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Un successo alcolico firmato Svizzera italiana

Il Ticino nel cybermondo: da «Grease» a «I Soprano», ci sono anche scene indimenticabili di cinema e tv nella storia del successo dell’etichetta Italian Swiss Colony
/ 22/04/2024
Athina Greco

Per gli intenditori potrebbe non essere storia nuova, ma a chi, pur apprezzando il vino, non possiede un’ampia conoscenza enologica, questa etichetta potrebbe apparire curiosa. Non è infatti scontato comprendere il motivo per cui una colonia svizzera italiana abbia sbarcato il lunario con la propria produzione vitivinicola ad Asti. Soprattutto se l’Asti in questione non si trova in Italia, ma a Sonoma County, California, una di quelle aree degli Stati Uniti rinominate dagli immigrati italiani che, nel corso del XIX e XX secolo, si stabilirono negli USA in cerca di lavoro e opportunità economiche più favorevoli.

Tra questi, Andrea Sbarboro, sognava di offrire ai suoi connazionali un lavoro stabile e dignitoso: nel 1881, il genovese fondò una colonia agricola principalmente impiegata nella coltivazione d’uva e assunse prevalentemente lavoratori italiani e svizzeri, di cui una buona parte ticinesi. Si formò così una comunità permanente che assunse il nome di «Italian Swiss Colony» in onore delle origini dei propri dipendenti.

L’idea di fondare una colonia italo-svizzera specializzata nella coltivazione dell’uva, derivava da una strategica scelta di mercato, attuata in un periodo in cui il valore del prodotto era di 30 dollari alla tonnellata, una miseria confronto ad oggi ma una piccola fortuna per quegli anni. Tuttavia, nel 1887, la coltivazione d’uva crebbe esponenzialmente in tutto il Paese e l’offerta aumentò tanto da abbassarne il valore a 8 dollari alla tonnellata. Con un guadagno insufficiente a coprire i costi di produzione, Sbarboro e gli altri membri di direzione furono chiamati a trovare una soluzione e, per far fronte alle crescenti difficoltà economiche, decisero di entrare a gamba tesa nel settore vitivinicolo.

Fu così che l’Italian Swiss Colony iniziò a produrre vino in autonomia e si impose sul territorio come società vinicola. L’enorme cisterna costruita per la vinificazione, dalla capacità di 500 galloni, circa 1’900 litri, suscitò la curiosità della popolazione locale e dei turisti: all’inizio del secolo, parallelamente al successo dei suoi vini, la colonia e le sue cantine acquisivano una popolarità sempre maggiore, delineandosi come vera e propria attrazione turistica. Attorno alla metà degli anni Cinquanta del Novecento, la colonia svizzera italiana era diventata una delle destinazioni più visitate della California, seconda solo a Disneyland.

La notorietà che il marchio vantava all’epoca è testimoniata anche dalla presenza del vino in diversi prodotti mediatici di successo. Nel celebre film Grease, ad esempio, un rosso dell’Italian Swiss Colony anima il pigiama party delle Pink Ladies: «Italian Swiss Colony, wow, it’s imported!» esclama una delle ragazze, ignorando la provenienza tutta americana della bottiglia. Anche nella famosa serie TV I Soprano, nell’episodio Cold Cuts, viene nominato il vino della colonia, dimostrando la grande diffusione del marchio, famoso soprattutto negli Stati Uniti, ma conosciuto nel mondo intero.

Il pregio della colonia è stato insomma a lungo diffuso, promuovendo con onore la qualità della produzione svizzera italiana anche se, in realtà, il vino prodotto aveva ormai ben poco di ticinese: dopo pochi anni dalla sua istituzione, l’Italian Swiss Colony già si era imposta come una realtà esclusivamente italo-americana, mantenendo di svizzero solo il nome.

Acquistata nel 2015 dalla E & J Gallo Winery, massimo esportatore di vini della California, oggi l’eredità dell’Italian Swiss Colony continua a vivere, benché il suo nome e la sua natura siano state ampiamente cancellate in favore di una globalizzazione in linea coi tempi.