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Dove e quando
Il Musical Acqua debutterà il 30 settembre al Teatro Dimitri di Verscio, con replica il 1. ottobre. Sarà riproposto il 25 novembre al CinemaTeatro Blenio di Acquarossa.
www.teatrodimitri.ch
Acqua, un musical che parla di noi
Spettacoli ◆ Al debutto tra qualche giorno abbiamo seguito le prove del musical e il suo racconto delle fragilità umane al Teatro Dimitri di Verscio
Sara Rossi Guidicelli
Un musical è una grande macchina. Tutto è partito da una poesia di poche parole e ora ci sono più di venti persone in scena che cantano, danzano, recitano; ci sono una costumista e due compositori, una scenografa, tre tecnici luci, due drammaturghi, una regista, un’assistente legale, tutto uno staff per la comunicazione e persino una psicologa artistica.
Radwan è un ragazzo somalo. Sette anni fa è arrivato in Svizzera e da quel giorno, da quella nuova nascita, è nato un poeta. Il viaggio che ha percorso, lo sappiamo, è indicibile. Non sarà raccontato. Ma Radwan, dal giorno in cui è arrivato ha iniziato a scrivere poesie, in italiano. Con la manciata di parole che aveva, e se hai pochi ingredienti devi darti da fare ancora di più: arrivare al nocciolo, scavare per dire quello che vuoi dire.
Ora il suo vocabolario è molto più ricco, e Radwan non ha smesso di raccontare il suo sogno, in un quaderno, in forma di poesia. È durante un laboratorio teatrale, in collaborazione con i ragazzi di E-Voliamo progetto di SOS Ticino, che è nata l’incredibile storia Radwan non ha paura. «Da quella storia», spiega Melanie Haener, regista e autrice dei testi, «abbiamo creato il Musical Acqua. Uno spettacolo che dà voce agli incompresi che provengono da lontano, a coloro che non vogliamo comprendere finché non avranno imparato la nostra lingua, i nostri costumi e soprattutto le nostre regole. Uno spettacolo di mattoni leggeri ma ben incollati, che si vuole ponte. Il ponte traballa, ma noi ci camminiamo sopra e ogni anima che lo attraversa lo rende più solido. Ogni presenza in più nel pubblico renderà il ponte più resistente e sicuro».
Durante le prove Melanie chiede di camminare, respirare, come un gruppo, senza toccarsi, incontrandosi. «Sguardo chiaro, più vita, state raccontando una camminata difficile. Siate musica». Melanie li prende uno a uno, gli fa chiudere gli occhi, li abbraccia camminando accompagnandoli, guidando il passo e facendoli rallentare, cercando l’intensità. Poi scaldano la voce e si parte, si fa una filata, per ricordarsi le canzoni, le posizioni, le coreografie. Melanie ha studiato corpo, movimento, voce. Nel musical tutto si mescola, si somma e si fonde.
Sono mesi che provano, non tutti sono professionisti: Melanie Haener e il co-regista Ruben Moroni, raccontano, amano molto lavorare anche con persone in formazione. «Non sono plasmati da una scuola, non assomigliano a nessun altro, sono solo sé stessi. E se vengono è perché hanno voglia di mettersi in gioco, di portare un’umanità che gli appartiene. Diventano parte della creazione, perché il mio modo di lavorare è molto libero: il copione è uno spunto da cui partire, sono storie mie di cui loro devono appropriarsi, farle loro, masticarle, e risputarle come meglio gli viene in quel momento. Tutto può cambiare da un momento all’altro, sempre».
Si comincia, fanno una filata, come si dice in gergo.
Buio. Un coro a bocca chiusa, come nella Madame Butterfly di Puccini.
Luce. Un parco. Una vagabonda trova un quaderno, abbandonato su una panchina. È il diario di Radwan, il principio della storia. Quel quaderno cambierà la vita di molte persone, persone come noi, che corrono al lavoro, sotterrano i sogni, vacillano di paura, si chiudono nella durezza, stanno sull’orlo di una decisione. Persone che quel giorno, per un motivo o per un altro, attraversano il parco, specchio della nostra società.
«Sono uno di voi/che sta correndo per inseguire il suo sogno/sono uno di voi/che sta combattendo per sé stesso/sono uno di voi/che ha lasciato tante cose indietro/come voi./Sono uno di voi/che sta scappando dalle sue debolezze/come voi».
Tra i personaggi, una ragazza che aspetta il suo amore marinaio da un anno, come Madame Butterfly, e la pescivendola che non aspetta più niente, c’è anche una vecchietta. È un personaggio che Radwan ama più di ogni altro. «Perché nella mia cultura, gli anziani sono quelli da cui parte tutto». «Ogni giorno la vecchietta viene qui, si siede su quella panchina, e guarda il mare. Avrà dei rimpianti lei? O magari ha dei ricordi di un passato meraviglioso. La verità è che non si sa mai niente delle persone che arrivano qua, però se guardiamo attentamente qualcosa possiamo intuire».
La vecchietta fa una carezza alla vagabonda. Una carezza che da sola vale tutto lo spettacolo, che anche se è in una fase ancora di preparazione, sembra già molto bello, intenso, intelligente, lontano dalle smancerie in cui sarebbe facile finire trattando temi del genere. La colonna sonora è particolarmente curata e interessante: nasce dal connubio musicale di Max Pizio, compositore, arrangiatore e polistrumentista, e Melanie, cantautrice e regista del Musical Acqua. Pizio ha compiuto una ricerca etnomusicologica attraverso viaggi e collaborazioni, portando nelle sue composizioni sonorità del nord Africa ma anche della Somalia, dell’Etiopia e del Camerun, del Giappone, di Haiti e di differenti Paesi dell’Europa dell’Est. Il compositore rievoca il percorso storico dell’Oud, strumento principe nella vita sonora del Medio Oriente, e non manca di viaggiare ancora, con fusioni tra klezmer e ambientazioni tzigane.
Sorprendente, ma solo fino a un certo punto, perché si sente subito che questo racconto porta a galla un universo globale, con tutte le sue ricchezze e diversità, dalla percussione africana agli archi tipici della cultura europea, passando dallo swing del marinaio e da note sognanti, quasi fuoriuscite da quell’armadio dove viveva e creava Eric Satie.
«Una relazione è come l’acqua, se provi a catturarla, tutto l’amore scivola via. Ho capito che il coraggio lo avrei trovato cammin facendo. Ho trovato questo coraggio nel preciso istante in cui mi sono trovato nel pericolo. Forse, forse dovrei partire anch’io».