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La Cascina, luogo di vita e di benessere

Sorengo ◆ Bilancio positivo per la casa di quartiere attiva da quasi due anni, che offre spazi aperti a tutti per riunirsi, incontrarsi, cucinare, condividere esperienze e promuovere lo sviluppo locale
/ 12/02/2024
Fabio Dozio

Il suo nome è Santo, Santo Sgrò. Un appellativo forse ingombrante, con tutta la sacralità che comporta. Santo è l’ideatore, promotore, fondatore e, oggi, animatore della Cascina di Sorengo. Un bel rustico riattato finemente e trasformato in una casa di quartiere, che offre spazi agli abitanti per riunirsi, organizzarsi, incontrarsi, per attività diverse o, più semplicemente, per pranzi domenicali conviviali.

La Cascina è aperta da circa due anni, anche se è stata inaugurata solo nell’agosto del 2022. Il bilancio è sostanzialmente positivo, ci dice Santo Sgrò, seduti al tavolone della bella cucina moderna della casa, sorseggiando un caffè. «Nel primo anno sono passate di qui duemila persone, ma l’anno scorso sono già aumentate a 2500. Sono persone che riescono a soddisfare i loro bisogni. Dagli incontri di famiglia o fra amici, la cucina e la grande sala possono essere affittate per pranzi o eventi, ai vari momenti associativi. La lista è lunga: yoga, gruppi di lettura, pilates, serate ricreative, gruppo genitori, teatro, cinema. Alla Cascina si può fare di tutto ed è aperta a tutti, mi piace definirla la casa di tutti: sei a casa tua, ma in un ambito pubblico, che permette di vivere assieme e di condividere esperienze».

Il luogo, che promuove lo sviluppo locale e le cui attività godono anche del sostegno di Impegno Migros nell’ambito dell’iniziativa Ici.insiemequi., come si legge nel sito www.cascina.ch, è aperto ad associazioni, gruppi e cittadini, che possono accedere agli spazi e far capo alle competenze dell’équipe d’animazione per realizzare idee e progetti. Si sviluppa su tre piani che offrono una bella cucina, una grande sala con tavoli, uno spazio multiuso, un atelier dove proporre vari tipi di arte e bricolage, un locale per gli adolescenti, una biblioteca e un ufficio. Sgrò ci tiene a sottolineare che si organizzano serate con adolescenti dai dodici ai quindici anni. «È stato il Municipio di Sorengo a chiederci di offrire qualcosa per i giovani. Così un gruppo di adolescenti frequenta regolarmente la casa e in quelle occasioni discute dei suoi problemi o affronta temi scolastici. I ragazzi sono seguiti e assistiti da due adulti, attivi professionalmente in campo sociale».

Altro tema che sta a cuore ai gestori della Cascina è la promozione di incontri interculturali, per esempio con la partecipazione dell’associazione Il Tragitto, che accoglie donne migranti. Si organizzano pranzi in comune, creando opportunità di incontro e di condivisione, partendo dal cibo. «La Cascina è un luogo di vita – ci dice Sgrò – che crea benessere e facilita le relazioni e le conoscenze fra le persone. Si promuovono anche forme di autoaiuto, per esempio fra le mamme che partecipano al nostro preasilo. Dall’incontro nascono collaborazioni e sostegno nella cura dei bambini, in caso di malattia o di impedimento dei genitori».

Fin dall’inizio è nata una collaborazione con Pro Senectute. Si creano occasioni di reinserimento professionale per persone disoccupate o in assistenza. C’è chi fa le pulizie, chi si occupa di animazione: si tratta di disoccupati che ritrovano la possibilità di esercitare un’attività e si preparano per un eventuale reinserimento nel mondo del lavoro.

Da Ginevra al Ticino

Come è nata questa esperienza che in Ticino è un fiore all’occhiello? Nel nostro cantone non si può certo affermare che vi siano molte esperienze di questo tipo, di spazi per i giovani o per gli anziani, di centri sociali e intergenerazionali o interculturali. «Ho portato in Ticino l’esperienza che ho fatto per una decina di anni a Ginevra – spiega l’animatore – dove ho lavorato nelle case di quartiere e nei “centres de loisirs”. A Ginevra l’animazione socioculturale esiste da una cinquantina d’anni. È una città molto attiva in questo ambito, nello stimolare il lavoro sul territorio, nei quartieri e sul diritto di cittadinanza. A Ginevra ho svolto la mia seconda formazione di animatore socioculturale ed è stata un’esperienza molto formativa: mi ha fatto capire l’importanza dell’ascolto dei bisogni delle persone. Sono rientrato in Ticino con questo chiodo fisso, pensare che anche qui si potesse realizzare una casa di quartiere. Ho preparato, nel 2001, un progetto in questo senso che ho mandato al cantone, ma la cosa non ha funzionato. Il progetto era piaciuto, ma i tempi forse non erano ancora maturi. Però a qualcosa è servito. Da quel progetto è nato Spazio ADO di Lugano, dedicato agli adolescenti, gestito dalla Fondazione Amilcare, dove ho lavorato negli ultimi anni in qualità di responsabile. Il sogno di aprire una casa di quartiere è rimasto vivo. Sono abbastanza cocciuto e quindi non ho mai mollato quell’idea».

