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The National Gallery, Londra. www.nationalgallery.org.uk


Una tela controversa e duecento anni di storia

Tesoro nascosto – 4  ◆  Retroscena e curiosità attorno alla tela di Paul Delaroche che ritrae gli ultimi istanti di Lady Jane Grey
/ 29/01/2024
Gianluigi Bellei

La National Gallery di Londra è un museo particolare. Diversamente dalla maggior parte delle altre istituzioni non nasce da un nucleo di opere di origine reale o principesca. Più di cento anni dopo che i Medici hanno donato allo Stato di Toscana le loro collezioni, nel 1823 Sir John Beaumont, patrono di Constable, promette di lasciare la propria collezione di opere alla nazione a patto che venga trovata una sede adatta; seguito nello stesso intento dal reverendo Holwell Carr. Nel 1824 nasce così la Galleria. Nei decenni successivi ulteriori donazioni ne arricchiscono il patrimonio.

La National Gallery ha un’altra particolarità: sin dall’inizio non rimane aperta solo agli artisti e ai copisti, bensì a tutti i cittadini, soprattutto i più poveri, e ai bambini. Ancor oggi l’entrata alla collezione permanente è gratuita.

Le opere sono esposte cronologicamente. Nell’Ala Sainsbury troviamo i dipinti dal 1250 al 1500 senza una suddivisione nazionale. D’altronde allora non esistevano le nazioni concepite come oggi; non c’erano la Germania, l’Italia, l’Olanda…

Come non perdersi la pala d’altare dell’Annunciazione con Sant’Emidio di Carlo Crivelli del 1486 o la Vergine col Bambino con Sant’Anna e San Giovannino di Leonardo da Vinci del 1499?

Nell’ala Ovest ci sono i dipinti dal 1500 al 1600. Qui troviamo Bronzino, Correggio, Cranach il Vecchio, Michelangelo, Raffaello, Tiziano, Tintoretto, in una sfilza di capolavori. Nell’Ala Nord ci sono i dipinti dal 1600 al 1700: la fa da padrona la pittura di paesaggio, senza dimenticare la graziosa sensualità delle gambe nude della Giovane donna al bagno in un ruscello di Rembrandt del 1654. Nell’Ala Est ci sono i dipinti che vanno dal 1700 al 1900. Un olio particolarmente controverso è la grande tela L’esecuzione di Lady Jane Grey (nell’immagine) di Paul Delaroche del 1833.

Siamo in pieno Romanticismo, movimento capeggiato da Victor Hugo che nel 1831 pubblica Notre-Dame de Paris. Nella prefazione alla seconda edizione denuncia lo scempio attuato a Parigi con le demolizioni degli edifici storici. Hippolyte, detto Paul, Delaroche (1787-1856) è uno dei migliori allievi di Jean Gros. Al Salon del 1824 presenta tre dipinti, due dei quali vengono ben accolti dalla critica. Inizia così un percorso articolato con dipinti di storia prevalentemente francese come L’imbarcazione da parata di Richelieu del 1829 o Il cardinale Mazarino sul letto di morte del 1830. Una produzione che ha come oggetto il Medioevo o il Rinascimento inglese. La morte di Elisabetta I, regina d’Inghilterra del 1828 segna l’inizio di questa produzione. Renaud Temperini sostiene che Delaroche «alla sua epoca non è meno celebre di Delacroix» per la sua attenzione per l’esattezza dei dati storici e per l’esecuzione levigata e brillante delle impaginazioni teatrali e dei drammi storici pazientemente ricostruiti. Naturalmente non tutti sono d’accordo. Ma vedremo. Dal 1837 al 1841 lavora a un gigantesco Emiciclo all’Ecole Nationale Supérieure di Parigi dove sono raffigurati i maggiori artisti e architetti di tutti i tempi. Una sorta di Scuola di Atene di Raffaello.

Prima di parlare del dipinto in questione scopriamo brevemente chi è Lady Jane Grey. La sua vita sembra un drammone pieno di intrighi che non pare neanche tanto vero. Chi fosse interessato può leggere la sua biografia scritta dal pastore evangelico Paolo Castellina. In breve, il padre è Henry Grey, marchese di Dorset, e la madre Frances Grandon. Nasce nel 1537 e viene educata per essere la futura regina. È piccola, dai capelli chiari e fini. La sua pelle molto delicata con delle lentiggini. Viene trattata come se fosse la figlia del Re. Castellina scrive che si svegliava alle 6 con la preghiera. Seguiva la colazione di pane, birra e carne. Poi continua con le lezioni di greco e latino.

Il dipinto di Delaroche fissa l’ultimo istante prima dell’esecuzione quando Jane già bendata cerca il ceppo per appoggiarvi la testa

Al pomeriggio lezioni di musica e letture bibliche. A 6 anni, per aumentarne lo status sociale, viene mandata dalla regina Caterina Parr sposa di Enrico VIII che, convertita alla fede evangelica, influisce notevolmente su Jane. Tra il 1549 e il 1550 ritorna dai genitori che l’affidano per il prosieguo dell’educazione a John Elmer. A Jane piace scrivere, leggere e fare musica. Il 25 maggio 1553 viene fatta sposare con Guilford Dudley. Tre giorni più tardi muore il re Edoardo VI. Seguono lunghi intrighi per fare decadere la legittima erede la regina Maria, definita dal Consiglio della corona «bastarda», e incoronare Jane. Dopo 9 giorni di regno viene detronizzata e il Consiglio il 19 luglio proclama Maria legittima erede. Incarcerata viene uccisa il 12 febbraio 1554 a soli 17 anni. Castellina scrive che nel momento dell’esecuzione indossa un abito nero con un foulard bianco. Ai pochi presenti dice: «Davanti a Dio e davanti a voi, buoni cristiani, nell’innocenza mi lavo le mani». Dopo averle tolto le vesti il boia le chiede ritualmente perdono. Poi il colpo d’ascia e il carnefice alza la tesa di Jane dicendo: «Così periscano tutti i nemici della regina. Ecco la testa di una traditrice».

Il dipinto di Delaroche fissa l’ultimo istante prima dell’esecuzione, quando Jane già bendata cerca il ceppo per appoggiarvi la testa e non trovandolo viene aiutata dal guardiano della torre. Di fianco, con le calze rosse, il boia svetta sull’abito bianco della ragazza. A sinistra, una damigella addolorata e dietro un’altra volge le spalle al tragico evento.

Nella scheda relativa al dipinto, pubblicata nella Guida del museo, Erika Langmur sostiene che l’artista ha falsato la realtà storica dato che l’esecuzione avvenne all’aperto e non nella torre. In più la regina non poteva avere un vestito di raso bianco con le stecche di balena e sicuramente non i capelli sciolti. Un dipinto levigato, meticoloso, dettagliato che non piace perché rappresenta «l’apoteosi della fragilità femminile, compatita da un garbato carnefice».

Nel 1563 John Foxe nel libro dei martiri scrive: «Che questa degna signora sia conosciuta come una santa: e che tutte le nobili signore che ne portano il nome imitino le sue virtù».

Avrete notato, leggendo, che il 2024 è il bicentenario della nascita della National Gallery. Quest’anno iniziano le celebrazioni. Buon viaggio, anche solo immaginario.