azione.ch
 



Rivoluzione podcast: piace a tutti e a tutte le età

Incontro con Jonathan Zenti, autore indipendente di audio e di podcast, che apre una serie di riflessioni e approfondimenti       legati al mondo dell’audio on demand che oggi è in grande fermento ovunque
/ 12/02/2024
Natascha Fioretti

In Svizzera sempre di più si ascolta la radio. Lineare, musica in streaming e soprattutto podcast. Dati alla mano, a dircelo è il rilevamento IGEM Digiminonitor 2023: tre milioni di persone in Svizzera ascoltano occasionalmente i podcast, di questi quattrocentomila quotidianamente o quasi. Per Nico Leuenberger di casa a Winterthur, produttore di podcast e fondatore di Podcastschmiede (lo intervisteremo presto sulle nostre pagine), si tratta di «un fenomeno culturale per cui sempre più persone nel loro quotidiano ascoltano podcast» (intervista a SRF info). Interessante notare come l'aumento di ascolto di podcast interessi tutte le fasce della popolazione e tutte le età. E di podcast ce ne sono per tutti i gusti: da quelli che parlano di crime, musica, letteratura, giornalismo e inchieste, c'è l'imbarazzo della scelta. Non a caso lo scorso anno, grazie a Suisse-Podcast Awards, per la prima volta in Svizzera si sono premiati i migliori lavori in questo ambito.

Per fare un tuffo nel mondo dei podcast a partire da quello linguisticamente e culturalmente a noi più affine, iniziamo il nostro approfondimento e la nostra riflessione sul tema con Jonathan Zenti, autore indipendente di audio e podcast che per molti anni ha collaborato con Radio3 e con le più importanti radio internazionali come BBC, CBC e ABC Australia. Nel 2016 è arrivato secondo a Podquest, il primo talent per podcast negli Stati Uniti e si è aggiudicato due tra i più prestigiosi premi internazionali per l'audio: l'Hearsay Award in Irlanda nel 2015 e il Third Coast Award a Chicago nel 2018.

Partiamo da una domanda facile: Jonathan Zenti che podcast ascolta?
Ho due momenti di ascolto nelle mie giornate. Uno è quello per lavoro, l'altro per diletto. Nel primo caso ascolto quello che viene consigliato su alcuni articoli, alcune riviste che parlano di podcast, presto attenzione alle segnalazioni sui social media e ai consigli di altri quando mi dicono: «Ascoltalo perché ne vale la pena». Cerco quindi sempre di trovare quello che sta uscendo di nuovo e soprattutto ascolto podcast in lingua inglese per anticipare le uscite in italiano. Ascolto con un orecchio attento se c'è qualcosa che segna uno scenario nuovo. Da un lato il mio è un ascolto molto ossessivo. Poi invece ci sono dei momenti – che non sono tanti – in cui ascolto i podcast per piacere. Quando non lavoro, per esempio, quando vado e torno in dal mio studio di registrazione a Milano.

Degli esempi concreti?
In italiano ascolto da molti anni il podcast di Alessandro Barbero anche perché ha la durata per un'andata e un ritorno dal lavoro. Poi ascolto alcuni podcast de «il Post» come Indagini (racconta cosa è successo dopo alcuni dei più noti casi di cronaca nera italiana. Una storia ogni mese, il primo del mese, a cura di Stefano Nazzi) o alcune delle serie che fanno sempre sul Post. Ascolto alcuni contenuti di Raiplay sound, e alcune serie che vengono magari suggerite, consigliate e poi ascolto il podcast di autori che mi piacciono, che conosco e seguo di persona, un po' più piccoli e indipendenti ma secondo me molto innovativi. Penso ad esempio a un podcast che si chiama Camposanto dedicato a chi ama i cimiteri oppure un altro dal titolo C'è vita nel Grande Nulla Agricolo?, una fiction ambientata in una pianura padana distopica che ci parla di cani scomparsi, misteriose luci nel cielo, auto fantasma e molti altri eventi inspiegabili. Perché – cosi recita la serie – proprio dove non accade mai nulla può accadere di tutto. In inglese invece ascolto un podcast che si chiama The Allusionist che parla di storie che hanno a che fare con le parole. Ascolto molto un podcast che si chiama Maintenance Phase in cui Michael Hobbes e Aubrey Gordon discutono di stereotipi sui corpi grassi, un tema che mi interessa molto.

