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Viotti, Stradivari e l’elogio della perfezione

Nel bicentenario della morte ricordiamo la figura di Giovanni Battista Viotti omaggiato dalla sua Vercelli con una mostra
/ 15/04/2024
Enrico Parola

Giovanni Battista Viotti, chi era costui? Avvicinando il suo nome a quello, universalmente noto, di Antonio Stradivari, si può arguire essere un Carneade della musica classica. Sconosciuto al grande pubblico oggi lo è certamente, ma la sua opera e il suo operato hanno rappresentato un capitolo significativo nella storia musicale. Lo certifica la mostra Viotti e Stradivari. L’elogio della perfezione che la sua terra natale, Vercelli, gli tributa nel bicentenario della morte.

«Scrisse 29 Concerti per violino elogiati da Mozart e Brahms;, fu osannato in tutta Europa - tra l’altro la tournée che lo impose sulla grande ribalta internazionale, nel 1780, partì proprio dalla Svizzera, con i concerti a Ginevra e Berna;  in Francia, nello stesso tempo in cui Boccherini veniva ritratto da Goya accanto all’Infante di Spagna, era prediletto da Maria Antonietta e si poteva permettere di comprare e gestire un teatro; fu l’inventore dell’archetto moderno, che cambiò radicalmente il modo di scrivere la musica per violino; fu lui a lanciare in Europa il brand Stradivari facendone comprare i violini ai suoi allievi, che poi furono i grandi virtuosi della prima metà dell’Ottocento. Una curiosità che non è un dettaglio: fu lui a comporre la melodia della Marsigliese, undici anni prima che De Lisle abbinasse alla melodia le parole poi divenute l’inno nazionale francese». Lo riassume così Guido Rimonda, violinista, direttore della Camerata Ducale e massimo studioso del compositore nato a Fontanetto Po il 12 maggio 1755, nonché anima del Viotti Festival e ideatore della mostra a cui sono collegati vari eventi, tra cui un ciclo di concerti in cui alcuni acclamati virtuosi dell’archetto, da Uto Ughi a Nikolaj Zneider, suoneranno con gli Stradivari posseduti da Viotti pagine del compositore piemontese.

«Guarneri, Guadagnini, Stradivari: sono solo alcuni dei grandi liutai italiani che crearono quei meravigliosi strumenti oggi contesi da solisti e collezionisti a suon di milioni, ma a imporre Stradivari come il più conosciuto, amato e oggi anche prezioso fu Viotti» rimarca Rimonda. «Credo perché i suoi violini gli permettevano di realizzare quanto il nuovo archetto permetteva: a quei tempi l’archetto era quello barocco, con la parte in legno curvata come un arco – da cui il nome – e quindi capace sì di una minuta articolazione dei suoni, ma incapace di “legare” lunghe frasi, cioè cantare tante note consecutive senza staccarle; Viotti, assieme al liutaio Tourte, cambiò la morfologia dell’archetto, creando il modello ancor oggi in uso e che permette di eseguire melodie molto più lunghe; è impressionante vedere come cambiano da lì in poi le partiture per violino, con melodie molto più lunghe: basta guardare i concerti di Mozart e quelli di Paganini per rendersene conto. Ai suoi allievi Rode, Kreutzer, Baillot, Beriot, consigliò gli Stradivari perché esaltavano la nuova cantabilità del violino; loro diventarono virtuosi idolatrati, come Kreutzer e Rode, e teorici della tecnica, autori di manuali ancor oggi di riferimento, come Baillot con L’art du violon: nouvelle méthode, e così gli Stradivari, legato alle loro esibizioni o alle loro discettazioni, si imposero come i principi dei violini». Viotti arrivò a possederne addirittura dodici, i più importanti dei quali saranno esposti all’Arca (ex chiesa di San Marco) a Vercelli. Innanzitutto l’ex Bruce del 1709, oggi appartenente alla Royal Academy di Londra: «È considerato lo strumento col miglior suono tra tutti quelli creati dal liutaio cremonese, e ritorna per la prima volta in Italia; tra l’altro, fu proprio Viotti a fondare la Royal Academy, quando si rifugiò a Londra scappando alla Francia, nel 1892: era un protegé di Maria Antonietta e di casa a Versailles, in più era straniero, facile comprendere come dopo la Rivoluzione non tirasse una buona aria per lui…» ricorda Rimonda; l’ ex Arnold Rosé del 1718, proveniente dalla Oesterreichische Nationalbank, e il San Lorenzo, dello stesso anno, celebre per i dipinti che impreziosiscono la cassa armonica, e l’ex Viotti del 1704, in prestito dalla collezione giapponese Munetsugu.

I violini saranno visibili fino al 2 giugno (info: www.viottistradivari.it) al termine di un percorso immersivo che attraverso proiezioni, ascolti e attori, presenterà la figura e l’opera di Viotti oltre che di Stradivari. Non solo musica: accanto ai concerti il «brand Viotti» viene legato ad altre attrattive tipiche del Vercellese, ad iniziare ovviamente dal riso. Lo chef Eugenio Moreni ha creato il Risotto Viotti cucinando il Carnaroli con cibi che ricordano il Piemonte e la Francia, le due «patrie» del compositore. Francia che deve a Viotti la melodia del suo inno: «La scrisse nel 1781, era un’Aria e variazioni per violino e orchestra; anche l’Accademia francese per la Marsigliese ha riconosciuto la paternità di Viotti». Altro che Carneade. Chapeau.