Un benefattore illuminato e la fondazione Weak Ends

La Cascina è nata da un incontro che Sgrò ha avuto con una persona particolare, proprietaria di questa casa – un rustico in origine – che ha deciso di investire i mezzi necessari per realizzare una struttura in grado di diventare un punto di riferimento per il comune e per i dintorni. In un primo momento il proprietario pensava di creare una biblioteca ma, discutendo con Sgrò, ha condiviso l’idea di far nascere la casa di quartiere.

«Grazie alla generosità di questa persona, che desidera restare anonima, è partito il progetto della Cascina – racconta Santo Sgrò – In precedenza avevo preso contatto con la città di Lugano, proponendo di realizzare una struttura simile, ma non se ne è fatto niente. È stato indispensabile l’intervento e il sostegno di un cittadino a titolo individuale. Così ho cominciato preparando una mappatura del territorio. Questo vuol dire andare a incontrare le associazioni, le persone attive nel comune, i politici, il Municipio, i vari rappresentanti dei partiti, i docenti, la direttrice delle scuole, incontri individuali o di gruppo che mi hanno permesso di delineare il progetto. È piaciuto e alla fine, anche con l’accordo del Municipio, siamo riusciti ad aprire questo spazio pubblico. Mentre ancora lavoravamo alla preparazione del concetto, si è proceduto con la riattazione del rustico. L’architetto Attilio Panzeri ha progettato la ristrutturazione dell’esterno e l’architetta Cristiana Lanfranconi ha curato la realizzazione degli spazi interni».

Parallelamente alla Cascina è nata la Fondazione Weak Ends, una fondazione di utilità pubblica che ora sovrintende alla gestione della casa. La Fondazione, presieduta dalla psicologa Clelia Zardi, ha lo scopo di sostenere iniziative in ambito educativo, sociale, culturale, nonché di promuovere ricerche e studi.

«Ora stiamo anche lavorando per ottenere il sostegno di enti pubblici – precisa l’animatore – Con il comune di Sorengo siamo in buoni rapporti e riceviamo un sussidio ogni anno. Anche con il Cantone stiamo lavorando per ottenere delle sovvenzioni. Far capire agli enti pubblici l’importanza di questo progetto non è cosa scontata. In Ticino non c’è molta esperienza in questo campo, che si trova al confine tra impegno sociale e culturale. Il comune di Sorengo ha preso atto che siamo una realtà interessante, anche perché l’80% delle oltre duemila persone che sono passate l’anno scorso sono cittadini del comune».

Un progetto unico che guarda al futuro

Marco Galli è il capo dell’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani (UfaG) ed è l’interlocutore della Fondazione che gestisce la Cascina. «Stimiamo i promotori, – ci dice – abbiamo visitato il posto e lo troviamo molto interessante, in particolare come luogo aperto e informale, ma professionale, di socializzazione e di animazione. Un luogo anche bello esteticamente, polivalente e a misura di comunità. Da quello che conosco si modella anche molto a dipendenza dei bisogni, dei desideri e anche delle risorse della comunità locale. Insomma, un progetto di cittadinanza attiva moderno».

Il Cantone può avere un ruolo propositivo per esperienze di questo genere? «Non necessariamente ogni iniziativa deve appoggiarsi sul supporto del Cantone. A volte, una certa indipendenza permette di sperimentare nuove vie di azione sociale e culturale, fuori dai canali istituzionali, con supporti privati o locali. Chiaramente, il sostegno del Cantone si fonda su precise basi legali e quindi si tratta di vedere se questo tipo di progetti offre o può offrire anche delle attività che potrebbero rientrarvi; e questo anche a dipendenza dei progetti e dei target a cui sono destinati. Per esempio, la base legale per le famiglie è diversa da quella per le persone con bisogni particolari o da quella per l’inclusione dei bambini alloglotti. A ogni modo seguiamo con grande interesse questa iniziativa innovativa. La porta del nostro Ufficio poi è davvero sempre aperta».

Quali sono gli obiettivi futuri della Fondazione? «Avremmo la necessità di assumere personale, – sottolinea Santo Sgrò – ma le finanze per ora non ce lo permettono. Abbiamo due persone impiegate al 20%, una signora che si occupa soprattutto di animazione con i bambini e un’altra che si impegna nella ricerca di fondi e nella gestione finanziaria. Un altro obiettivo significativo è riuscire a sensibilizzare le persone che vivono nelle vicinanze, nel quartiere, in modo che diventino protagoniste nella gestione della casa. Un gruppo di sostegno, costituito da volontari, che diventino attori responsabili e protagonisti della Cascina».