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Al LAC con «Azione»

«Azione» mette in palio alcuni biglietti per il concerto dell’OSI Presenze del Festival di Pentecoste sabato 18 maggio alle 20.30 alla Sala Teatro del LAC.

Per partecipare al concorso inviate una mail a giochi@azione.ch, oggetto «Sol» con i vostri dati (nome, cognome, indirizzo, no. di telefono) entro domenica 12 maggio alle 24.00.


«Tra noi una connessione che va oltre la musica»

Intervista a Sol Gabetta e Patricia Kopatchinskaja in occasione del concerto del 17 e 18 maggio al LAC
/ 06/05/2024
Enrico Parola

«Ci dicono che sembriamo sorelle, anzi sorelle gemelle, più che colleghe. È vero: tra noi c’è una connessione profonda che va oltre la musica e che continua dietro il palcoscenico: forse fuori è quasi ancora meglio. Siamo due amiche».

Era inevitabile che Sol Gabetta (nella foto sul palco con Poschner) invitasse Patricia Kopatchinskaja a Presenza, il progetto che per la terza volta la talentuosa ed estrosa violoncellista argentina firma con Markus Poschner e l’Orchestra della Svizzera Italiana, il 17 e 18 maggio al LAC: «Un minifestival dove cerchiamo di uscire dai canoni inveterati della tradizione concertistica e pensare a nuovi modi per coinvolgere il pubblico: il tentativo è quello di ampliare le prospettive, ad esempio anche pensando a colori diversi per l’illuminazione della sala». Sala da concerto che «è stato il luogo dove io e Patricia ci siamo incontrate per la prima volta; ricordo che scattò immediatamente una sintonia particolare: ebbi proprio l’impressione di un fiore che sbocciasse».

Era il 2021, e Gabetta coglie la particolarità, quasi l’unicità del rapporto instauratosi con la fantasiosa e virtuosa violinista moldava: «L’aspetto particolare era che nel momento stesso in cui si stava creando un forte legame, una forte sintonia tra noi, capivamo di poter mostrare l’una all’altra le proprie fragilità. Normalmente un concertista, quando sale sul palco, vuol dare il meglio di sé e quindi vuole anche dimostrarsi forte e sicuro; noi sì, volevamo dare il meglio di noi, ma al tempo stesso non dovevamo inturgidire la nostra fisionomia per sostenere una parte; mostrare le fragilità significa essere più disponibili ad aiutarsi l’una con l’altra e legarci in modo ancor più profondo e potente».

La traduzione musicale di questa sintonia umana si declina, per la Gabetta, «nel fatto che quando suoniamo assieme percepiamo l’esigenza di intrecciare le caratteristiche dei nostri strumenti, come se le corde e la cassa del mio violoncello dovessero unirsi al suo violino; sono come due voci che devono fondersi, e infatti uno degli esiti interessanti di questo connubio è che migliora la cantabilità, la possibilità di trattare il violoncello o per lei il violino come se fosse una voce umana. Ad esempio, spesso quando si fanno vibrati diversi è un disturbo che impedisce di andare assieme; noi non abbiamo mai avuto questo problema».

Kopatchinskaja ama immagini e metafora, e ne usa due per spiegare il suo modo di far musica con Gabetta e il suo modo di intendere la musica: «Suonare è come tenere una conversazione; siccome io e Sol ci conosciamo così bene, non dobbiamo quasi parlare o spiegarci, viene naturale trovarsi sulla stessa linea. Mi sento totalmente libera di essere me stessa nello stesso momento in cui devo “accordarmi” con lei». Per quanto riguarda la sua concezione della musica, sostiene di non considerarsi «una schiava dello spartito. Io e Sol siamo come due uccelli che si trovano a raccontare una storia scritta su un foglio, ma che devono trovare il loro modo, la loro via per raccontarla. Per non annoiarsi, per non essere tumulati in un sepolcro di pietra, la musica deve rimanere viva, ed è viva se cambia continuamente, come le nuvole, che scorrono nel cielo e anche impercettibilmente cambiamo contorno ogni secondo. Quindi è anche una sorta di rischio, perché suonare un brano, raccontare una storia, è come lanciarsi in volo; se si è in due si è come due acrobati che fanno le loro evoluzioni a tanti metri da terra: bisogna fidarsi l’una dell’altra, pronte a prendersi. Quindi anche la filologia, il conoscere tanto di un autore serve, ma quando suoniamo non stiamo tenendo una conferenza o spiegando qualcosa, il suono è una magia che accade nell’istante». Concetto ripreso da Gabetta, che confermando la parole dell’amica («Anche per questo mi trovo così bene con Patricia: abbiamo la stessa visione del rapporto che ci dovrebbe essere col pubblico, del modo di comunicare, anche parlando»), aggiunge il ruolo di orchestra e direttore: «Ci si dimentica spesso che l’esito non dipende solo da come il solista pensa e suona un brano, perché c’è il direttore, con la sua visione e la sua sensibilità – magari più romantica o più classicheggiante – e l’orchestra, con la sua personalità e il suo suono. E quindi solo dopo che c’è un’intesa tra solista, direttore e orchestra può iniziare la comunicazione verso il pubblico. Alla fine, si deve formare una comunità». Comunità che attecchisce e matura durante le prove: «In questo progetto abbiamo la possibilità di provare a lungo, per giorni e giorni, privilegio ormai più unico che raro nei ritmi vorticosi del concertismo».

L’esito sono due programmi accomunati da un brano composto appositamente dalla stessa Kopatchinskaja, A play per violino, violoncello e orchestra, e da Sibelius, di cui saranno eseguite la prima (il 17) e la settima (il 18) sinfonia. Venerdì sarà Kopatchinskaja a suonare il primo Concerto di Prokof’ev, mentre sabato si ascolterà Gabetta nel secondo Concerto per violoncello di Shostakovich.