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Dove e quando
Thomas Huber. Lago Maggiore.
Lugano, Museo d’arte della Svizzera italiana – MASI.
Fino al 28 gennaio 2024.
Orari: ma-me-ve 11.00-18.00; gio 11.00-20.00; sa-do e festivi 10.00-18.00.
Il Lago Maggiore di Thomas Huber
Mostra ◆ Sin dalla sua giovinezza l’artista zurighese è legato al lago prealpino che torna spesso ad ammirare dalla riva di Cinzago
Alessia Brughera
È successo a molti pittori: trovare un luogo che ti cattura completamente e dipingerlo in continuazione, quasi a volerne rubare la bellezza per appropriarsene per sempre. Cézanne, ad esempio, lo aveva fatto con la montagna Sainte-Victoire, massiccio calcareo nei pressi di Aix-en-Provence che per il maestro francese era diventato fonte inesauribile di ispirazione.
Per Thomas Huber, artista nato a Zurigo nel 1955, il paesaggio dell’anima è il Lago Maggiore, la cui vista lo ha suggestionato sin dalla giovinezza e sulle cui rive trascorre lunghi periodi ogni anno. Da Berlino, infatti, dove il pittore vive e lavora, sono molto frequenti i suoi spostamenti verso Cinzago, un villaggio sul confine italo-svizzero distante una manciata di minuti da Cannobio.
Da questo minuscolo borgo, con una vista che a nord regala lo spettacolo delle vette delle Alpi elvetiche e che a sud offre allo sguardo le propaggini delle alture che danno sulla Pianura Padana, Huber dipinge quotidianamente il panorama lacustre ammirato dalla finestra del suo atelier, immortalandone il meraviglioso incontro di acqua, monti, cielo e luce che si presenta ai suoi occhi ogni volta diverso, seguendo il trascorrere delle ore del giorno e il succedersi delle stagioni.
Come afferma lo stesso artista, la serie di opere dedicate al Lago Maggiore nasce dall’esigenza di ricongiungersi a quei paesaggi svizzeri a lui tanto cari che adesso può restituire in infinite variazioni. Dopo essersi allontanato per anni da questi luoghi per passare lunghi soggiorni in Inghilterra e in Germania, Huber ha deciso di tornare dove tutto è iniziato: «Di fronte alla casa della mia infanzia c’era un lago. Dall’altra parte del lago potevo vedere le montagne stagliarsi all’orizzonte. Fu in quel luogo che imparai a conoscere me stesso. In seguito, me ne andai da lì. Attraversai le montagne e mi spostai a nord. Il paesaggio davanti a me si fece piatto. Mi soffermai a lungo in questo territorio vago. Essendo privo di delimitazioni esterne, dovevo imporre a me stesso leggi interne, per rassicurarmi. Nel corso degli anni, queste fortificazioni divennero sempre più come una prigione in cui mi ero rinchiuso. Così mi ricordai delle montagne che ai vecchi tempi segnavano l’orizzonte davanti a me. Mi tornò agli occhi quel lago che rifletteva il mio sguardo. Dopodiché, tornai a sud. Fu un ritorno a casa, l’Heimkehr. Il mio percorso si rivelò come un grande cerchio che torna al punto di partenza».
La serie Lago Maggiore, frutto di un lavoro che Huber descrive come ossessivo, dedito e appassionato, è una sorta di frattura rispetto alla produzione pittorica precedente dell’artista, sin dagli esordi rimasta ancorata a un’identità quasi immutabile nello stile e nelle tematiche. È così che i dipinti raffiguranti imponenti edifici collocati in città utopiche e interni di architetture monumentali dalle atmosfere oniriche a cui l’artista ci aveva abituato lasciano ora il posto alla misteriosa potenza del lago e alla forza estetica del paesaggio.
Permane però, filo rosso dell’intera ricerca di Huber, quell’attitudine a saggiare e mettere in discussione le possibilità della rappresentazione pittorica, caratteristica che ha fatto apprezzare l’artista da pubblico e critica sin da quando, nemmeno trentenne, nel 1984 venne invitato da Kasper König a esporre alla celebre rassegna Von hier aus a Düsseldorf insieme a nomi del calibro di Marina Abramović e Joseph Beuys, segnando così l’inizio del suo riconoscimento a livello internazionale. Da allora i suoi lavori fanno parte delle collezioni delle più importanti istituzioni museali, tra cui il Centre Pompidou di Parigi, e la sua indagine artistica continua ancora oggi a destare interesse, come dimostra la partecipazione alla sezione Art Unlimited di Art Basel 2023.
