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Dove e quando

Aldo Mozzini. Quasi una retrospettiva.

Museo Casa Rusca, Locarno.

Fino al 25 febbraio 2024.

Orari: ma-do 10.00-16.30.

www.museocasarusca.ch


Eclettismo e resilienza di Aldo Mozzini

Il Museo Casa Rusca di Locarno ospita la prima grande retrospettiva dedicata all’artista locarnese
/ 05/02/2024
Alessia Brughera

Quasi. Un avverbio molto caro all’artista Aldo Mozzini, come lui stesso sottolinea: «Penso che quando qualcosa sia quasi come qualcos’altro allora sia ancora più diverso, poiché mette in evidenza il nostro impulso a rispecchiarci nelle cose e a essere ingannati dall’apparenza». La parola «quasi» non indica per Mozzini una mancanza, un’incompletezza, incarna piuttosto l’idea di una dissomiglianza che ha il sapore di libertà e di superamento.

Non è un caso, allora, che questo termine appaia nel titolo di molti lavori realizzati da Mozzini negli ultimi anni e che il suo utilizzo sia sembrato più che opportuno all’artista anche per denominare la mostra a lui dedicata, allestita negli spazi del Museo Casa Rusca a Locarno. Se una retrospettiva fa pensare a qualcosa che si conclude, un «quasi» messole davanti ha il compito di esorcizzare e di relativizzare l’immagine di una rassegna chiusa su sé stessa. Ecco che «Quasi una retrospettiva» diventa quindi il titolo più adatto per un’esposizione che non vuole porsi come un epilogo bensì come un riepilogo del cammino finora percorso dall’artista, rilanciando al contempo un concetto di continua espansione e di apertura verso nuove sfide.

La mostra locarnese, curata da Noah Stolz, ha il merito di collocare l’opera di Mozzini in una prospettiva storica ma anche, si potrebbe dire, fluida, capace di suggerire le relazioni esistenti tra i differenti momenti dell’attività dell’artista e tra le svariate tecniche da lui affrontate. Mozzini difatti ha realizzato migliaia di lavori tra disegni, dipinti, fotografie, sculture e installazioni: instancabile sperimentatore («Non c’è nulla di più noioso di qualcosa che rimane sempre fedele a sé stesso, congelato nel suo presunto stato di grazia», dice), si è sempre mosso tra molteplici linguaggi espressivi in modo inquieto ma tenace. La rassegna di Casa Rusca è stata dunque per lui una preziosa occasione per riscoprire e rivisitare la propria eterogenea produzione e presentarla al pubblico facendo emergere le tante affinità, talvolta inaspettate, tra le opere.

Se Mozzini è noto soprattutto per le sue sculture e le sue installazioni ambientali, non va dimenticato che il suo esordio di artista lo ha visto dedicarsi alla pittura, abbandonata poi nel 1994 poiché ritenuta un medium troppo restrittivo a livello comunicativo e inadeguato a costruire un legame disinibito con la sfera del reale. L’esposizione testimonia questo aspetto meno conosciuto dell’artista, mostrando per la prima volta una porzione significativa della sua opera grafica e pittorica messa a confronto con quella scultorea e installativa, per creare un dialogo imperniato sul modo peculiare di Mozzini di concepire il rapporto tra realtà e rappresentazione, gravitante attorno ad archetipi personali.

Locarno è la città di origine di Mozzini. Da qui egli si allontana negli anni Ottanta per trasferirsi a Zurigo, dove ancora oggi vive e lavora. Il suo essere in bilico tra due identità, quella ticinese e quella zurighese, ha permesso all’artista di elaborare un cifra stilistica in cui le diversità delle due culture di appartenenza diventano un valore aggiunto al suo operato, capace così di penetrare ancora più in profondità nelle maglie della storia e del territorio. Mozzini si muove infatti proprio sul confine tra due modelli identitari differenti, un confine che nel suo caso non separa, non divide, ma accoglie e rende feconda l’idea di discrepanza e di mutevolezza.

