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Dove e quando
Oltrereale. La realtà immaginata.Frammenti di memoria infinitamente mutabili, Villa Arconati, Castellazzo di Bollate (via Madonna Fametta 1). Orari: domenica 11.00-19.00. Fino al 29 ottobre 2023. www.villaarconati-far.it
Oltre il reale a cavallo tra fotografia e pittura
Mostra ◆ Il fotografo svizzero Marco D’Anna in esposizione a Villa Arconati fino al 29 ottobre
Giovanni Medolago
Villa Arconati, a Castellazzo di Bollate nella periferia nord di Milano, è definita «la Versailles meneghina»: pregevole testimonianza di barocco lombardo edificata a partire dal XVI secolo e da lì restaurata più volte, conta oltre 70 ambienti (definirli camere è riduttivo) con 365 finestre da cui si possono ammirare i dodici ettari di giardino, a loro volta circondati da altri mille ettari di campi coltivati. Ha tenuto a battesimo l’esordio del futuro premio Oscar Gabriele Salvatores (con lo shakespeariano Sogno di una notte d’estate, 1983), e ha sentito il «ciak» gridato da registi come Dino Risi o Marco Tullio Giordana.
Una location d’eccellenza dunque per la mostra di Marco D’Anna, intitolata Oltrereale, la realtà immaginata. Tanto per mettere subito le cose in chiaro, il catalogo della mostra presenta Villa Arconati (che per la prima volta in IV secoli ospita la fotografia!) sovrastata da una montagna innevata, qualcosa di davvero oltre il reale! Un progetto che l’artista luganese ha realizzato durante i lunghi mesi del lockdown. Da sempre innamorato dell’Engadina, D’Anna vi è tornato seguendo il ritmo delle stagioni e dunque sull’arco di parecchi mesi, cogliendovi la potenza e la spettacolarità delle vette che affascinarono R.M. Rilke e tra gli altri F. Nietzsche. Per superare il reale, è ricorso naturalmente alla tecnica digitale: «Sovrapponendo strutture di carta d’acquarello Fabriano – spiega – ho dato vita a immagini contemporanee che richiamano la tecnica pittorica del Divisionismo, ma in una nuova quanto composita e inedita visione di qualche luogo iconico dell’Alta Engadina. I paesaggi sono reali, ma allo stesso tempo immaginari: si tratta, come dire, di innesti. Siamo sì in Engadina, ma le vette sono immaginazione realistica, pura costruzione che cerca di avvicinarsi al Mito. La mia fotografia, come la memoria, è composta da frammenti in continuo mutamento. Ho cercato di fermare un’immagine composta da molti ricordi dello stesso luogo, apparentemente sempre uguali epperò, in fondo, sempre diversi. Immagini della montagna che rappresentano pure il vano tentativo di fermare il tempo per creare una memoria indissolubile». L’immagine che abbiamo scelto ne è un chiaro esempio.
Divisionismo fa quasi rima con Giovanni Segantini, l’esponente forse più importante dell’omonima corrente artistica. E non a caso la Mostra di Bollate si apre con Primavera, un trittico che non può che ricordare quello celeberrimo (Trittico delle Alpi: natura, vita e morte, riunito ed esposto per la prima volta a sud delle Alpi al LAC nel 2019) del pittore trentino che a St. Moritz e dintorni trovò la sua immortale fortuna artistica. Scenari immaginari tratti dal reale, che trasformano altresì una natura che dapprima accompagna benevolmente gli esseri umani, ma è tuttavia a volte in grado di farsi minacciosamente spettrale. Un excursus che D’Anna ci presenta con sbalzi di luce e cromatici, insoliti punti di vista (dal basso le vette sembrano ancora più imponenti), senza rinunciare talvolta a quel punctum tanto caro a Roland Barthes: un raggio di sole che raggiunge la cima della montagna squarciando la nuvolaglia; oppure le macchie rosse tra il biancore di un branco di pecore, dove il Divisionismo sembra lasciar spazio al Pointillisme, movimento pittorico che ebbe Georges Seurat quale suo profeta, ma affascinò anche il già citato Segantini. «Accanto a quest’ultimo – ci illumina Marco – non dobbiamo però dimenticare Arnold Böcklin, Caspar Wolf o Ferdinand Hodler: grazie alla loro poetica, ma chiamiamola pure mistica, hanno creato il mito della Montagna».
Una fotografia, quella di D’Anna, che si stacca dal reale e ci interroga, rimettendo in gioco quello che diamo per acquisito, accentuando nel contempo il limite tra oggettivo e soggettivo: «Un modo per entrare nell’immaginario/fantastico della memoria e della visione, con un moto di gratitudine verso l’Arte che ci ha consentito di vedere il passato prima della scoperta della fotografia: la pittura».
Con le sue 34 immagini – sovente di grande formato – Marco D’Anna sembra rispolverare la vexata quaestio del rapporto tra arti figurative e fotografia mentre l’occhio del visitatore sarà appagato dalla bellezza e dal fascino estetico delle sue immagini, «che non conferiscono una valenza simbolica a questi paesaggi – scrive la curatrice Valeria Foglia nel catalogo che accompagna l’esposizione – e rinunciando a scopi narrativi e/o semantici sembra voler chiaramente estromettere tutti quegli elementi che potrebbero distogliere l’attenzione dello spettatore dalla potenza e dalla spettacolarità della Natura».