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Per garantire la solidità finanziaria dell’AVS

In Svizzera la riforma che entra in vigore nel 2024 copre le spese fino al 2030, in seguito sarà necessario trovare altre fontidi entrate
/ 20/11/2023
Ignazio Bonoli

Il prossimo anno entrerà in vigore l’ennesima riforma dell’AVS. Ancora una volta la decisione delle Camere federali è dovuta passare attraverso un referendum, che però non ha avuto la maggioranza del popolo. Come noto, la nuova legge comporta una flessibilizzazione dell’età di pensionamento, un aumento dell’aliquota dell’IVA e soprattutto un aumento di un anno dell’età di pensionamento delle donne. Il tutto accompagnato però da un costoso sistema di compensazione per le classi d’età delle donne direttamente interessate.

Secondo gli esperti del sistema pubblico svizzero di protezione (AVS, prestazioni complementari PC, invalidità AI), la riforma potrà garantire l’equilibrio dei conti AVS per i prossimi sette/otto anni. Dopo di che si presenterà il solito problema di finanziamenti esterni (soprattutto tramite sussidi della Confederazione e trasferimento di oneri sulle giovani generazioni). Comunque l’aumento del tasso dell’IVA dal 2,5 al 2,6% per il tasso ridotto e dal 7,7 all’8,1% per il tasso normale dovrebbe dare una spinta significativa verso l’equilibrio dei conti. Il che non esclude però pesanti lacune del finanziamento negli anni futuri, soprattutto a causa dell’invecchiamento della popolazione.

Per il momento, però, i responsabili della gestione dei conti (ovviamente soddisfatti della decisione popolare) constatano un miglioramento della situazione. Lo scorso anno hanno infatti potuto contare su 1,63 miliardi di franchi di entrate superiori alle uscite per l’AVS, di 122 milioni per l’AI e di 217 milioni per le PC. Fino al 2030 questa situazione favorevole dovrebbe ripetersi anno per anno. In seguito si potrà comunque contare sulla popolarità dell’AVS, fortemente ancorata nella popolazione. Anche perché il sistema protegge meglio di quello delle pensioni professionali (LPP), grazie all’adeguamento biennale delle rendite all’indice del costo della vita e a quello dei salari. Per le casse pensioni un adeguamento è previsto soltanto se le possibilità finanziarie delle casse lo permettono.

Uno studio dello scorso anno ha permesso anche di verificare che ben l’88% dei pensionati riceve una rendita AVS superiore al totale di quanto versato con i contributi pagati. Questo proprio perché l’AVS conta molto su un sistema di distribuzione, rispetto a quello di capitalizzazione delle casse pensioni. Questo fatto mette inoltre in evidenza l’aspetto sociale dell’AVS, rispetto ad altre forme di previdenza per la vecchiaia. Aspetto sottolineato anche dal fatto che più è alto il salario percepito, più sarà alto il contributo AVS. Si potrebbe qui ricordare anche il concetto espresso dall’ex consigliere federale Hans-Peter Tschudi (definito «il padre dell’AVS») secondo cui i ricchi non hanno bisogno dell’AVS, ma l’AVS ha bisogno dei ricchi.

L’attuale miglioramento della situazione, che grazie alla riforma dovrebbe garantire la solidità finanziaria, secondo le previsioni non dovrebbe protrarsi oltre il 2030. Ancora una volta l’influsso determinante per questa evoluzione sarà dato dalle prospettive dell’invecchiamento della popolazione. Ma non solo. Anche la gestione del Fondo di compensazione delle tre organizzazioni citate (AVS/AI/PC) presenta qualche rischio. Per esempio la «performance» del Fondo è stata negativa lo scorso anno per il 12,85%. Nonostante l’anno difficile per gli investimenti finanziari, il risultato può destare qualche preoccupazione. E questo tanto più che, per esempio, i fondi delle casse pensioni hanno registrato in media una perdita di «solo» il 9,2%. I responsabili del Fondo di compensazione giustificano, in una recente intervista, questa evoluzione con la struttura stessa del fondo che è prevista dalla legge. Uno dei motivi del cattivo risultato viene visto nel fatto che il Fondo non possiede sostanza immobiliare in proprio. Lo scorso anno il parco immobiliare ha in generale resistito meglio alle peggiorate condizioni del mercato. Il Fondo detiene comunque una partecipazione (13%) in fondi immobiliari, che però seguono l’andamento del mercato.

Il motivo principale può però essere visto nell’evoluzione dei prestiti obbligazionari. La quota di questi investimenti è del 53% ed è dettata da preoccupazioni di sicurezza, così come il fatto che gli investimenti avvengono per un terzo in Svizzera e i rischi valutari sono coperti per l’80%. L’aumento dei tassi di interesse migliorerà il rendimento di questi investimenti. Per contro, la quota di azioni al 26% viene considerata bassa, tenendo conto del fatto che l’investimento azionario a lunga scadenza offre buone garanzie di rendimento, per cui un aumento della quota potrebbe essere auspicabile. In Norvegia il Fondo statale ha, per esempio, una quota del 70% in azioni. Negli ultimi dieci anni il fondo di compensazione ha registrato una rendita media del 2,4% all’anno. Da notare infine che il 3% del capitale è investito in oro fisico, depositato presso la Banca cantonale di Zurigo.

I dirigenti del Fondo pensano di investire in futuro anche una quota in debiti privati, quali investimenti alternativi. I dirigenti ammettono di non poter fare a meno di una quota di investimenti in titoli del petrolio, che negli anni scorsi hanno reso 200 milioni di franchi. Infine, è stato confermato che non si sono subito perdite con la crisi di Credit Suisse, che era un partner importante. La quota è stata progressivamente investita in altre banche e solo una parte è rimasta presso UBS. Da notare, infine, che il Fondo deve detenere una parte importante di liquidità per garantire i versamenti delle rendite. Data la situazione, dal punto di vista finanziario, i responsabili ritengono impossibile far fronte a un aumento delle rendite AVS dell’8,3%, come conseguenza dell’iniziativa in corso per una «tredicesima mensilità AVS», senza trovare nuove fonti di finanziamento.

Secondo i calcoli dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali, già nel 2026 si verificherebbe un forte disavanzo tra entrate e uscite. Disavanzo che si avvicinerebbe ai 10 miliardi di franchi nel 2035 e ai 15 miliardi nel 2045. Circolano già alcune idee che permetterebbero di frenare questa evoluzione, tra cui, oltre al miliardo di sussidi federali, un aumento dello 0,8% dei premi a carico di assicurati e datori di lavoro.