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Dove e quando

Giovanni Luisoni, Natura protagonista. Biblioteca di Breggia, Morbio Superiore fino al 31 dicembre.

Orari: lu 7.30-10.30 / 14.00-16.00;ma 7.30-10.30 / 14.00-16.30; me 16.00-19.00; gio 7.30-10.30,ve 16.00-19.00.

www.comunebreggia.ch.


Giovanni Luisoni, un momò a caccia di immagini

Fino al 31 dicembre la Biblioteca di Breggia rende omaggio al fotografo e all’amore che nutre per la sua terra
/ 22/07/2024
Giovanni Medolago

Abbiamo sempre provato una curiosa empatia per chi resta chinato sullo stesso argomento per anni&annorum. Vedi il pianista Stephen Kovacevich, capace di dedicare sette anni sette della sua vita per l’incisione dell’integrale delle sonate di Beethoven. «Senza vacanze – tenne a precisarci in una sua estemporanea apparizione al Cinema Lux di Massagno. Qualche pausa solo nei weekend!». Stesso discorso – la fedele dedizione a un tema – vale pure per François Truffaut, regista che ha fatto ruotare gran parte della sua lunga filmografia attorno all’amore: per il cinema (La nuit américaine, Oscar 1973) e surtout quello tra una donna e un uomo: felice, contrastato, adulterino, addirittura tragico.

Da ormai mezzo secolo sta facendo altrettanto il fotografo Giovanni Luisoni, scandagliando il suo Mendrisiotto (nato a Stabio, classe 1944, da una vita risiede a Morbio Superiore), armato della sua apparecchiatura e soprattutto dell’amore per la sua terra. È tuttavia ancora ben animato dall’entusiasmo dei suoi esordi, con il libro Quattro passi in valle (Salvioni editore, 2003). La valle, per l’esattezza, era quella di Muggio e i quattro passi vennero buttati là con Alberto Nessi, da allora suo fedele complice, in particolare firmando alcune prefazioni dei suoi libri. In una di queste, Nessi lo definisce «un cacciatore di immagini», aggiungendo che «le guide di Luisoni mi sembrano la mitezza, l’arguzia popolare, il legame per il passato, dimostrato dall’attenzione per gli ultimi barbagli di quella vita contadina che ha ormai perso ogni rilievo nella società del terziario». Quella civiltà contadina così ben documentata da Gino Pedroli (1898-1986), maestro riconosciuto dello stesso Luisoni.

Alle doti del fotografo momò già citate da Nessi, aggiungiamo anche l’umiltà e la modestia. Ha infatti alle spalle numerose pubblicazioni, una dal titolo curioso, Il risveglio del dimenticato, dal sottotitolo però esplicito: Mendrisiotto, un microcosmo in bianco e nero. Suoi i ritratti di illustri anonimi (il postino, il cantoniere, il falegname), ma al suo obiettivo non si sono negati personaggi quali Botta l’archistar, lo scultore Pierino Sulmoni e, tra i pittori, Samuele Gabai e Miro Carcano, sornione più che mai in una foto del 1990. Le sue immagini sono state esposte in gallerie prestigiose e su di lui hanno scritto autori importanti, tra cui Gertrud Leutenegger (Premio Schiller 1986 e a Soletta lo scorso anno). Eppure, quando gli si ricordano questi illustri trascorsi, lui la mette giù facile…

«Sulla soglia di casa abbiamo tutto e basta avere il cuore e la mente aperti per trovare spunti interessanti. E li trovo ancora oggi, magari negli stessi luoghi, momenti, stagioni. Però ogni volta è diverso, ogni volta scopro che qualcosa è cambiato. Questo territorio si è insinuato dentro di me al punto che non potrei fare altro o scegliere un altrove».

L’ultima sua pubblicazione s’intitola, guarda caso!, Mendrisiotto: natura protagonista ed è stata concepita e realizzata per sottolineare i vent’anni d’attività della Biblioteca del Comune di Breggia. In questa sede si potranno ammirare 20 grandi foto (molte delle quali inedite, ma tutte dal canonico b&n) nelle quali è facile riconoscere quelli che, con felice sinestesia, son stati definiti luoghi del silenzio. Le fioriture nel biotipo, la primavera sul torrente Breggia, i casolari sul Monte Generoso, il parco del Daniello, un curioso triangolo isoscele còlto, bianchissimo, dietro le fronde ormai spoglie di un albero. L’artista stavolta gioca in casa: la Biblioteca di Breggia è a pochi passi dalla sua dimora. Ogni immagine ha, come sempre nell’opera di Luisoni, la sua didascalia: «Diciamo pure che è un mio vezzo. Ma la mostra ha anche uno scopo didattico, quello di far scoprire angoli nascosti del Mendrisiotto, quelli scovati nelle mie peregrinazioni nel corso degli anni e che adesso propongo nell’esposizione. Accanto all’indicazione del luogo dov’è stata scattata la foto, ancor più importante mi sembra la datazione. Lo stesso luogo, la stessa immagine – a distanza di mesi o anni – possono rivelare particolari magari prima nascosti e che vanno ri/scoperti».

La natura sembra voler ricambiare tanta ammirazione nei suoi confronti, componendo con qualche giunco un significativo O.K. !