La mostra dedicata a Thomas Huber negli spazi del Museo d’arte della Svizzera italiana a Lugano, nella sede espositiva del LAC, si concentra proprio sul nuovo ciclo intitolato Lago Maggiore, radunando una settantina circa di opere tra tele a olio di grande formato e acquerelli, tutti realizzati negli ultimi anni.
Come si scopre dai dipinti in rassegna, presentati in un allestimento ben riuscito, concepito insieme al pittore, anche in questa serie Huber non abbandona i colori vivaci e le forme nette, e nemmeno il suo tradizionale modus operandi, contraddistinto dal procedere riflessivo e progettuale di chi indaga la composizione nei minimi dettagli. In questi lavori si potrebbe dire che l’approccio dell’artista sia quasi scientifico, come suggeriscono tra l’altro alcuni titoli di opere, costituiti dalla data della creazione del dipinto: al pari di Monet o del già citato Cézanne, Huber esplora le potenzialità della tecnica pittorica attraverso le trasformazioni del paesaggio, arrivando però anche a dare struttura alle emozioni che si provano di fronte alla forza elementare della natura.
Punti di riferimento imprescindibili per questo ciclo sono per lui le opere di Ferdinand Hodler, di Félix Vallotton, di Alberto Giacometti e di Giovanni Segantini, così come le illustrazioni pubblicitarie della Svizzera turistica della prima metà del Novecento, con i loro tagli suggestivi e con le loro tinte briose. Huber reinterpreta così il genere pittorico del paesaggio in chiave contemporanea lasciando che l’ambiente naturale del Lago Maggiore domini incontrastato tutta la serie. E non stupisce allora che la presenza umana in questi lavori, proprio come accadeva in quelli del connazionale Hodler, sia spesso completamente bandita.
Per aprire il percorso espositivo di Lugano è stato emblematicamente scelto il dipinto Heimkehr, datato 2021 (nella foto), non solo per la sua capacità di incarnare quell’idea di ritorno alle origini che ha spinto l’artista a riavvicinarsi al luogo che più sentiva a lui affine ma anche perché rappresenta nella produzione di Huber il momento di snodo tra vecchio e nuovo. Attraverso le sue consuete forme ben definite e le sue superfici impeccabili, in quest’opera il pittore condensa l’universo simbolico che lo ha accompagnato per lungo tempo dischiudendo però le porte a un’inedita visione vibrante del paesaggio lacustre.
In Bellavista, altro quadro particolarmente significativo per comprendere il passaggio alla più recente serie di dipinti, lo specchio d’acqua che riflette le vette alpine innevate si scorge dalle aperture di una struttura architettonica; al contempo però l’artista inserisce un enigmatico quadro nel quadro in cui la natura viene liberata da ogni restrizione per manifestarsi in totale libertà.
Ci sono poi le tele in cui il lago riempie lo spazio pittorico: delimitato dalle catene montuose che si innalzano a destra e a sinistra, viene realizzato da Huber innescando un gioco di riflessi quasi impercettibili. La superficie dell’acqua è liscia, senza alcuna traccia di pennellata. Appare calma, quieta, seppur lievemente animata da modulazioni cromatiche che danno forma a delicate sfumature: l’artista affina abilmente i suoi contorni donandole un chiarore e una brillantezza seducenti.
Le medesime atmosfere dei dipinti si ritrovano anche negli acquerelli esposti in mostra, lavori leggiadri e luminosi che per il pittore sono una sorta di prima creazione in piccolo formato per poi giungere alla più grande dimensione.
Con il ciclo dedicato al Lago Maggiore, Huber testimonia la sua capacità di rinnovare la propria arte pur continuando a portare avanti le considerazioni artistiche che da sempre lo hanno coinvolto. Ciò che più colpisce in queste opere è che il linguaggio impassibile, rigoroso e calibrato tipico del pittore riesca, senza cedere a facili sentimentalismi, a esprimere la presenza del lago come qualcosa di infinitamente più grande di noi, di incommensurabile. Qualcosa a noi vicino ma inafferrabile nella sua arcana profondità.