene il riconoscimento e per ultimo la sparizione. Tre vicende che nel Medioevo si sarebbero risolte in altrettante scene. Nel Rinascimento si trattava di condensarle in un solo dipinto. Nel grande telero di Veronese del 1559 al Louvre di Parigi possiamo ammirare una cena sontuosa con tanti personaggi, bambini, cani e un Gesù che dirige lo sguardo verso l’alto come ad anticipare la sparizione. Caravaggio nel dipinto del 1602 alla National Gallery di Londra ritrae un Cristo fuori dagli schemi, senza barba e un po’ rotondetto. Quasi trasfigurato. Per questo non riconoscibile. La scena è intima e i tre apostoli lo guardano attoniti.

Durante la sua vita Rembrandt ha affrontato la rappresentazione della cena diverse volte. Nel disegno del 1640, al Fitzwilliam Museum di Cambridge, Cristo sparisce in un bagliore di luce. Il Louvre possiede due dipinti: uno del 1648 con Cristo isolato, pallido e smagrito che emette una luce grandiosa e un altro del 1660 con la luce proveniente da sinistra. Quello del Museo Reale di Copenaghen, sempre del 1648, mostra un Cristo illuminato dalla luce di una candela mentre una tenda sul lato sinistro dà l’immagine di una certa intimità.

La versione del Musée Jacquemart-André è un’opera giovanile di Rembrandt e totalmente rivoluzionaria. L’artista ha 22 anni e la sfrontatezza della gioventù. Il dipinto ci appare come una quinta teatrale. Diviso in due diagonalmente. Cristo seduto a quarantacinque gradi è in ombra; percepiamo la sua silhouette, la barba a doppia punta, le mani in grembo a spezzare il pane. In piena luce, di traverso contrapposto al Cristo come una «v» vediamo l’apostolo con le mani aperte e il viso attonito, terrificato. Sopra di lui la sacca del viandante. Sullo sfondo una donna, sempre in controluce, sbriga le faccende dell’osteria. «Il suo corpo chinato in avanti, scrive Max Milner, è esattamente parallelo a quello di Gesù, chino all’indietro secondo la diagonale principale del quadro». Richiama l’umiltà del luogo. Ma c’è un altro personaggio nella scena. Per vederlo bene è preferibile andare al museo e osservare attentamente. Non ve ne pentirete, il Jacquemart-André è un gioiello che vi rimarrà nel cuore per sempre. Sulla stessa diagonale del Cristo si intravvede un altro discepolo che abbraccia le sue gambe inginocchiato. Lo ha già riconosciuto.

La scena è accecante, surreale, violenta.

Nel 2018 il dipinto è stato presentato alla Pinacoteca di Brera a Milano. In quell’occasione è stato scritto che negli altri dipinti con lo stesso soggetto si «cercava di illuminare la figura del Cristo per fare della sua epifania luminosa l’equivalente di un’apparizione, mentre qui Cristo, è in ombra, la sagoma ritagliata sul fondo di luce per alludere non solo alla sua apparizione, ma alla sparizione».

Un dipinto eccezionale, come eccezionale è l’artista tanto che Filippo Baldinucci scrive nelle Notizie de’ professori del disegno (edito a Firenze dal 1681 al 1728): «Questo pittore siccome fu molto diverso di cervello dagli altri uomini nel governo di se stesso, così fu anche stravagantissimo nel modo di dipingere, e si fece una maniera che si può dire che fosse interamente sua…».