azione.ch
 



«Lapideremo le donne in pubblico»

In Afghanistan continua ad aumentare la furia dei talebani contro i diritti di una metà del cielo e contro l’Occidente «infedele»
/ 15/04/2024
Francesca Marino

«Voi dite che la lapidazione a morte è una violazione dei diritti delle donne. Ma presto commineremo la giusta punizione per l’adulterio. Fustigheremo le donne in pubblico. Le lapideremo in pubblico. Sono tutte cose che vanno contro i vostri “principi democratici”, ma noi continueremo a farlo. Noi, esattamente come voi, siamo convinti di difendere i diritti umani: ma noi lo facciamo come rappresentanti di Dio mentre voi siete i rappresentanti del diavolo». Non è uno scherzo, ma si tratta di una delle ultime esternazioni del capo del Governo talebano, mullah Hibatullah Akhundzada. Che ha deciso di chiarire una volta per tutte la sua posizione nei confronti degli infedeli in generale e dell’Occidente in particolare. Non pago, difatti, di annunciare il ritorno ufficiale alle punizioni medievali comminate negli anni Novanta dal Governo del mullah Omar, Akhunkzada ha aggiunto: «Davvero le donne vogliono i diritti di cui parlano gli occidentali? Quei “diritti” sono contro la Sharia e contro le opinioni dei mullah, quegli stessi mullah che hanno sconfitto la democrazia occidentale».

A questo proposito, il talebano si toglie qualche ulteriore sassolino dalla scarpa, invitando esplicitamente i guerrieri talebani a essere inflessibili nell’opporsi ai diritti delle donne e, inviando un messaggio all’Occidente, dichiarando che la guerra contro la democrazia e i valori occidentali continuerà per decenni: «Abbiamo combattuto contro di voi per vent’anni e combatteremo per altri venti e per altri venti ancora contro di voi. Non abbiamo preso Kabul per sederci in ufficio a bere tè, ma per riportare la Sharia nella nostra terra». Così come annunciato ai tempi degli accordi di Doha, in realtà: quando però tutti avevano fatto finta di nulla e, per giustificare l’ignobile ritirata occidentale senza condizioni, avevano propagandato la nuova, amichevole versione dei talebani 2.0 che mangiavano gelati e sorridevano a giornaliste americane. Dopo aver ripreso il controllo dell’Afghanistan nell’agosto 2021, gli «amichevoli ragazzi privati dell’infanzia» di cui tanto parlava la stampa occidentale, hanno immediatamente mostrato di che pasta erano fatti.

Akhundzada ha cancellato l’istruzione femminile in Afghanistan oltre la sesta classe e ha imposto crescenti restrizioni alla partecipazione delle donne nei luoghi di lavoro pubblici e privati, impedendo loro anche di lavorare con le Nazioni Unite e altre organizzazioni umanitarie. Alle donne è vietato intraprendere lunghi viaggi in auto e in aereo senza l’accompagnamento di un parente maschio ed è loro proibito frequentare luoghi pubblici come parchi, palestre e bagni. Negli ultimi mesi la situazione è ulteriormente peggiorata. Secondo un rapporto dell’Unama, la missione Onu in Afghanistan, il mancato uso del velo (hijab), l’assenza di un guardiano o parente maschio e altre restrizioni imposte alle donne che si recano in luoghi pubblici, uffici e istituzioni scolastiche ha portato alla perdita del posto di almeno seicento donne che ancora lavoravano come operaie. In un caso, si legge nel rapporto, i funzionari del Ministero del vizio e della virtù «hanno consigliato a una dipendente non sposata di una struttura sanitaria di sposarsi o di rischiare di perdere il lavoro, affermando che era inappropriato che una donna nubile lavorasse». E alle donne senza parenti maschi dallo scorso dicembre viene negato anche l’accesso all’assistenza sanitaria. Non solo. In gennaio sono cominciati gli arresti, centinaia di arresti, ai danni delle donne colpevoli di indossare l’hijab in modo «poco consono».

Alcune famiglie hanno raccontato che la polizia morale ha chiesto ingenti somme per il rilascio delle donne, insieme alle firme dei padri e dei fratelli su un documento in cui si afferma che la signora non sarebbe mai più uscita per strada senza un accompagnatore maschio o un hijab. E però i talebani, che non credono nella democrazia e quindi non hanno alcuna intenzione di consultare in materia il popolo afghano, sostengono per bocca del loro portavoce ufficiale che «le donne afghane indossano l’hijab per scelta, non sono state costrette a farlo, né il Ministero del vizio e della virtù le ha maltrattate. Questa è solo propaganda e lontana dalla realtà». Dimostrando almeno in questo di essere davvero 2.0 e di saper cavalcare l’onda delle ultime tendenze liberal del liberalissimo Occidente. A conclusione di ogni discorso a proposito di violenza, violazione dei diritti umani, sopruso e angheria si appellano difatti al nuovo, intoccabile postulato dell’Occidente illuminato: l’islamofobia, da cui sarebbe dettata ogni critica, e il colonialismo culturale che cerca di cancellare tradizioni e usanze indigene. Non è vero? Non importa. Di scriteriati difensori di tradizioni che non sono tradizioni ma solo imposizioni l’Occidente è pieno. E preme, in nome di altrettanto scriteriate «ragioni umanitarie» perché si riconosca ufficialmente il Governo dei talebani. In fondo, come recitava il titolo di un famoso saggio di Armanda Guiducci, La donna non è gente.