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«C’è ancora domani» sbanca al botteghino

Cinema – Paola Cortellesi per la prima volta alla regia con il suo film conquista pubblico e critica
/ 20/11/2023
Alessandra Matti

Con quasi due milioni di spettatori nel mese di novembre non ancora terminato, l’opera prima alla regia di Paola Cortellesi è il film italiano dell’anno, c’è poco da eccepire, consacrato dal premio Biglietto d’oro che l’Associazione nazionale esercenti del cinema assegna al film che ha staccato più biglietti da dicembre 2022 a novembre 2023.

Il suo debutto è con una storia semplice: quella della popolana Delia, interpretata dalla stessa Cortellesi, nella Roma del 1946 che si affaccia con speranza alla ricostruzione.

Delia è una donna come tante, come lo sono state tante nonne italiane, portatrici sane di accudimento dei figli e di sottomissione al marito, a prescindere dalla condizione sociale. È sposata con Ivano, a cui dà il volto Valerio Mastandrea, un uomo altrettanto semplice, frustrato quanto basta per riversare sulla moglie la sua rabbia, e che sembra portare rispetto solo all’anziano padre.

E queste «scene da un matrimonio» con affaccio sul cortile, dove la dimensione privata si fonde con quella pubblica, fanno da quinta all’universo maschilista di Ivano, raccontato da Paola Cortellesi con una grazia capace di sublimare la violenza fisica in una danza. Si mescolano i toni, l’ironia irrompe nei momenti più drammatici e le canzoni di ieri e di oggi prendono il posto di emozioni inespresse.

La quotidianità di Delia è scandita da mille incombenze: i figli, la casa, i lavoretti per contribuire al bilancio familiare, l’accudimento del suocero, convinta com’è che deve essere così e che non c’è alternativa alla prevaricazione maschile e all’accettazione silenziosa. Giorno dopo giorno, sopraffazione dopo sopraffazione fino a quando la speranza di un futuro migliore per la figlia e una misteriosa lettera sembreranno poter cambiare un destino già scritto.

Il film ha saputo toccare corde profonde del pubblico, come dimostra il grande successo di questa commedia agrodolce che funge da memoria storica e da specchio collettivo reso ancor più credibile dalla straordinaria prova di bravura degli attori, Cortellesi e Mastandrea in primis, ma anche Romana Maggiora Vergano ed Emanuela Fanelli, che danno volto e voce alla figlia Marcella e all’amica Marisa, fino ai «du regazzì»  di casa.

Come in ogni rapporto madre-figlia che si rispetti, Marcella è la prima a detestare la rassegnazione della madre salvo poi, obnubilata dall’amore e dalla voglia di lasciarsi alle spalle la sua famiglia disfunzionale, non capire che l’amato Giulio in realtà è solo una copia migliorata del padre.

Marisa è l’amica-sorella che regala a Delia un po’ di leggerezza tra una chiacchiera al mercato e una sigaretta fumata in santa pace (come nella foto che le ritrae qui sopra), lo specchio che le restituisce l’idea che un altro maschile è possibile, lei che ha un marito d’oro e la giusta consapevolezza di sé.

Di questa storia ci piace la semplicità della narrazione sostenuta anche da una sceneggiatura volutamente didascalica. E la lingua: una lingua semplice, dove il romanesco smorza la tragicità di certi momenti. La ricostruzione del contesto è coerente, e ci sembra di essere lì nella Roma del dopoguerra con lo sguardo fisso sul futuro che deve per forza essere migliore del passato prossimo. Il bianco e nero del film rimanda al Neorealismo e a una condizione esistenziale dove non sembrano esistere grandi sfumature.

Ci piacciono infine i due messaggi che la regista consegna al pubblico: il riscatto e la speranza.

Il riscatto comincia dalla consapevolezza di un diritto, il primo in un mare di doveri: il diritto di voto al quale Delia si prepara con il vestito della festa, il rossetto sulle labbra e una corsa ad ampie falcate per raggiungere la sua emancipazione.

C’è ancora domani è un film di speranza, quella in un futuro meno gramo e in un destino diverso per la figlia: ma sarà poi così diverso se non si fa davvero qualcosa per cambiarlo?

L’ultima parte del film ci restituisce una donna che, forte della solidarietà femminile intergenerazionale, scopre una nuova sé. Le elezioni del 2 giugno 1946 porteranno 21 donne all’Assemblea costituente su 556 eletti, donne diverse per formazione e schieramento politico: alcune abbandoneranno la politica dopo averne preso le distanze, altre continueranno nella consapevolezza che per cambiare le cose bisogna lavorare insieme.

Delia è una donna di ottant’anni fa, ma è più contemporanea di quanto si possa immaginare; le donne italiane, sue nipoti, sono debitrici alle 21 donne della Costituente e alle loro battaglie, ma anche alle tante donne della porta accanto che hanno provato a cambiare le cose partendo da una presa di coscienza. Perché, come ci ricorda Lao Tzu, un lungo viaggio comincia sempre da un piccolo passo.