azione.ch
 



Il gioco di specchi di Peter Stamm

Su Play Suisse c’è il singolare documentario girato attorno allo scrittore turgoviese, già vincitore dello Schweizer Buchpreis
/ 26/02/2024
Daniele Bernardi

Da fuori, la quotidianità di uno scrittore al lavoro risulta inevitabilmente piatta. Lo ha sostenuto anche Yu Hua, il grande romanziere cinese ospite a Babel Festival nel 2017: il tutto si consuma tra letto, cucina e scrivania. Nei casi migliori ci scappa una corsa o una passeggiata, per dare una rinfrescata alle idee.

Ciò che accade è la compenetrazione tra il libro di Stamm, in cui si narra di un’equipe che realizza un documentario su uno scrittore, e il film, riflesso e origine di quest’idea

Vite alla Jack London sono piuttosto rare, anche se non impossibili: una volta vi erano i modelli tipo de Sade, per i quali prima della reclusione scritturale (nel suo caso effettiva) si consumava un’esistenza attiva e di studio. Poi è venuto il turno dei Rimbaud (che però, ricordiamolo, ha scritto poco e in poesia) e dei Conrad, nel cui destino risuona il motto «prima si vive, poi si scrive».

La vera avventura, ammettiamolo, ha luogo dentro, nell’immaginario, dove non è possibile accedere se non in un secondo tempo, quando quel «resto» che è la parola finisce su carta una volta per tutte. Qualcuno, però, questa avventura segreta ha provato a documentarla, a seguirne le tracce e gli sviluppi come chi studi i movimenti sotterranei della lava vulcanica prima dell’eruzione.

Disponibile fino al 7 aprile su Play Suisse (la piattaforma streaming della SRG SSR), Gioco di specchi – Quando Peter Stamm scrive (2023) è un insolito, «falso» documentario di Aenne Schwarz e Max Simonischek che, se da un lato apparentemente ricorda Libellula gentile. Fabio Pusterla, il lavoro del poeta (il film di Francesco Ferri dedicato all’autore delle Concessioni all’inverno), dall’altro si presenta come un’opera astuta, in cui sfugge il limite tra realtà e finzione, fra interno ed esterno.

Infatti Gioco di specchi dichiara la presenza stessa dei suoi creatori attraverso due interpreti, gli attori Arne Kohlweyer e Georg Isenmann, che calzano, rispettivamente, i panni di una regista e di un cameraman alle prese con un progetto sul noto autore di Agnes (Neri Pozza, 2001) e del più recente Andarsene (Casagrande, 2022). Questi, però, in verità non rappresentano altri che Andrea e Thomas, i protagonisti ideati da Stamm per il suo ultimo libro. Da spettatori, come si suol dire, cadiamo con tutte le scarpe nel tranello e se, in un secondo tempo, non approfondiamo un poco, pensiamo sia stata davvero la coppia di interpreti a girare il film.

Ci si potrebbe chiedere il perché di questa scelta, che, personalmente trovo efficace, affascinante e azzeccatissima. La risposta si trova all’inizio, quando lo scrittore, interrogato dai due a riprese concluse, alla domanda «come può un film (…) rappresentare qualcuno?» risponde «Non credo sia possibile (…). Il film tratta di come lui (Stamm si riferisce a sé) scrive e non di sé stesso. Non si tratta di mostrare ciò che lo caratterizza, sarebbe senza speranza. Si tratta di osservare ciò che accade».

E ciò che accade è la compenetrazione tra il libro di Stamm, in cui si narra di un’equipe che realizza un documentario su uno scrittore, e il film, il quale è, al contempo, riflesso e origine di quest’idea. In parole povere, per parlare dei movimenti dell’arte è necessaria l’arte stessa, poiché ogni tentativo di oggettivazione della creatività (e non solo) è destinato a fallire. Come affermava Freud «i poeti (…) sanno in genere una quantità di cose (…) che il sapere accademico neppure sospetta». Ecco che, allora, nelle mani gli uni degli altri, scrittore e registi diventano parte di una doppia rifrangenza, dove tutti sono personaggi di tutto.

Ma con Gioco di specchi – Quando Peter Stamm scrive l’autore di In einer dunkelblauen Stunde (S. Fischer Verlag, 2023) – ecco finalmente il titolo del romanzo al centro della vicenda – sembra volerci suggerire altro, oltre a qualcosa sul suo modo di vivere la letteratura. E questo altro indica l’impossibilità di afferrare la realtà, oltre che nelle sue molteplici sfaccettature, nel suo essere fantasmatica perché, come direbbe ancora Freud, carica di pesi inconsci e, quindi, perturbante.

Informazioni

www.playsuisse.ch