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Il jazz che guarda verso lo spazio
Intervista al chitarrista Christian Zatta, alla guida di un progetto particolarmente affascinante
Alessandro Zanoli
Giovane chitarrista ticinese che vive a Zurigo, Christian Zatta fa parte della nutrita schiera di nostri musicisti che hanno trovato oltralpe spazio e orecchie per la propria attività concertistica. Nel suo caso, dopo la frequentazione della Facoltà di jazz all’Hochschule di Lucerna, Zatta ha scelto una dimensione espressiva non solo jazzistica. Il suo stile è molto originale e dà forma a un linguaggio articolato, con brani dall’architettura complessa, a cavallo tra rock, jazz e musica sinfonica. Ne abbiamo parlato con lui.
I tuoi brani sembrano piccoli movimenti di una suite…
Nel trio io sono il compositore, però la versione finale dei brani è comunque un lavoro di gruppo in cui ognuno ha molta libertà, le idee e le proposte di tutti sono sempre benvenute. Più si ha libertà e apertura mentale, più il lavoro finale è migliore.
Da qualche tempo suonate con filmati proiettati alle vostre spalle, addirittura all’interno di planetari…
I NOVA (nell’immagine mentre si esibiscono sul palco) sono nati con l’intenzione di proporre sempre spettacoli audiovisivi. La componente visiva è dunque stata fondamentale sin dall’inizio. Il fatto che poi si sia concretizzato con proiezioni all’interno di planetari astronomici è un complemento arrivato dopo due anni di attività e molte riflessioni. All’inizio pensavamo solo a concerti con proiezioni video tradizionali: i materiali originari erano tratti da documentari e cartoni animati storici open-source trovati sul web. Il primo disco dei NOVA era un concept album, in cui i pezzi e i filmati narravano un’unica storia dall’inizio alla fine. In seguito, quando abbiamo iniziato a suonare nei planetari, abbiamo cominciato a usare video originali creati apposta per ogni singolo brano, collaborando con alcuni visual artist di Zurigo e Berna. Inoltre abbiamo anche la fortuna di poter utilizzare alcuni filmati originali a 360° della NASA.
Di cosa parla The persistence of mistery, il vostro ultimo disco?
Il tema principale dell’album, come dice il titolo, è “la persistenza del mistero”. Questa volta i brani sono ispirati principalmente da fenomeni astronomici che non capiamo completamente o che sono un paradosso. Questi fenomeni per me rappresentano le continue sorprese che la vita ci riserva. Le aspettative vengono molto spesso sostituite dalla realtà e quando ciò accade, bisogna rivedere le proprie convinzioni e trovare nuove soluzioni. L’idea di tradurre in musica riflessioni attorno a fenomeni astronomici o scientifici che sfuggono alla nostra comprensione mi affascina molto. Mi piace lavorare ai limiti delle nostre conoscenze intellettuali e musicali. D’altro canto sono da sempre anche un appassionato di fantascienza. Grazie a mio padre sono cresciuto guardando le puntate di Star Trek. Credo che l’interesse per l’astronomia sia iniziato proprio per questa ragione.
Un modo fantascientifico di concepire la tua musica, quindi?
Attualmente la mia ispirazione musicale viene principalmente dalla musica classica. Con il passare degli anni è diventata un’influenza sempre più importante. Per quanto riguarda i compositori non classici, mi piace molto il pianista Tigran Hamasyan, un musicista che unisce metal e jazz alla musica tradizionale armena. Mi piace stimolare l’immaginazione e accompagnare chi ascolta in un viaggio musicale vero e proprio. Sono convinto che quando un brano ha una sua «personalità» sa catturare l’attenzione senza difficoltà. Se non ci riesce, c’è da rifare qualcosa.
Ma il tuo mondo musicale di riferimento è più jazzistico o classico?
Da ragazzo ascoltavo e suonavo principalmente rock classico e progressive rock. Quello del rock insomma è un vocabolario che conosco: da bambino ero innamorato dei Metallica e da teenager un grandissimo fan dei Dream Theater. La chitarra che ho suonato come strumento principale per diversi anni è un modello John Petrucci, il loro chitarrista. Poi più tardi la mia formazione musicale jazz, a Lucerna e a New York, mi ha fatto ampliare molto il vocabolario musicale e la visione artistica. L’attitudine fondamentale dei NOVA è jazzistica al 100 per cento.
Come ci si differenzia sul mercato, un mercato in cui si muovono molti altri giovani musicisti?
Con questa scelta di esibirci in luoghi diversi e di illustrare la nostra musica con visuals cerchiamo proprio di differenziare la nostra proposta artistica. Il compito di ogni musicista alla fine (viste anche le difficoltà per emergere) è dire qualcosa di proprio, qualcosa che ti contraddistingua, ma che sia sincero. Penso alla storia del jazz: chi è emerso ha saputo uscire con qualcosa di proprio, personale, magari non di nuovo, ma qualcosa che rispecchiava la sua personalità. All’inizio della carriera non è però una cosa facile. C’è una specie di conflitto tra la necessità di imparare le tecniche della tradizione, ma allo stesso tempo cercare di allontanarsene. L’ideale sarebbe di riuscire a fare entrambe le cose, specializzandosi sempre di più con il passare del tempo.
Un trio è una piccola formazione che ha vantaggi e svantaggi…
Ho avuto per tanto tempo il desiderio di suonare in trio, ma dovevo prendermi la responsabilità di fare questo passo, perché suonare in trio è probabilmente la seconda cosa più difficile da fare come chitarrista (dopo la performancecompletamente da solista). Questo tipo di format mi piaceva perché aiuta molto a essere creativi: bisogna capire come fare per avere un suono pieno, ma contemporaneamente si può essere anche minimalisti. Mi piaceva il fatto di avere questa apertura e di dover trovare soluzioni creative per gli arrangiamenti. In un trio ognuno ha una parte fondamentale e tutti lavorano al limite delle possibilità. In questo contesto ognuno ha molta libertà, ma anche molta responsabilità.
Progetti futuri?
Abbiamo iniziato una collaborazione con un’orchestra di musica da camera, la Sinfonietta di Lucerna. Suonare e arrangiare le mie composizioni con un’orchestra è un mio sogno da sempre. Suoneremo nella sala multimediale «Moderne» a Lucerna. Lì i visuals verranno proiettati su tutte le superfici mentre noi ci esibiremo dal vivo. Ci saranno due serate, venerdí 22 e sabato 23 marzo. Per la seconda data organizzeremo un bus che sabato nel tardo pomeriggio partirà dal Ticino e che riporterà tutti a casa direttamente dopo il concerto. Saranno due serate indimenticabili. Suoneremo sia pezzi nuovi che brani dei dischi precedenti. Il tutto riarrangiato per band e 15 musicisti classici.
Quando ti vedremo in Ticino?
Per una data con questo progetto in Ticino non posso ancora rivelare nulla, ma siamo in trattativa e spero di poter annunciare qualcosa al più presto. Posso anticipare che a maggio saremo di in tour e martedì 7 maggio suoneremo in diretta radio e streaming agli studi radiofonici di Besso, per la trasmissione Musica viva di Rete Due. Non ci sarà pubblico in sala ma si potrà ascoltare o guardare in diretta la performance dal vivo.