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Ginevra centro di voci e performance artistiche
Festival ◆ Das 1 al 24 febbraio una nuova edizione di Antigel ha animato la città romanda con il suo programma controcorrente
Giorgia e Muriel Del Don
Con la sua quattordicesima edizione Antigel ancora una volta ha trasformato la città di Calvino in un’incubatrice di spettacoli, concerti e performance. Che si tratti di passeggiate sonore tra i palazzoni di quartieri periferici, di concerti hip hop che risuonano nei depositi di grandi magazzini convertiti in sala da concerto undergroud o di performance folk intimiste in chiese che profumano di incenso, le proposte di Antigel sono decisamente fuori dagli schemi. Determinati a valorizzare il territorio dei comuni ginevrini grazie alla cultura e all’arte, Eric Linder e Thuy-San Dinh, codirettori e cofondatori del festival, da sempre puntano a regalare spettacoli di grande intensità emotiva e quest’anno hanno osato più del solito. Un osare provocatorio ma mai violento, come un amuleto grazie al quale affrontare e combattere, con dolcezza, l’intolleranza che sempre di più sembra impossessarsi del nostro quotidiano.
Tra le proposte più intense c’è stato il concerto di José González al Victoria Hall. La maestosa sala vestita di stucchi barocchi ha accolto con gioia gli ipnotici ed irrequieti sussurri del cantante svedese di origini argentine che ha deliziato il pubblico spingendolo a viaggiare con la mente in territori sconosciuti. La potenza delle sue composizioni, al contempo incantatrici e misteriose, invitano a chiudere gli occhi lasciandosi cullare da un mare di minimalismo tipicamente scandinavo. Accompagnato solo dalla sua chitarra classica e dalla sua voce, José González ha proposto al pubblico un viaggio totale alle radici del folk. Struggente e catartica invece l’interpretazione delle cover del capolavoro di Samuel and Garfunkel Kathy’s Song e di Love Will Tear Us Apart dei maestosi Joy Division.
In un registro decisamente più oscuro ma altrettanto potente abbiamo visto gli Swans, una delle band più importanti della scena rock sperimentale dei primi anni Ottanta che con la loro musica potente e inebriante hanno affrontato il tema della violenza umana.
Decisamente sorprendenti e coinvolgenti sono stati anche i concerti dei pionieri dello shoegaze Slowdive e del menestrello hipster francese (ma belga d’adozione) Flavien Berger. I primi, risorti dalle ceneri come una fenice, davanti ad un pubblico in delirio hanno confermato il loro statuto di icone dreampop, pionieri di sonorità al contempo rugose e sognanti che ridanno potere e dignità alla fragilità. Onirici, malinconici e volutamente nerd, gli Slowdive non hanno perso nulla della loro carica sovversiva, paladini di una diversità e di una timidezza che indossano con fierezza.
A portare avanti le loro rivendicazioni ci pensano oggi artisti come Salvia Palth, Alex G o la meravigliosa Ethel Cain, segno di un bisogno sempre più urgente di narrazioni alternative, anche attraverso la musica. Flavien Berger un po’ hipster, ma non troppo, si è imposto sul palco con una inconsueta ma voluta lentezza. E da questo caos calibrato sono nate giocose e seducenti orchestrazioni pop che ci hanno fatto sognare, come se ci trovassimo sotto le coperte, protetti tra i muri della stanza nella quale abbiamo passato la nostra adolescenza.
Per le arti sceniche, impossibile non citare la maestosa e misteriosa Gisèle Vienne, papessa di catartici cerimoniali dark. Con Extra Life, coprodotto dalla Comédie di Ginevra, l’artista franco austriaca (nella foto) immagina un rituale scenico durante il quale i protagonisti possono esorcizzare la propria dolorosa e traumatica storia personale. Quello di Gisèle Vienne è un teatro che tocca corde sensibili, un’esperienza umana iper intensa che travalica il palcoscenico. Brutale e liberatorio è anche lo spettacolo Kit de survie en territoire masculiniste di Pintozor Prod. e Marion Thomas che propone al pubblico una passeggiata sonora per riflettere sulle violenze di genere. Un viaggio disturbante ma necessario nel quotidiano di uomini che odiano le donne. Spettacolo che ha fatto sensazione al festival di Avignone e al Fringe di Edimburgo, Kit de survie en territoire masculiniste affronta senza tabu un tema estremamente (e terribilmente) attuale mostrando, attraverso il mezzo teatrale, quanto sia necessario liberare la parola di chi, la violenza, l’ha subita in prima persona.