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A difesa della fragilità degli anziani

Medicina: una campagna dell’Ufficio prevenzione infortuni contro il rischio di caduta a domicilio o durante il ricovero ospedaliero
/ 01/07/2024
Maria Grazia Buletti

«Ogni anno circa 90mila persone anziane cadono e riportano ferite talmente gravi da richiedere un trattamento medico o cure ospedaliere, e oltre 1600 persone sopra i 65 anni perdono la vita per le conseguenze di una caduta». Questi i dati dell’Ufficio prevenzione infortuni (Upi) a sottolineare come le cadute rappresentino una delle principali sfide per la salute pubblica, a causa delle conseguenze d’infortunio spesso devastanti delle persone colpite che si traducono in: «Lunghe degenze in ospedale, limitazione della mobilità, perdita di autonomia o il trasferimento precoce in una casa per anziani».

Oltre alle sofferenze personali, generano costi annuali dell’ordine di miliardi. Queste le ragioni che hanno indotto l’Upi a lanciare la campagna «StopCadute» che nella sua fase pilota (fra il 2019 e il 2022) era sistematicamente finalizzata a integrare una prevenzione interprofessionale rivolta alle persone sopra i 65 anni nell’assistenza sanitaria di alcuni Cantoni pilota (San Gallo, Berna, Grigioni e Zurigo).

In concreto, sono stati coinvolti tutti i principali specialisti e le specialiste dell’assistenza sanitaria (studi medici di prossimità, fisioterapia ed ergoterapia, assistenza e cure a domicilio, cure infermieristiche, farmacie, organizzazioni specializzate e di formazione) per garantire una collaborazione ottimale nella procedura uniforme creata a uso del personale sanitario.

Tre i punti salienti della normativa su come prevenire attivamente le cadute dei pazienti: «Identificare il rischio di caduta tramite domande chiave e test di screening; chiarirne l’entità del rischio tramite accertamenti e valutazioni e ridurre il rischio di caduta con misure mediche e non mediche». Tutto poggia sulle solide evidenze scientifiche dello studio di Steffeni Niemann (e altri co-autori) pubblicato dall’Upi nel 2022 con il titolo Panoramica dei fattori di rischio e interventi vari all’interno della «Statistica degli infortuni non professionali e del livello di sicurezza in Svizzera», partendo dal fatto che in Svizzera non passa giorno senza che si verifichino incidenti o infortuni non professionali «benché spesso senza conseguenze di rilievo, per 40mila casi all’anno l’esito è grave e per 2400 addirittura letale. Cifre, queste, che nascondono destini umani e costi per 12 miliardi di franchi». Eppure, molti di questi infortuni si possono evitare conoscendo la reale dimensione del problema e adottando le misure atte a prevenirlo.

«Anche nell’ambito ospedaliero, le cadute rappresentano un problema già solo perché aumentano giorni di degenza e costi. Quindi, una buona prevenzione non solo preserva il paziente dalle conseguenze di una caduta, ma comporta anche buoni risparmi». Pure per il direttore sanitario della Clinica Ars Medica di Gravesano Claudio Camponovo (specialista in medicina d’urgenza e in anestesiologia), il perno della soluzione è rappresentato dalla prevenzione della quale, spiega, oggi si tiene molto più conto di un tempo già a partire dalla procedura di ammissione di ogni paziente, a maggior ragione se sopra i 65 anni: «La tappa del pre-ricovero è fondamentale nella procedura di ammissione del paziente per la quale si è creata la figura del “case manager”: un infermiere appositamente formato che prende a carico il paziente anziano, parla con lui, analizza tutti i suoi dati e l’anamnesi raccolta con cui crea una valutazione del rischio di caduta individuale, tenendo altresì conto di eventuali test mirati su patologie individuali e farmaci assunti». Una figura fondamentale, secondo lo specialista, per svolgere la quale il personale «va adeguatamente formato e preparato».

