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Bibliografia
Tutto il mio essere è un canto, Forugh Farrokhzaˉd, Edizioni Lindau, Torino, 2023.

I versi di Forugh Farrokhzaˉd per le donne iraniane
Poesia ◆ Lindau dà alle stampe un’antologia lirica dedicata alla più importante poetessa iraniana del Novecento
Daniele Bernardi
Non è un caso che a un anno dalla morte di Mahsa Amini – la ventiduenne arrestata nel settembre del 2022 dalla polizia morale di Teheran e morta in circostanze mai chiarite – l’editore Lindau pubblichi Tutto il mio essere è un canto, un’ampia antologia dedicata all’opera di Forugh Farrokhzād (1935-1967), disegnata per noi da Ledwina Costantini, considerata in Iran la più importante poetessa del Novecento. «È (…) doveroso ricordare», scrive infatti la curatrice Faezeh Mardani nella sua nota introduttiva, «che questo volume va in stampa mentre le impavide donne iraniane continuano a rivendicare i propri diritti, per un presente di libertà e di pace».
È probabile che pochi, qui, conoscano la dolorosa storia della Farrokhzād, il cui impetuoso talento si espresse attraverso la poesia – sua principale vocazione – nella traduzione, nel cinema e nel teatro.
Nata nella capitale da un militare e una casalinga, Forugh Farrokhzād apparteneva a una numerosa famiglia dell’antico quartiere di Amiriyye. Su iniziativa del padre, lei e le sue sorelle si appassionarono alla lettura quando nel paese la maggioranza delle donne non era ancora alfabetizzata. Ebbe una formazione scolastica orientata all’arte e iniziò a comporre versi in adolescenza. Poi, il primo decisivo evento: a sedici anni, fra lei e suo cugino – il caricaturista Parviz Shapoor, molto più grande di età – sboccia un amore improvviso.
Nonostante il diniego paterno, i due si sposano e hanno un bambino ma, molto presto, la vita matrimoniale si dimostra incompatibile con l’animo e le aspirazioni della scrittrice, «visto che le convenzioni culturali della società iraniana esigono una totale dedizione al marito e alla famiglia». Costretta a scegliere fra la letteratura e il focolare, Forugh Farrokhzād eleggerà la prima come «centro della sua vita» pagando un prezzo durissimo: dopo il divorzio, per legge perderà il diritto a vedere il figlio per il resto della sua esistenza.
Considerata una «poetessa del peccato» perché incline a mettere a nudo i propri sentimenti reconditi (nel 1955 esordisce con la sua prima silloge, Prigioniera), in conseguenza a questi eventi la Farrokhzād sprofonda in uno stato depressivo, al quale segue un ricovero in ospedale psichiatrico. Successivamente, escono altre raccolte: Il muro (1956) e Ribellione (1958), con le quali si guadagna l’attenzione dei letterati dell’epoca.
Al contempo si interessa di arti visive e, soprattutto, di cinema attraverso il suo secondo grande incontro amoroso: quello con lo scrittore e cineasta Ebrāhim Golestān, grazie a cui approderà a un’intensa attività di montatrice, attrice, sceneggiatrice e, anche, di regista (il suo unico film, La casa è nera – 1962 – ottenne il primo premio al Festival di Oberhausen). Purtroppo però il cammino di Forugh Farrokhzād è destinato ad arrestarsi presto: mentre è alla guida della sua jeep per le strade di Teheran, nel 1967 la poetessa perde la vita in un incidente. È il 13 febbraio e ha superato da poco i trenta. Alcuni anni prima era uscita la sua ultima e più importante raccolta, Un’altra nascita.
Con Tutto il mio essere è un canto Lindau propone uno sguardo a volo d’uccello sull’intera produzione della scrittrice, non soffermandosi unicamente sulla poesia ma dando spazio anche a lettere d’amore e interviste (queste ultime davvero interessanti). In appendice, inoltre, si trovano pure alcuni componimenti di altri autori a lei dedicati. Rispetto ad altre edizioni, la raccolta contiene anche le poesie giovanili della scrittrice, «assai rappresentative della sua precoce ed esplosiva vocazione di (…) artista a tutto tondo», ed è proprio menzionando una di queste che invitiamo il lettore ad accostarsi alla sua opera.
«Un giorno arriverà la mia morte: / uno tra questi amari e dolci giorni / un giorno vuoto come tutti gli altri / un’ombra d’ogni oggi e d’ogni ieri. // Oscuri anfratti i miei occhi, / gelidi marmi le mie guance, / un sogno mi coglierà d’improvviso / svuotandomi dal grido di dolore. // Sul mio quaderno lentamente scivoleranno / le mie mani liberate dall’incanto della poesia. / Ricorderò che un tempo, come fiamma, / mi scorreva la poesia nel sangue delle mani».