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Una piattaforma nazionale e multilingue
Nella produzione audio si avverte l’esigenza di fare rete. Alexis Raphaeloff di PlayPodcast racconta il progetto romando
Olmo Cerri
Passeggiando in uno dei pochi giorni di sole in questa primavera piovosa, mi sono ascoltato tutto d’un fiato il podcast La mia radio in miniatura – storie di altre frequenze in lingua italiana, un progetto promosso dalla Comunità Radiotelevisiva Italofona in occasione del centocinquantesimo dalla nascita di Guglielmo Marconi, fra gli inventori della radio. Il progetto è frutto di un seminario internazionale e fa parte delle numerose iniziative che la Comunità organizza per promuovere la lingua e la cultura italiana. Il podcast, composto da tredici brevi puntate disponibili gratuitamente sui siti delle radio che fanno parte della comunità, online anche su quello della nostra RSI, è coordinato da Andrea Borgnino e da Daniel Bilenko.
Camminando con le cuffie nelle orecchie, ho scoperto che la Comunità Radiotelevisiva Italofona ha visto la luce a Roma nel 1985, attraverso un accordo tra RAI, la Radiotelevisione della Svizzera italiana, Radio Vaticana, la radiotelevisione di San Marino e Radio Capodistria. Questa rete di cooperazione audiovisiva oggi unisce le emittenti pubbliche di una dozzina di Paesi operanti nell’area culturale italofona. La prima puntata che ascolto è quella dedicata a Radio Colonia, nata nel 1961 per fornire informazioni pratiche ai lavoratori italiani in Germania, i cosiddetti «Gastarbeiter». Da allora, il programma radiofonico in lingua italiana è cresciuto fino a diventare un podcast quotidiano che si rivolge a tutti gli italofoni presenti in Germania. Gli episodi su Radio Romania e Radio Tirana – celebre anche per essere citata insieme alle sue «musiche balcaniche» nel brano Voglio vederti danzare di Franco Battiato – raccontano come nel corso degli anni le trasmissioni in italiano siano state cruciali nel superare le turbolenze politiche di questi Paesi a est dell’Adriatico. Un episodio è dedicato a Radio Sardegna, una delle prime radio libere dell’Italia post-fascista, che, dopo essere stata assorbita dalla RAI, ha mantenuto la sua autonomia, offrendo una programmazione in italiano e in sardo. Viene anche esplorata Radiodifusión Argentina, che continua a trasmettere in italiano per la diaspora presente nel Paese e oggi affronta il rischio di chiusura a causa delle politiche neoliberiste del nuovo presidente Javier Milei. Le puntate offrono un viaggio attraverso storie personali, sigle, jingle, e documenti di archivio, mettendo in evidenza gli accenti italiani nelle diverse varianti locali che animano le varie radio italofone nel mondo.
Questo percorso tra le stazioni e le frequenze ci riporta inevitabilmente al nostro personale rapporto con la radio. Francesca Rodesino, redattrice che collabora con i programmi culturali della RSI, si è occupata della realizzazione dell’episodio dedicato alla Radio Svizzera di lingua Italiana che inizia con una serie di memorie personali dell’autrice, legata all’ascolto radiofonico e spazia attraverso i luoghi, i programmi e le epoche. Con una certa emozione riascolto la sigla de La costa dei barbari – guida pratica, scherzosa, per gli utenti della lingua italiana, la trasmissione più longeva della storia della RSI, nata nel 1959 e trasmessa fino a dicembre 2008, che indubbiamente fa parte anche del paesaggio sonoro radiofonico della mia infanzia. Ed è proprio questo uno degli aspetti interessanti di questa serie, il continuo compenetrarsi tra dimensione personale e collettiva, che la radio ieri e i podcast oggi garantiscono.
La necessità di fare rete è un’esigenza ancora oggi molto sentita, anche tra i produttori audio indipendenti. Ho partecipato all’incontro organizzato da eCHo, la rete che unisce le creatrici e i creatori indipendenti di audio in Svizzera tenutasi qualche settimana fa. Una trentina i partecipanti provenienti da tutta la Svizzera per discutere della necessità di una piattaforma audio a livello nazionale. Si sente la mancanza di uno spazio online dove aggregare il meglio della produzione audio elvetica. L’appuntamento era a Lugano, presso Fervida, un nuovo spazio culturale aperto e gestito da un gruppo di artiste, che ospita degli atelier e un piccolo spazio espositivo. Le piattaforme audio sono uno strumento prezioso per mettere in contatto chi produce i podcast con chi li ascolta, e possono valorizzare tutte quelle produzioni indipendenti che altrimenti farebbero fatica ad emergere.
Alexis Raphaeloff è il responsabile tecnico di PlayPodcast, una piattaforma gratuita con finalità culturali dedicata al lavoro delle radio indipendenti della Romandia, che ospita oggi oltre duecento podcast. Gli chiedo: perché non affidarsi alle piattaforme globali che già possono contare su di un pubblico affezionato? «Le produzioni elvetiche rischiano di perdersi in mezzo a un oceano di possibilità di ascolto. La nostra piattaforma regionale ci permette invece di valorizzare i contenuti delle regioni francofone. Un’applicazione a scala locale permette di offrire contenuti locali ad un pubblico di ascoltatori locale, è come sentirsi a casa». E una piattaforma multilingue a scala nazionale sarebbe invece immaginabile? «È un’idea molto interessante su cui ci piace sognare, ma per essere realizzata necessiterebbe di fondi supplementari ancora tutti da trovare. Bisognerebbe immaginare un modello di finanziamento diverso che ci permetta di salvaguardare la filosofia del progetto: teniamo molto alla nostra indipendenza e al controllo sulle tecnologie che utilizziamo, per esempio tramite l’assenza di tracciamento e evitando la pubblicità. Si potrebbe chiedere agli ascoltatori di sostenere anche finanziariamente il progetto».
Le barriere linguistiche del nostro Paese, che rendono difficile la distribuzione di tutti i prodotti culturali ma forse ancora di più per quanto riguarda la narrazione audio e i podcast, sono un tema centrale della discussione. Diversi nuovi esperimenti, portati avanti anche grazie all’uso dell’intelligenza artificiale, già ora permettono di tradurre automaticamente, sottotitolare e persino di «doppiare» con delle voci sintetiche i podcast. Cristian Ferretti di Radio Gwendalyn crede che una piattaforma nazionale, multilingue e gestita dalle varie realtà locali «potrebbe dare risalto alla produzione audio locale, andando a intercettare anche tutti gli italofoni che vivono al di là delle Alpi». Non possiamo che restare all’ascolto e seguire con curiosità l’evoluzione di questo progetto.