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Dove e quando
Xanti Schawinsky: Pittura processuale, Museo Casa Rusca, Locarno.Fino al 5 novembre 2023.Orari: ma-do e festivi 10.00-16.30.
Una retrospettiva per Xanti Schawinsky
Mostra ◆ Tra i maggiori esponenti del Bauhaus, i lavori dell’artista basilese naturalizzato statunitense sono ospitati a Casa Rusca
Alessia Brughera
Sono gli anni Venti del Novecento, quando, come molte altre personalità del mondo della cultura dell’epoca, Alexander «Xanti» Schawinsky inizia a frequentare il territorio locarnese attratto dalla forza catalizzatrice del Monte Verità. Qui, l’artista, nato a Basilea nel 1904 e considerato una delle figure più importanti del Bauhaus, trascorre i mesi estivi insieme a Walter Gropius, Marcel Breuer e László Moholy-Nagy, altri maestri legati alla scuola tedesca che hanno rappresentato il punto di riferimento per i movimenti d’innovazione nel campo del design e dell’architettura.
«Facciamo il bagno nudi nel lago», annota Schawinsky in un suo manoscritto: per l’artista la regione che circonda il Monte Verità diventa un mondo alternativo, luogo di incontro intellettuale e rifugio a stretto contatto con la natura per spiriti liberi e riformatori come lui.
Schawinsky soggiorna assiduamente sul Lago Maggiore fino al suo esilio negli Stati Uniti nel 1936. Le sue permanenze sulle sponde del Verbano rincominciano poi agli inizi degli anni Sessanta, quando fa ritorno in Europa dividendosi, fino alla propria morte, tra il Ticino e New York. Quanto Schawinsky amasse queste località lo dimostra il fatto che nel 1966 si costruì una casa a Oggebbio, comune italiano poco distante da Locarno, utilizzandola come residenza secondaria e atelier nonché come base da cui seguire la sua intensa attività espositiva che lo vide coinvolto nell’ultima mostra da vivo nel 1979, anno della sua scomparsa, presso la Galleria Flaviana di Locarno.
Nato da una famiglia di commercianti ebreo-polacca, Schawinsky è stato pittore, designer, fotografo e scenografo. Una visione limitata della sua opera ha fatto sì che ancora oggi venga inserito nella storia dell’arte del XX secolo soltanto per le sue idee sulla riforma del teatro, associando il suo lavoro a quello di Oskar Schlemmer, suo docente presso il Bauhaus. Ben più ampio però è il respiro del suo percorso creativo, capace di rapportarsi alle principali correnti del modernismo europeo e americano nel periodo che precede e che segue il secondo conflitto mondiale, rappresentando così lo scambio transatlantico di tendenze artistiche di quel momento storico.
Già all’età di vent’anni, come ben spiegato in un saggio del catalogo della mostra di Locarno dal suo curatore, Raphael Gygax, Schawinsky si muove nei diversi contesti culturali europei con quella flessibilità che si rispecchia anche nella sua pratica artistica, contrassegnata da una vera e propria «gioia della sperimentazione». Da quando la pittura, negli anni Quaranta, diventa il suo principale interesse, Schawinsky si distingue per il carattere processuale e performativo del proprio lavoro, affrontando la dissoluzione dei confini tra i vari mezzi espressivi e concentrandosi sul procedimento di formazione dell’opera.
Spontaneità, assenza di regole rigide e abbandono dei mezzi convenzionali sono solo alcuni dei requisiti importanti della sua produzione artistica, che nel 1969 si prende la briga di scrivere un saggio, intitolato About the Physical in Painting (Sulla fisica nella pittura), in cui far confluire tutte le sue idee a riguardo. «La totalità può essere avvicinata attraverso una maggiore mobilitazione delle risorse del corpo e la scelta o l’invenzione di nuovi strumenti», sottolinea l’artista. Al pari della sua aspirazione a un «teatro totale», nella pittura Schawinsky punta a sfruttare opportunità ancora inutilizzate, ponendo l’accento sul processo intellettuale e progettuale dell’opera: il fare arte diventa così un percorso, un rituale, piuttosto che la realizzazione di un prodotto finito.
Scorrendo la biografia di Schawinsky si evince come la sua esistenza sia stata pregna di esperienze importanti, il cui filo conduttore è da rintracciare proprio nella ricerca continua di approcci inediti alla creazione: la frequentazione del Bauhaus, non una semplice scuola ma il simbolo di un modus operandi e di uno standard di vita che l’artista fa propri; la permanenza dal 1933 al 1936 a Milano, dove Schawinsky si afferma come grafico pubblicitario di successo; l’esilio negli Stati Uniti e l’insegnamento al leggendario Black Mountain College nella Carolina del Nord, culla delle sue prime forme di «happening» che sarebbero state fondamentali per un altro affiliato della stessa istituzione, John Cage; il trasferimento nel 1938 a New York per lavorare come grafico e docente di pittura presso la New York University e il City College; infine il ritorno in Europa nel 1961, dove si muove tra la Germania, l’Italia e la Svizzera pur con numerosi soggiorni nella Grande Mela.
L’ampio raggio di azione dell’artista e il suo confrontarsi con stimoli differenti traspare bene dalle opere selezionate per la mostra locarnese, incentrata soprattutto sulla produzione degli anni Sessanta e Settanta. Tra le serie che più colpiscono per lo spirito innovativo che le ha generate ci sono le Eclipses, i cui primi esperimenti risalgono agli anni Quaranta. Schawinsky stropiccia della carta per poi ricomporla e dipingerla utilizzando l’airbrush, dando vita a paesaggi pittorici scaturiti sia dal caso sia dal controllo della composizione.
Della fine degli anni Cinquanta sono i suoi lavori più sorprendenti, i Track Paintings, realizzati dall’artista guidando con l’automobile prima sul colore a olio e poi sopra tele distese a terra, così che gli pneumatici possano lasciarvi tracce accidentali sovrapposte tra loro.
Legati alle dottrine del Bauhaus in materia di geometria e ottica sono i quadri Sphere Paintings risalenti agli anni Sessanta, tra i più interessanti dell’artista. Qui Schawinsky apre la superficie dell’opera alla terza dimensione usando veli di garza dipinti fissati al telaio, in modo da creare, grazie alla loro trasparenza, spazi pittorici caratterizzati da stratificazioni e mescolanze di colore. Come gli altri cicli, anche questo testimonia l’attitudine di Schawinsky a concepire il processo artistico come una continua sfida ai limiti fisici e concettuali, ricorrendo a metodi per l’epoca rivoluzionari che spesso non vennero compresi davvero a fondo nemmeno dai suoi colleghi.