Il collocarsi «tra» una cosa e l’altra, proprio lì, dove si annida la distinzione, permette a Mozzini, come scrive il curatore della mostra nel suo saggio in catalogo, «di tenersi in equilibrio in una zona franca, rimanendo riconoscibile ma mai completamente identificabile». E difatti Mozzini può essere considerato a tutti gli effetti un outsider, un artista che si è sempre allontanato dalle etichette e dagli inquadramenti sommari, quelli che spesso fanno comodo, per raggiungere una certa notorietà. Insofferente alle imposizioni della società, la sua è una sorta di ostinata attitudine a opporsi al senso comune, una resilienza alle logiche carrieristiche e alle risonanze del successo.

Certo, è possibile rintracciare nei suoi lavori echi di movimenti e maestri che lo hanno influenzato (come la corrente della Transavanguardia e figure quali Cy Twombly e Giorgio Morandi in ambito pittorico o il Minimalismo e l’Arte Povera in quello scultoreo), ma Mozzini rimane un artista che si smarca da qualsivoglia debito o pertinenza e che riesce a dar vita a opere dalla natura anarchica e atipica.

La ricerca di Mozzini ruota attorno all’esperienza personale del reale e alla memoria intesa come processo di costante ricostruzione e reinterpretazione. Per l’artista è fondamentale dunque scavare nel proprio vissuto per farne emergere i sedimenti più profondi e legare la propria narrazione individuale a quella collettiva, facendo convivere ciò che proviene dalla sfera privata con gli archetipi appartenenti a un patrimonio comunitario.

Dell’inquieto ed eclettico percorso di Mozzini in campo pittorico, la rassegna di Locarno presenta dipinti risalenti al decennio che va dal 1984 al 1994 così come opere degli ultimi anni, testimonianza di un ritrovato interesse dell’artista per questo mezzo espressivo. Ecco allora, tra i lavori esposti, i Quadri bianchi, una serie che si sviluppa dall’idea di lasciare che il colore agisca da sotto una coltre di pittura bianca stesa come la calce sul muro, gli Ex Voto, realizzati su materiali di recupero come carte da parati o pezzi di stoffa ricavati da vecchie lenzuola, e, ancora, i «Black Magazine», riviste «cancellate» con uno strato di pittura nera e usate in seguito come supporto per sperimentazioni in tecnica mista.

In stretto dialogo con i dipinti ci sono poi le sculture e le installazioni che dagli anni Novanta Mozzini crea all’insegna dell’appropriazione di residui di oggetti, materiali edili e rifiuti legati spesso alla sua vita e alle sue frequentazioni. Utilizzando gli scarti come strumenti di ispirazione, l’artista accoglie nei suoi manufatti la memoria di cui ciascun frammento è intriso: nascono in questo modo lavori introspettivi e antiestetici che stimolano la riflessione spingendoci a riconnetterci a un universo archetipico.

Opere come Grottino (IV), del 2023, una baracca fatta di pezzi di legno e cartoncini sgraziatamente inchiodati tra loro che contiene tanti elementi biografici dell’artista, o come Quasi un pupazzo (2021) e Quasi cani (2018), realizzate con gli stracci che Mozzini ha usato durante il corso di calcografia presso la Scuola d’arte di Zurigo, ci parlano di una fusione di arte e vita e diventano la concretizzazione dello stratificarsi di reminiscenze personali e collettive.

I lavori di Mozzini si presentano a noi non come fedeli riproduzioni della realtà ma come una sua possibile ricostruzione: ogni singolo brandello che entra a far parte dell’opera consegna agli altri la propria storia, innescando una conversazione con la nostra memoria.

Insieme a Quasi una retrospettiva, Casa Rusca ospita anche le rassegne dedicate ad altri due artisti contemporanei originari della Svizzera italiana: Karim Forlin e Lisa Lurati, nella cui produzione sono rintracciabili affinità d’intenti e di contenuti con quella di Mozzini. Il visitatore è invitato dunque a percorrere un itinerario allargato in cui scoprire le corrispondenze tra le opere incentrate su tematiche care ai tre artisti, quali il ricordo, l’indagine degli archetipi, il legame con le proprie origini e l’apertura alla globalità.