Altro punto saliente riguarda l’identificazione, sempre in fase pre-ricovero, del cosiddetto paziente a rischio: «In prospettiva di un intervento elettivo (ndr: programmato), il medico deve prepararlo al meglio con anamnesi e un accurato esame fisico per individuare eventuali punti deboli che, nel paziente anziano, possono influire sulla perdita di equilibrio o disorientamento che potrebbero a loro volta provocare una caduta: pensiamo a patologie neurodegenerative, o altre pregresse, e la poli-farmacoterapia: tanti farmaci assunti possono interagire fra loro e influire sulla sua lucidità, sulla pressione arteriosa e sulle sue capacità di coordinamento».

Il medico anestesista gioca un ruolo molto importante nell’accoglienza e nella conoscenza del paziente che dovrà essere operato, ma dovrà essere comunque «in rete» con medico di famiglia e chirurgo: «Nella visita pre-operatoria, il compito dell’anestesista è come fra l’incudine e il martello: da un lato c’è il chirurgo che pensa all’intervento, dall’altro la minuziosa valutazione del paziente (per la quale è importante condividere la sua profonda conoscenza del medico di famiglia). Quindi, per prevenire il rischio di caduta, il paziente deve giungere all’operazione chirurgica nelle migliori condizioni psicofisiche».

Un esempio su tutti è il protocollo della gestione del sangue a uso di interventi di ordine medio-grande che presentano un rischio di sanguinamento, ovvero il «Patient Blood Management (PBM)», un approccio medico focalizzato sull’ottimizzazione dell’uso del sangue nei pazienti: «L’obiettivo primario del PBM è massimizzare l’emoglobina del paziente, riducendo al contempo la necessità di trasfusioni di sangue, quando possibile». Lo specialista spiega che ciò si applica attraverso strategie come la diagnosi e il trattamento precoci dell’anemia, l’ottimizzazione della coagulazione del sangue e l’uso appropriato di suoi derivati: «In sostanza, il PBM mira a migliorare la sicurezza e i risultati dei pazienti, riducendo al minimo l’uso di sangue e i rischi associati alle trasfusioni. Ciò favorisce le degenze più corte, una mobilizzazione precoce e pazienti più in forma: tutto a beneficio della diminuzione del rischio di caduta dovuto a malessere, disorientamento, debolezza e via dicendo».

Rischio che potrà ulteriormente essere contenuto durante la fase intra-operatoria, quella del risveglio e del rientro in camera: «Il giorno dell’intervento eliminiamo temporaneamente quei farmaci che possono causare ipotensione, e ci adoperiamo per mantenere il paziente il più stabile possibile durante l’operazione. Non dimentichiamo che la scarsa perfusione cerebrale del paziente ipoteso è la causa principale del suo stato confusionale nel periodo post-operatorio, che potrebbe portarlo a volersi alzare e, di conseguenza, perdere l’equilibrio e cadere».

Attenzione anche al ritmo sonno-veglia: «Un equilibrio che va favorito soprattutto nell’anziano, per cui un occhio vigile da parte del personale, anche durante la notte, permette di arginare quel naturale disorientamento di chi non è nel proprio ambiente famigliare e si potrebbe confondere, e spaventare provando ad alzarsi da solo; cosa che, ovviamente, va evitata». Un aiuto arriva anche dalla tecnologia moderna: «Esistono dispositivi indossabili dal paziente (braccialetti, cinture o cerotti) in grado di segnalare i suoi movimenti e la posizione, che inviano notifiche in tempo reale al personale in caso di situazione a rischio».

Personale formato, competente e attento, interdisciplinarietà fra medici per la presa a carico elettiva pre-intervento, attento monitoraggio intra-operatorio, sorveglianza al risveglio e accompagnamento post-operatorio nel reparto di degenza sono le tappe essenziali alla prevenzione di caduta del paziente in età in corso di degenza: «Coadiuvati preferibilmente da una presa a carico di riabilitazione ambulatoriale, laddove possibile, nell’ottica di evitare un disorientamento dell’anziano dovuto a un’ulteriore degenza».