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Editoria e cinema animano Trento

Arno Camenisch premiato con il Premio ITAS mentre la genziana d’oro è andata al film Un pasteur di Louis Haquet
/ 13/05/2024
Mario Casella

Il binomio Trento-Montagna è in ottima salute. Sopravvissuto alla pandemia con i suoi 70 anni compiuti nel 2022, il Trento Film Festival – lo storico appuntamento con la narrazione delle Terre Alte – ha festeggiato questa primavera i 50 anni del Premio ITAS del libro di montagna.

Il mezzo secolo del più importante riconoscimento italiano per letteratura di genere è stato gratificato dagli organizzatori con lo spostamento del tendone di MontagnaLibri (l’annuale vetrina internazionale di editoria di montagna) dalla periferica Piazza Fiera alla centrale Piazza Duomo. All’affollata vetrina editoriale è stata affiancata la struttura del «Salotto letterario», dove per una decina di giorni si sono alternati scrittrici e autori delle più recenti pubblicazioni dedicate all’avventura e al mondo verticale.

Il peso specifico del Festival è così sembrato spostarsi per l’occasione quasi più sulla carta che sul grande schermo. Ironia della sorte, per festeggiare i suoi brillanti 50 anni il Premio ITAS ha regalato al libro Anni d’oro (Keller Editore) dello svizzero Arno Camenisch il massimo riconoscimento per il 2024. Un Teatro Sociale stracolmo e con la presenza di nomi popolari come l’attrice Veronica Pivetti e il giornalista Corrado Augias, ha celebrato lo scrittore originario di Tavanasa, piccolo villaggio della Surselva.

Difficile fare una scelta tra le penne verticali presentatesi al pubblico quest’anno a Trento. Un’assente giustificata all’ultimo minuto merita su tutti di essere segnalata. È l’eccezionale figura sportiva e umana dell’iraniana Nasim Eshqi il cui potente libro Ero roccia ora sono montagna – La mia battaglia per la libertà delle donne in Iran e nel mondo (Ed. Garzanti) propone una prospettiva particolare sulla situazione nel Paese. Per anni la forte arrampicatrice ha lottato contro i divieti e le ritorsioni impostegli dalla polizia morale del paese islamico, come racconta nei dettagli del suo appassionante libro. Ora, dopo le rivolte del 2022 e con gli ultimi tragici sviluppi, Nasim ha scelto la via dell’esilio e con il suo libro ha voluto dar voce a tutte le donne vittime di soprusi.

E il cinema di montagna? È in buona salute. Dopo il periodo di magra produttiva legato al Covid, alpinisti, avventurieri e registi hanno ripreso a viaggiare per raccontare le loro esperienze e le vite degli abitanti delle terre alte. Il paradosso è che la giuria ha premiato soprattutto documentari girati sulle nostre montagne di casa: le Alpi.

La genziana d’oro per il miglior film in assoluto è andata a Un pasteur del francese Louis Haquet (nella foto, un momento del film): il racconto della vita di un giovane pastore alle prese con la solitudine e con un avversario invisibile: il lupo. La genziana dorata nella categoria Alpinismo, popolazioni e vita di montagna è stata attribuita alla regista italo-svizzera Juliette Riccaboni per il film Le fils du chasseur che esplora il rapporto problematico tra il giovane Samir e il padre cacciatore. Una relazione fatta di distanze e contrasti. La terza genziana d’oro destinata al miglior film d’esplorazione o avventura ha invece premiato il lungo documentario The Great White Whale dell’australiano Michael Dillon che narra la storica scalata di un vulcano innevato. Un colosso alto poco meno di tremila metri che sorge dal mare antartico come una Grande Balena Bianca.

I due documentari alpini colpiscono per l’esplorazione del complesso rapporto tra la gioventù moderna e la natura della montagna. Un film lo fa raccontando la lotta contro un nemico invisibile: il lupo. L’altro sviscerando il tema della caccia sostenibile vissuta da due generazioni a confronto. Un incrocio di mondi e sensazioni sul cui sfondo spunta la problematica interazione tra ambiente rurale e realtà urbana.

Nessun riconoscimento invece al divertente e emozionante Maurice Baquet. L’accordé, l’avvincente ritratto di un «violoncellista-sciatore» realizzato dal regista di Chamonix Gilles Chappaz. Musica, neve polverosa, concerti e clownerie accompagnano lo spettatore in un originale viaggio alla scoperta di questo eclettico virtuoso del violoncello e incredibile scialpinista. Ma non sempre i «coups de cœur» di un appassionato spettatore coincidono con le sofferte scelte di una giuria. Nemmeno quando si parla di montagna.