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Bibliografia

Mary MacLane, L’attesa del diavolo, Ago Edizioni, Roma, 2024.


Il diavolo di Mary

È uscito in italiano il diario di Mary MacLane censurato negli USA all'inizio del Novecento
/ 20/05/2024
Laura Marzi

L’attesa del diavolo di Mary MacLane, pubblicato in italiano da Ago Edizioni con la traduzione e la postfazione di Sofia Artuso, è un libro che uscì a Boston nel 1902 e nel giro di poche settimane, prima che venisse censurato, vendette oltre 100’000 copie. Considerato che tutt’oggi negli USA specialmente in alcuni stati, anche dei classici vengono banditi perché considerati pericolosi per la moralità di lettrici e lettori, certamente, leggendo questo diario di una diciannovenne del Montana, non stupisce che il testo sia stato ritirato dal mercato agli inizi del XX secolo.

Mary MacLane, in queste pagine che raccontano tre mesi della sua vita nella cittadina di Butte, evoca «il Diavolo» costantemente e da qui deriva appunto il titolo del libro: è a lui che chiede che finalmente giunga la tanto attesa felicità, è con lui che cerca di fare dei patti: le bastano due giorni di gioia e in cambio è disposta ad accettare tutto ciò che non sopporta. È molto divertente, a tal proposito, la preghiera che fa affinché lui la liberi dalle cose che odia di più: giarrettiere, calze di filo di scozia, uomini coi baffi e sguardi insistenti…

Non è solo questo ricorrere costante alla figura del diavolo, che già sarebbe bastato, a rendere stupefacente e scandaloso il libro scritto oltre un secolo fa. In queste pagine Mary MacLane si scaglia più volte contro il matrimonio, descrivendolo come un’istituzione utile solo alla continuazione di una vita in catene per le donne e di un’esistenza ipocrita per gli uomini. Per lei non esiste: «in questo mondo spietato, qualcosa di sublime quanto l’amore puro di una donna verso un’altra donna». La donna in questione è Fanny Corbin, che è stata la sua docente di lettere al liceo, alla quale lei si riferisce con il soprannome di «ragazza anemone» e che avrebbe voluto poter sposare, garantirle una vita felice. Per farlo, MacLane è consapevole che avrebbe dovuto essere un uomo, cosa che non le sarebbe affatto dispiaciuta visto che nelle prime pagine si paragona a Napoleone, inveendo contro il destino che invece l’ha fatta nascere femmina.

Secondo MacLane, infatti: «nulla su questa terra può soffrire come una donna giovane e completamente sola». Si tratta di un tema che torna frequentemente nel diario, quello del dolore che connota l’esistenza di una donna, specialmente una come lei, cioè «un genio». Sono numerose le volte in cui la ragazza si autodefinisce tale, arrivando addirittura a sostenere che le capita molte volte di leggere un libro domandandosi se sarebbe in grado di scrivere qualcosa di meglio e arrivando molto spesso alla conclusione che potrebbe farcela senza problemi. Si tratta di un atteggiamento solo all’apparenza arrogante: Mary MacLane ha diciannove anni quando scrive queste pagine ed è giustamente spregiudicata come la sua età richiede. A essere stupefacente è che lei riesca a esprimersi così nella sua epoca, quando questo tipo di audacia e di sfrontatezza non erano neanche immaginabili per una donna.

L’eccezionalità della sua voce e del coraggio si manifestano anche nei frequenti riferimenti che MacLane fa al suo corpo, alla sua bellezza e al piacere che ne può derivare, quando per esempio cammina e percepisce la forza delle sue gambe o quando mangia. La ragazza sostiene infatti di conoscere: «l’arte del buon mangiare» che consisterebbe nel cibarsi solo «quando si ha fame e si devono fare piccoli bocconi». Segue una descrizione lunga e accurata dell’esperienza estatica che, praticando questa arte, può diventare mangiare un’oliva.

La necessità di cercare di godere della vita nutre dalle radici l’ispirazione di MacLane che si scaglia contro la moderazione, contro la concezione ancora dominante secondo la quale è meglio sapersi frenare, anteporre la morale al desiderio, limitarsi… Si tratta esattamente del modo di vivere che MacLane definisce come «il Nulla che fa della vita una tragedia». Per lei bisognerebbe ammirare Mescalina e tutte coloro – sono pochissimi gli esempi rimasti nella Storia e nella storia della letteratura – che hanno anteposto le voglie al loro dovere.

Mary MacLane morì a quarantotto anni, suicida, in una stanza d’albergo: dopo che il suo libro fu censurato il successo svanì improvvisamente e lasciò il posto all’illusione, ma se ciò che ha scritto è vero, è evidente che il patto che voleva stringere è stato rispettato, che i due giorni di felicità per cui avrebbe rinunciato a tutto ci sono stati e poi: «perché ci si dovrebbe vergognare di qualcosa?»