Per dare anche un'indicazione ai lettori che vogliono scoprire nuovi ascolti: cosa segue per non perdere le uscite delle ultime novità?
Per le cose di lingua inglese c'è una bellissima rassegna del «Guardian», Podcast of the week, dove sono le persone a congliare i podcast in base ai loro ascolti. Anche per gli Stati Uniti ci si regola sulle persone che hanno ascoltato un podcast senza fare da amplificatore dei comunicati stampa. Inoltre c'è questo autore esperto di podcast che è uno dei più seguiti e si chiama Nicholas Quah e adesso scrive per «Vulture», dove pubblica le sue segnalazioni. C'è sempre un motivo per cui le fa e a volte consiglia delle cose piccole, sconosciute, che non appartengono a grandi gruppi editoriali. Io parto sempre da li. In Italia c'è una newsletter dedicata esclusivamente a consigli di ascolto che si chiama Orecchiabile (esce una volta ogni due settimane, il giovedì), poi c'è un'altra newsletter che è un po' più industriale e si chiama Questioni di orecchio, utile per restare aggiornarti sul mercato in generale.

Lei scrive recensioni di podcast in inglese e in italiano per «Internazionale» che ha una sua sezione podcast. Quali elementi deve contenere una recensione?
In entrambi i casi per me vale il criterio di scelta e selezione, ho sempre questa frase guida di un designer che seguo e dice: «Le persone reagiscono sempre a delle cose che hanno un significato». Cerco di tenere a mente quell'idea e di dare risalto (la recensione è anche il vettore di grande scopribilità di un podcast) a dei lavori che hanno un po' di significato. Chi li ha fatti li ha fatti con forza espositiva e creativa. È importante individuare il criterio di scelta in modo che anche i lettori nel corso del tempo abbiano il loro punto di riferimento. Detto questo, per le recensioni parto sempre un po' dalla trama, delineo gli elementi cruciali della storia – per lo meno l'incipit, la partenza la descrivo sempre. Ad esempio, qualche settimana fa ho recensito un podcast australiano che si chiama Expanse e ci occupa di storie di avventura, resilienza, amicizia e sopravvivenza. Quel tipo di storie che si raccontano ad un amico al pub davanti a una birra. Cerco sempre di inserire un elemento di critica, di dire se qualcosa poteva essere fatta meglio. Adesso il ruolo di recensore è sempre più una cassa di risonanza dei comunicati stampa. Io però tutte quelle cose le ascolto prima di scrivere e cerco sempre anche di dire se ad esempio c'è troppa musica; commento gli elementi che si potevano curare meglio ma spiegando perché vale comunque la pena di ascoltarlo.

Il mercato dei podcast è molto vivace. Ci sono podcast documentari, giornalistici, d'inchiesta, letterari e penso in particolare a quello della SRF Zwei mit Buch che parla di libri. Nell'ambito podcast c'è un genere che funziona, si presta meglio di altri
Facendo la consulenza per gli altri o sviluppando dei podcast per gli altri, quando si parte uno dei primi lavori è decidere che cosa intendiamo con il fatto che una cosa debba funzionare, perché ci sono tanti aspetti che non sono assoluti ma relativi. Per esempio, rispetto al budget a volte ci possiamo dire che ci interessa essere i più ascoltati, ma per farlo dobbiamo assoldare magari una persona famosa che ci costa di più di quello che ci possiamo permettere e quindi alla fine non funziona. Nel mio caso ci tengo a fare delle cose che stiano in piedi, siano ripetibili e siano sostenibili. E che magari però non arrivano al grande successo. Una cosa che funziona molto bene, ad esempio, sono i podcast legati al crimine, al true crime, cosa che vale in generale per tutti i contenuti digitali. Anche nei trend di YouTube sono sempre in cima. I podcast si prestano molto anche a contenuti comici e leggeri. Poi ci sono le mode, come ad esempio i podcast intervista. Negli Stati Uniti due o tre anni fa andava forte Armchair, ora vediamo un certo entusiasmo anche sul mercato italofono anche perché sono semplici da trasformare in video – pezzi di video si possono diffondere sui social – allegria del mercato dell'algoritmo.

