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La musica, grande protagonista di Maddalena

Pubblico felice e festante per l’opera andata in scena dal 3 al 5 novembre al Palazzo dei Congressi
/ 13/11/2023
Davide Fersini

Tra gli archetipi narrativi più diffusi nell’inconscio collettivo delle tradizioni popolari europee vi è, senza dubbio, quello di Barbablù, un facoltoso principe che tortura e uccide, una dopo l’altra, tutte le donne che accettano di sposarlo. Al centro delle varie declinazioni in cui questa storia è stata raccontata, troviamo sempre un rituale sadico, ripetuto all’infinito: una volta celebrate le nozze, l’uomo consegna alla nuova sposa un mazzo di chiavi che le darà accesso a tutte le stanze del palazzo. Una porta, tuttavia – ammonisce Barbablù – non dovrà mai essere aperta, nemmeno in assenza dello sposo! (E chi mai potrebbe resistere ad un tale divieto?) Dietro quella porta ognuna delle donne troverà la morte. Tranne una – la più libera – per la quale, però, il destino non cambierà: colei che osa guardare nella stanza dei piaceri segreti del maschio e sopravvive alle ripercussioni di questa inammissibile infrazione, è sicuramente in possesso di una capacità di visione superiore; deve essere pertanto una strega e, come tale, va giustiziata. Barbablù si trasforma allora in giudice e giuria – «confessore e boia». Per la povera vittima la sentenza è inevitabile e deve essere eseguita sulla pubblica piazza come monito per tutte le altre mogli. In un mondo maschile – ci avverte il mito – l’intuizione, la curiosità e la forza vitale femminile devono essere tenute a bada.

Il mito ci avverte e la storia conferma. Si stima che nei due secoli intercorsi tra il 1500 e il 1700, in Europa siano state uccise per stregoneria tra le 30’000 e le 60’000 persone, l’80% delle quali donne. In Svizzera si raggiunse addirittura il picco di esecuzioni in rapporto alla popolazione e non deve sorprendere, dunque, che l’ultima donna condannata come strega sul suolo europeo, Anna Göldi, sia salita al patibolo a Glarona nel 1782. Nell’amalgama di superstizione e misoginia caratteristiche di quei secoli torbidi, furono, però, moltissime le storie di soperchieria, abuso e angheria che terminarono con la morte di una vittima innocente.

A partire dal 2015, con la pubblicazione de Il ladro di ragazze, il giornalista e scrittore ticinese Carlo Silini ha iniziato a raccontare una di queste storie, sedimentata nella memoria popolare sotto le sembianze della leggenda di un Barbablù ticinese – il mago di Cantone – che, nel corso del Seicento, terrorizzò un’intera regione facendo razzia di ragazze nel Mendrisiotto e infine svanì nel nulla. La protagonista di quel primo romanzo, Maddalena, riesce a sfuggire alle brame del feroce predatore, per poi cadere fra le grinfie dell’inquisizione comacina e venire ingiustamente condannata al rogo – come scopriamo nel sequel del 2019 intitolato Latte e sangue.

Le vicende di Maddalena sono diventate in breve popolarissime – a conferma, tra l’altro, di quanto ancora forte sia la presa degli archetipi sui lettori moderni – e la diffusione dei romanzi è stata così capillare da spingere un gruppo di appassionati e musicisti a condensare quei due volumi in un libretto che potesse servire da struttura portante per la realizzazione di un’opera lirica. Era il 2020 quando il noto compositore solettese Thomas Trachsel e il direttore d’orchestra Carlo Balmelli hanno iniziato a girare in note il progetto, avviato dal presidente dell’Associazione Maddalena Renato Bullani e dal regista momò Rodolfo Bernasconi per iniziare un’avventura che si sarebbe conclusa solo lo scorso 5 novembre 2023 al Palazzo dei Congressi di Lugano con l’ultima recita di un’imponente partitura intitolata proprio Maddalena.

Il risultato è un Festspiel, una sacra rappresentazione, un oratorio profano, un Gesamtkunstwerk che dell’opera conserva solo la suddivisione del lavoro in due atti. La macchina scenica ideata da Tobia Botta lo dichiara al primo colpo d’occhio, nel disporre il Coro Lirico di Lugano guidato da Andrea Cupia su una tensostruttura a tre piani, dove rimarrà in piedi e immobile per tutta la durata dello spettacolo – e una lode andrebbe spesa anche solo per questo! – a formare quel muro impenetrabile di «superstizione e misoginia» contro il quale si infrangeranno e sgretoleranno le vite dei personaggi, cui prestano la voce Stephanie Bühlmann, Julia Gertseva, Camilla Antonini, Gianluca Zampieri e Eugene Villanueva.

La regia di Diego Bernasconi descrive fedelmente le vicende seguendo il passo rapido che la musica di Thomas Trachsel detta all’azione. La musica, infatti, più ancora che il canto, è la vera protagonista della serata: per due ore abbondanti il suono dei 93 strumentisti della Civica Filarmonica di Mendrisio ci avvolge, ci scuote, ci trafigge e inchioda alla sedia in una sequenza di invenzioni sonore, rimandi e citazioni che da Wagner porta fino a John Williams.

Il plauso finale non può essere che per Carlo Balmelli, non a caso Premio svizzero di Musica 2023. Intenso e vigile domina le masse immense di questa produzione con una profondità di lettura e una precisione del gesto proprie di un grande maestro. Pubblico felice e festante – Amor omnia vincit!