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Chi finanzia i podcast?
Analisi ◆ Boom di ascolti ma pochi finanziamenti per la realtà dell’audio
Olmo Cerri
Nuovi progetti, un pubblico sempre più numeroso ed entusiasta, un crescente interesse da parte di scuole, festival e appuntamenti specifici: il podcast e la narrazione audio vivono un momento di grande vivacità. Eppure non abbiamo l’abitudine di pagare per fruire di questi prodotti. Resta quindi aperta una grande questione: come finanziare tutto questo?
Attualmente sono rari i fondi specifici destinati all’audio e anche nel nuovo Messaggio sulla cultura, che definisce l’orientamento strategico della politica culturale della Confederazione per il periodo 2025-2028, non si fa menzione del finanziamento a questo settore. Nonostante le richieste avanzate dalle associazioni di categoria, sembra che il sostegno al mondo della cultura audio non sia stato preso in considerazione.
Un problema che Pascal Nater, pluripremiato autore di podcast, radiodrammi, nonché giornalista e cabarettista svizzero, conosce bene: «Per il mio ultimo progetto ho ricevuto soltanto il supporto di una radio locale e qualche piccolo sostegno da alcune fondazioni, che mi hanno permesso di coprire le spese vive e di retribuire il compositore».
Pascal, classe 1984, opera come freelance nel suo studio situato a Suhr, nel Canton Argovia. Tra le sue opere più interessanti spicca il podcast intitolato Die Giftmörderin von Suhr, in cui racconta la misteriosa storia di una veggente argoviese condannata all’ergastolo nel 1929 per aver avvelenato alcuni anziani del paese. Il podcast è frutto di un’attenta ricerca e di numerose interviste condotte con i discendenti delle persone coinvolte, rintracciati sul territorio. «Tuttavia – aggiunge l’autore – gran parte del mio lavoro è stato realizzato a titolo gratuito; sono riuscito a remunerarmi soltanto per due dei nove mesi impiegati per questo progetto».
Le radio pubbliche e private, sottoposte alla necessità di limitare le spese, si trasformano in radio di flusso, con sempre meno risorse per produrre contenuti elaborati e complessi che necessitano di grande impegno per ricerca, registrazione e postproduzione: anche la SSR produce limitatamente prodotti di questo tipo. D’altra parte, le piattaforme commerciali non sono particolarmente incentivate a investire in un mercato relativamente piccolo e eterogeneo come quello svizzero: il trilinguismo e la dimensione limitata dell’utenza non giocano a favore della produzione locale su queste piattaforme: «In Francia e in Belgio esistono programmi di finanziamento statali per opere audio prodotte in modo indipendente» afferma Pascal «ed è un bene, perché l’audio fa parte della cultura e contribuisce alla coesione di un Paese. Può anche far riscoprire alle giovani generazioni aspetti dimenticati della nostra cultura e della nostra comunità».
Esperienza molto simile anche quella di This Wachter, classe 1966, professionista dell’audio con un passato di giornalista nei media cartacei e nella radio SRF. Oggi di casa a Berna, realizza opere audio, spesso con un taglio documentaristico, che stanno al confine fra arte e giornalismo e che più volte sono state premiate negli Swiss Press Award. Uno dei suoi ultimi lavori è 8424 Züri West la storia quarantennale della rivoluzionaria rock band bernese raccontata in un podcast musicale in sei episodi. Nonostante il buon successo di pubblico e di critica, anche questo podcast non è stato un successo dal profilo economico: in parte finanziato dal management della band, ha richiesto un grande investimento da parte dell’autore: «Il finanziamento è molto imprevedibile, a volte si riesce a convincere una fondazione a sostenere un podcast, ma questo avviene principalmente su progetti interdisciplinari. Per esempio quando l’audio è legato ad uno spettacolo teatrale o accompagna un’esposizione d’arte. Per l’audio “puro” non c’è quasi nulla».
Senza adeguati finanziamenti, c’è il rischio concreto che gli autori e le autrici siano costretti all’auto-sfruttamento. E se questa può essere una soluzione transitoria, nel lungo periodo l’effetto collaterale è il deterioramento della qualità delle produzioni. Perché anche nel settore audio, la creazione di contenuti di qualità richiede risorse significative: è essenziale compensare adeguatamente la professionalità e l’esperienza necessarie per svolgere questo lavoro in modo efficace. «La cultura della gratuità ci rende la vita difficile – afferma This. Anche se è bello per gli ascoltatori poter accedere gratuitamente alle opere audio, per i professionisti del settore questo è un problema: non ci sono guadagni, nemmeno se qualcuno ha sottoscritto un abbonamento. Non riceviamo denaro dalle piattaforme, i numeri in Svizzera restano troppo bassi».
Tutti questi motivi hanno spinto This, Pascal e molti altri professionisti dell’audio in Svizzera a consorziarsi in un gruppo battezzato con l’evocativo nome di eCHo – rete per la cultura sonora. L’associazione, che mette in rete persone che si occupano della tecnica, autori e autrici, ha lanciato l’ambiziosa campagna 1 milione per la creazione sonora. Si vuole chiedere alla Confederazione di riconoscere a pieno titolo l’audio come disciplina artistica e quindi di provvedere a fornire degli adeguati strumenti di finanziamento. Nonostante gli annunciati tagli a livello nazionale sulla cultura, secondo This Wachter questa cifra non è fuori scala: «Un milione di franchi rappresenterebbe solo lo 0,4% di quanto la Confederazione spende ogni anno per la cultura: è una richiesta modesta considerando che viviamo in un Paese plurilingue. Sarebbe però un primo passo significativo per promuovere in modo sostenibile le creazioni audio. È anacronistico non considerare anche la narrazione audio fra le opere culturali da sostenere».
È dello stesso avviso Pascal: «Con un milione di franchi potremmo sostenere almeno trenta opere l’anno, consentire agli autori di fare ricerca, trascorrere il tempo necessario in studio e seguire una formazione continua, incoraggiare lo scambio attraverso i confini linguistici svizzeri e rafforzare la scena con la creazione di un’associazione professionale ben strutturata».
Autori e autrici audio provano a far rumore per far sentire la loro voce: e se attraverso i podcast sempre più persone li stanno a sentire, chissà se saranno ascoltati anche dalla politica.