Un esempio di podcast fatto bene che funziona nel tempo?
Sicuramente Morgana, che è stato uno dei primi a nascere dal punto di vista editoriale e che fino alla morte di Michela Murgia è stato sempre molto ascoltato e adesso ha anche un modo di reinventarsi con altri autori e altre autrici, altre voci. Ha dei suoi sponsor e una sua economia: quello per me è un podcast che funziona perché presenta storie molto legate a un mondo femminile connotato da una forte identità che negli anni ha saputo raggiungere dei livelli di performance in alcune fasi eccellente in altre normale ma c'è sempre stato.

L'editore del «Mirror»qualche giorno fa diceva che tra cinque anni il giornale cartaceo non sarà più sostenibile mentre il digitale entro allora avrà trovato il suo equilibrio. Tanti giornali da diverso tempo hanno introdotto i podcast. Primo tra tutti il «Guardian» vent'anni fa, che ha il podcast sul calcio più seguito al mondo e lo scorso anno ha festeggiato i cinque anni di Today in focus, podcast che racconta il meglio della testata con 250 milioni di ascoltatori. In più, i giovani leggono sempre meno ma ascoltano contenuti audio on demand. Cosa ne pensa?
Quando pensiamo a cosa succederà tra cinque anni parliamo di ipotesi. La stessa fine del cartaceo l'abbiamo prevista quando è arrivato sul mercato l'iPad e invece non è stato cosi. Certo, se penso alle nostre vite, quelle urbane in particolare, sono pochi i tempi e gli spazi in cui si trovano trenta minuti per sfogliare il giornale. Abbiamo più degli angoli, dei momenti di tempo e di spazio in cui consumare velocemente degli aggiornamenti. Personalmente consiglio di non pensare ai podcast come a un tentativo per salvarsi da altre criticità o momenti di crisi. Perché una strategia funzioni vanno fatti una buona analisi e un buon investimento. In italia abbiamo l'esempio virtuoso de «Il Post». Nel suo caso i podcast funzionano molto bene perché i loro vettori stavano già lì dentro. In generale, per chi non ci ha ancora pensato, è difficile farlo in questo momento storico per come sono messe le strutture editoriali. Certo, il podcast rispetto alla carta costa molto meno, ma per riuscire ci vuole un progetto editoriale forte pensato nel lungo termine.

Come si vive da podcaster ?
A questa domanda rispondo sempre che a me piace andare alla piscina pubblica. Se volessi la piscina privata farei altro. Dopo l'esperienza in radio, per fare podcast per molti anni ho fatto anche il barista di sera. Ora sono arrivato al punto che posso concentrarmi sul mio lavoro e sulla realizzazione dei miei contenuti. In ogni caso, se si vuole stare nel mondo dei podcast la parola d'ordine è diversificare. Poi ci vuole anche grande passione.

Tra i tanti progetti che ha seguito mi ha incuriosito quello che ha fatto per il brand Giorgio Armani in cui vengono ritratte varie modelle e personaggi della moda. Com'è andata?
È un progetto di cui sono molto contento, dal punto di vista produttivo è stata un’esperienza interessante perché era il 2021, eravamo ancora in piena pandemia e il progetto era molto complesso. SI trattava di realizzare delle interviste fatte da un giornalista che stava a Londra e delle modelle, delle personalità, delle influencer e testimonial che stavano in giro per il mondo: chi a Ibiza, chi a Singapore, e il progetto iniziale – sono stato chiamato dall’agenzia Take off-  era quella di volare, andare in tutti questi posti e fare le interviste in loco. In periodo covid però  sarebbe stato difficilissimo. Quindi ho cambiato l’organizzazione del progetto facendo risparmiare al committente una cifra intorno ai sessantamila euro.  L'ho fatto mettendo in campo una rete di autori sparsi per il mondo e utilizzando questa tecnica del tape sync  per cui abbiamo preso questo studio a Londra dove era basato il giornalista, contemporaneamente trovavamo lo studio a Singapore, oppure il fonico che andava a casa dell’intervistata, li mettevamo in contatto e poi costruivamo il suono come se stessero nello stesso studio. Questo in audio è una magia che puoi fare. Poi il mondo della moda prova tante cose contemporaneamente e non c’è stato modo di farne un secondo ma quell’esperimento era andato bene. Poco dopo ho fatto un podcast per Gucci e comunque diversi brand di moda hanno trovato la strada del podcast.

Il progetto bello al quale sta lavorando?
Un nuovo podcast settimanale che uscirà il 17 febbraio, si chiamerà Totale e vuole approfondire i temi legati a come il capitalismo contemporaneo impatta sulle nostre vite di tutti i giorni.