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Bibliografia

Günter Grass, Statue viventi, traduzione di Nicoletta Giacon,con i disegni dell’autore, La nave di Teseo, Milano, 2024.


Impareggiabile e inedito Günter Grass

Pubblicazioni/1 – Per La nave di Teseo è uscito un racconto scoperto un paio d’anni fa dello scrittore tedesco
/ 12/02/2024
Luigi Forte

Ci voleva tutta l’esuberante fantasia del vecchio Günter Grass per invitare a pranzo i dodici fondatori e benefattori della cattedrale di Naumburg, che singolarmente o a coppie fanno bella mostra di sé sotto baldacchini di pietra fin dalla metà del tredicesimo secolo. Del resto lo scrittore già da ragazzo amava fuggire, appena possibile, dal presente. E ora, ecco, quel banchetto postumo i cui dettagli possiamo seguire con non poca curiosità nel racconto inedito Statue viventi con disegni originali dell’autore proposto da La nave di Teseo nella versione di Nicoletta Giacon. Scoperto un paio di anni fa negli archivi di Grass il testo, iniziato nel 2003, era stato concepito come un capitolo della sua autobiografia, Sbucciando la cipolla. Ma un tocco surreale lo proietta in un altrove, nel gioco di un’immaginazione in cui passato e presente si scambiano e confondono tra personaggi inafferrabili e pur così vivi.

Tutto nasce da un invito, ai tempi del Muro, nella DDR per un ciclo di letture nelle chiese e nei centri parrocchiali di alcune città, da Magdeburgo a Jena ed Erfurt, tra memorie tardo gotiche, con la possibilità di una breve visita a Quedlinburg e Naumburg. Niente di meglio per un instancabile viaggiatore col taccuino in mano e la matita pronta a catturare scampoli di mondo, anomale silhouettes in fantasiosi e ispidi schizzi e disegni.

Accompagnato dalla moglie, fuggita a suo tempo dalla DDR, che approfitta del soggiorno per gustare le amate salsicce dell’Est, Grass respira aria di epoche lontane e il suo entusiasmo va alle stelle nel coro del duomo di Naumburg di fronte alle due statue del margravio Ekkehard II e di sua moglie Uta, che Umberto Eco definì la più bella donna del Medioevo. Affascinato dai tratti malinconici del suo volto che in parte copre con la veste, quasi a ripararsi dal consorte, lo scrittore inizia a fantasticare su quei tempi lontani che le statue sembrano evocare coi loro sguardi. Ci sono fra gli altri il sorridente Reglindis, il cupo Thimo, il collerico Syzzo e il bellicoso Ekkehard, terrore dei sudditi, e Wilhelm von Camburg, sposo della fedele Gerburg e forse amante della stessa Uta. Personaggi che il Maestro di Naumburg deve aver scolpito utilizzando gente del posto, di casa nei vicoli e nelle locande della cittadina poco prima che l’impero degli Hohenstaufen si sgretolasse. Perché i fondatori veri fornirono solo i nomi. E dunque Grass decide di invitare al suo pranzo domenicale all’aperto proprio quei modelli e, in anticipo sui tempi, serve patate con il quark, bastoncini di pesce e salsicce alla brace e infine una zuppa fredda di ciliegie con gnocchi di semolino. Un gran successo perché la fantasia dell’anfitrione si aggira nel passato con un entusiasmo e una naturalezza sorprendenti, così come la figlia di un orafo, modella per la famosa Uta, non ha difficoltà a proiettarsi nel presente chiedendo una coca-cola per poi correr via a fare la statua vivente.

Impareggiabile Grass, che anni dopo scopre di fronte al portale del Duomo di Colonia una statua vivente, in quegli anni molto di moda, nelle vesti di Uta, tutta grigia, su un piccolo piedestallo, con uno sguardo pietrificato e una ciotola, a una certa distanza, per le offerte. Riconosce la ragazza d’un tempo e in preda a una forte emozione le si avvicina per ricordarle che era stata sua ospite mentre un uomo lo allontana sgarbatamente.

Quel suo sguardo fermo e vuoto dischiudono all’osservatore in bilico fra passato e presente, una sorta di abisso che vorrebbe interpretare e riempire. «Cosa vede – si chiede più avanti scorgendola di fronte al Duomo di Milano – cosa riconosce, cosa la spaventa?». In quel luogo c’erano altre figure: monaci mendicanti, una santa Veronica col sudario, una divinità egizia tutta dorata e poi ancora quell’uomo, forse il suo protettore, con cui lei si allontana. Uno che magari la sfruttava così come, in secoli lontani, il margravio aveva approfittato con brutalità della bellezza di Uta.

La dinamica del racconto lascia intuire che Grass elabora una sorta di resoconto poetico della propria creatività. Come i personaggi scaturiscono dalla sua fantasia, che mescola in questo caso passato e presente in costante connessione, insufflando in essi sempre più vita e realtà. E tutto mentre riemerge anche il disegnatore che dà forma a statue viventi di terracotta, mentre la sua epica immaginazione fa svolare via tempo e secoli con tocco magico e leggero.

Dolore e nostalgia per quella statua vivente non lo abbandonano mai, anche se il tempo passa e nulla è più come prima. Vano resta il tentativo di invitare ancora una volta a tavola i suoi vecchi ospiti, scrivendo i loro nomi su un foglio di carta. Sono ormai lontani, prigionieri del loro tempo e ben felici di sottrarsi alle perverse dinamiche e alle preoccupazioni del presente.

Ma poi durante la Fiera di Francoforte la incontra casualmente ferma di fronte alla sede della Deutsche Bank. Immobile su un piedistallo, nelle vesti di Santa Elisabetta, moglie dello spietato langravio di Turingia: a lui pareva in realtà proprio la sua Uta, che stavolta teneva in mano un cesto pieno di rose rosse. Riuscirà finalmente a parlarle invitandola al ristorante della stazione centrale. Ma al suo arrivo vede di fronte a sé, in panni borghesi, non Uta né Elisabetta, ma «una donna non proprio giovane, sulla trentina», che parla incessantemente. Solo le sue labbra e la lunghezza smisurata del mignolo gli ricordano la lontana nobildonna di Naumburg e la sua ossessione, che al termine del racconto lo metterà in serio pericolo. Un evento drammatico fa deflagrare la tensione narrativa e l’incantesimo di quegli sguardi capaci di evocare storie di ogni tempo e di scorgere, come ricorda da ultimo lo scrittore, «la minaccia del presente, le atrocità del passato e gli orrori del futuro».