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Thomas l’Oscuro ci porta alla deriva
Esce per Il Saggiatore il romanzo d’esordio del filosofo e critico letterario francese Maurice Blanchot
Daniele Bernardi
L’angoscia e l’impossibilità, nella relazione, di «fare uno» (cioè di fondersi all’altro in una sorta di dissoluzione di sé) sono alcuni aspetti chiave di Thomas l’Oscuro di Maurice Blanchot (Quain, 1907 – Le Mesnil-Saint-Denis, 2003), che Il Saggiatore pubblica per la prima volta in lingua italiana. Inoltre, come sottolineato da Carmelo Colangelo in una recente recensione apparsa su «Alias», è la «capacità del reale – “ciò a cui non manca nulla”, come lo definisce Lacan (…) – di eccedere significati, simboli e immagini» a intridere la scrittura di questo strano libro (sempre Colangelo ricorda che proprio Jacques Lacan fu uno dei grandi lettori di Blanchot – del quale è più nota l’opera saggistica che narrativa – e non è un caso che «angoscia» e «impossibilità di fare uno» siano concetti fondanti per lo psicoanalista francese).
Ma di che si racconta in Thomas l’Oscuro? In realtà proprio di niente. O meglio, di ciò che questo niente comporta per chi, come i protagonisti Thomas e Anne, con esso ingaggia una sorta di lotta permanente. Tutto inizia sulla riva di un mare senza nome, di fronte al quale Thomas siede brevemente – il tempo di una riga – prima che un’onda lo travolga risucchiandolo in uno spazio amorfo, senza contorni, nel quale si affanna a nuotare su abissi che gli rivelano quanto lui stesso sia sostanza senza forma, torbida e vertiginosa. Utero in cui è in luce la problematica dell’origine, il mare suggerisce a Thomas un che di mortifero, di avvinghiante, che lo accompagnerà sempre.
Dopodiché si procede come per visioni, attraverso un incedere che ricorda l’andamento del sogno. Lasciatosi alle spalle i flutti, Thomas si addentra in un boschetto – in una selva, verrebbe da dire – dove scopre un buio non dissimile al caos liquido dal quale è emerso. Ma alla «coscienza marina» di essere lui stesso «massa notturna» si aggiunge ora l’esperienza dello sguardo, il cui svolgersi sembra descrivere il sorgere delle prime immagini nella mente di un bimbo: «Il suo occhio, inutile per vedere, assumeva proporzioni straordinarie, cresceva smisuratamente e, estendendosi all’orizzonte, lasciava che il buio penetrasse nel suo centro per riceverne la luce».
In seguito, seguiamo Thomas in un albergo nel quale lo scopriamo ospite. Qui finalmente trova Anne, «una ragazza alta e bionda, la cui bellezza» si risveglia proprio «sotto il suo sguardo». Immediatamente attratto, per richiamarne l’attenzione colpisce la tavola a cui è seduto – come farebbe un bambino nel reclamare la madre – e, dopo un iniziale irrigidimento, lei gli si rivolge inaugurando un non-rapporto sul quale si edifica il resto del libro. Comincia allora un confronto con le parole; confronto che rivelerà a Thomas il suo essere, davanti a esse, «nella situazione in cui si trova, di fronte alla mantide religiosa, il maschio» prima «di essere divorato»: «Le parole si stavano (…) impossessando di lui e cominciavano a leggerlo», scrive Blanchot, «fu preso, agguantato da mani intellegibili, morso da un dente pieno di vigore; entrò col corpo vivo nelle forme anonime delle parole, (…) dando alla parola essere il suo essere».
Man mano che l’incontro prosegue, è come se l’incursione del verbo evidenziasse un confine fra i due. Un limite frustrante, invisibile, che li divide impedendo loro, come già accennato, di «fare uno» (spinta di cui il mare uterino del quale Thomas ha percepito la potenza era la radice). Ma questi sono solo alcuni spunti, poiché Thomas l’Oscuro va oltre e una breve recensione non basta a descriverlo.
Certo è che si tratta di una di quelle opere irriducibili – di non ovvia lettura – dalle quali si può «estrarre molto» e su cui l’elaborazione a posteriori risulta essere l’aspetto più interessante. Per chi volesse approfondire l’opera di Blanchot attraverso il catalogo de Il Saggiatore, si ricorda che in questi ultimi anni la casa editrice ha dato alle stampe anche i fondamentali Lo spazio letterario (2018), Il libro a venire (2019), La scrittura del disastro (2021).