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Dove e quando
Roberto Mucchiut. Entre-Deux. Tempi e terre di mezzo.Galleria Cons-Arc, Chiasso,fino al 28 giugno 2024. Entrata libera.
Ritrovare i tempi perduti
L’artista Roberto Mucchiut in mostra alla ConsArc di Chiasso
Gian Franco Ragno
Artista votato da molti anni alla produzione di forme multimediali e digitali, assai attivo soprattutto nell’ambito delle arti performative (teatro, danza e musica) – come ricorda in esposizione un video del gruppo Nitron – Roberto Mucchiut (1960), dopo alcune collettive nello spazio chiassese, si presenta per la prima volta in una sua esposizione personale alla Galleria ConsArc di Chiasso.
Nelle diverse serie presentate, il tema centrale sembra essere il rapporto che l’uomo ha con la tecnologia e quindi con lo spazio e il tempo. Si parte dal grado zero della fotografia, ovvero immagini in bianco e nero prodotte con il foro stenopeico (nella serie intitolata Sans), macchina fotografica primitiva che si presenta come scatola senza obiettivo, mezzo che simboleggia ed evoca il celebre mito della caverna di Platone. Si passa poi a un altro tema centrale dell’identità, ovvero quello del ricordo, nella serie intitolata OI (di sui fa parte l’immagine nell’articolo).
Queste serie indagano il confronto tra ciò che siamo e la nostra percezione–completamente rivoluzionata delle nuove tecnologie
Sono immagini nate dalle diapositive dei viaggi giovanili, sovrapposte in modo casuale e creativo, generando così nuovi paesaggi possibili e altri viaggi non ancora compiuti. Piccole immagini che illustrano quelli che sono i frammenti della propria storia, dell’identità, dei ricordi. Una memoria che è, più di quanto vogliamo ammettere, materia rimodellabile, custode di nessuna verità certa ma comunque centrale per determinare delle traiettorie esistenziali, parabole di senso di un percorso.
Altri paesaggi, in questo caso montani, nati come analogici ovvero su pellicola – nella serie Matière – vengono trasposti ed elaborati digitalmente dall’autore, cambiando radicalmente di senso – da soggetto romantico per eccellenza – pensiamo ad autori come Caspar David Friedrich o Caspar Wolf – a scenario ibrido, quasi di fantascienza come suggeriscono i colori irreali, come appartenenti a un altro pianeta.
Un’altra doppia serie ci porta ai confini, agli estremi del giorno: l’alba e il tramonto, con le loro rispettive luci calde e luci fredde. Immagini dello stesso luogo, a distanze cadenzate (nella serie Crépuscules#01); dittici fotografici e dittici video di un luogo che attende l’alba (nella serie Crépuscules #02), con passo e cadenza lentissima; una lenta trascrizione che ricorda le videoproiezioni del grande autore statunitense Bill Viola – seppur su temi completamente diversi.
Ciò che viene indagato simbolicamente in tutte queste serie è il confronto tra ciò che siamo e la nostra percezione – completamente rivoluzionata delle nuove tecnologie, dalle nuove periferiche. Schemi onnipresenti che catturano la nostra attenzione richiamando scientificamente le nostre preferenze, modificando ritmi e cicli vitali, frantumando categorie (pubblico e privato, presenza e assenza, reale e immaginario).
Vivendo l’evoluzione storica del digitale in prima persona, Roberto Mucchiut ha saputo usare sapientemente gli stessi strumenti che stanno modificando la realtà per cercare di liberarci dagli stessi e dai loro pericoli. Egli avverte lo spettatore di una necessità, quella di ritrovare i tempi perduti, le «terre di mezzo», come evoca nel sottotitolo della esposizione, ovvero un luogo di una possibile e necessaria rigenerazione dello sguardo.