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Quel che sapeva Brunilde
Opera ◆ Dopo quarant’anni Der Ring des Nibelungen di Richard Wagner torna sulla scena di Theater Basel
Sabrina Faller
È stata una vera e propria festa l’apertura della stagione a Basilea nella Sala Grande (Grosse Bühne) del Teatro e un evento per la città, che vede tornare a splendere sulle rive del suo Reno l’oro della Tetralogia wagneriana. Das Rheingold, andato in scena il 9 settembre con repliche previste fino al 6 ottobre e una ripresa a giugno, ha convinto un pubblico da sempre abituato a letture innovative dei classici e dunque aperto a sguardi non convenzionali e non tradizionali.
Tutta la vicenda è osservata dal punto di vista di Brunilde, figlia di Wotan e futura sposa di Sigfrido, figura chiave di una saga familiare che lei stessa racconta, utilizzando la narrazione in prosa. Fin dall’inizio del dramma, anzi, prima ancora dell’inizio del celebre preludio, Brunilde è in scena e racconta, fisicamente presente, la voce registrata: buona soluzione, in quanto non turba l’atmosfera del dramma in musica, ma la amplia senza immergerci dentro uno spettacolo in prosa.
Il dramma inizia dunque dalla fine, dopo Götterdämmerung, dopo che il Walhalla è andato in fiamme. La valchiria si appresta a raccontare come siamo arrivati a questo. Racconta di Wotan, il patriarca, e dei suoi rapporti con i familiari, in particolare del suo affetto per il piccolo Sigfrido, colto nel giorno della festa per il suo quinto compleanno. Il passaggio dal racconto alla musica è morbido e il Vorspiel ci pone di fronte a una casata turbolenta, i cui membri manifestano un’inquietudine solo parzialmente repressa. Wotan mostra a Sigfrido come è accaduto che il nibelungo Alberich rubasse l’oro dal fondo del Reno alle tre Ondine che lo custodivano, e gli insegna a uccidere il drago con una spada giocattolo. Poiché si rivolge a un bambino, i personaggi – le tre ondine – sono evocati attraverso i pupazzi di un teatrino per burattini, ma anche «interpretati» sul palcoscenico centrale da grandi marionette ad asta mosse in scena a vista, mentre il nano ladro è un enorme rospo dai movimenti pachidermici. Le cantanti seguono le marionette, mentre la voce di Alberich proviene da una sezione laterale del palco, soluzione problematica, data la gamma di passioni che il nano dovrebbe esprimere e che trova difficoltà a manifestarsi nello sdoppiamento fra voce cantante e rospo claudicante. Durante lo svolgersi del dramma in musica, Brunilde torna a farsi sentire con il suo racconto attraverso brevi interventi parlati – sempre registrati – che evidenziano il deteriorarsi dei rapporti tra i vari personaggi, mettendo in pausa l’opera senza stravolgerla.
La scena è unica e caratterizzata da elementi che ritroveremo nei successivi tasselli della Tetralogia: in primo piano un tavolo al quale siedono Wotan, la molto borghese moglie Fricka, i bambini (compare anche una Brunilde ragazzina), gli impulsivi e battaglieri fratelli Donner e Froh, i giganti Fasolt e Fafner con la loro infelicissima preda Freia perennemente in lacrime. Dietro il tavolo, sul palcoscenico a sinistra, una imponente casa di famiglia, il Walhalla, dentro il quale Wotan e i suoi entreranno alla fine del Rheingold, dopo aver aperto gli ombrelli sotto una pioggia immaginaria. A destra del palcoscenico un albero al quale è appesa un’altalena, e davanti all’albero un buco nel terreno da cui entrano ed escono i Nibelunghi. Altri elementi fantastici invadono la scena al momento opportuno. C’è il grande drago di cartone, di cui si vedono sbucare dalle quinte la testa con bocca fiammeggiante e la coda arricciata, e il rospetto in versione mignon, cioè l’espediente grazie al quale Loge e Wotan riescono ad intrappolare Alberich.
Un’atmosfera fantastica, a tratti di puro divertimento, avvolge il dramma. Ma Brunilde non dimentica mai di ricordarci che stiamo assistendo al declino di una dinastia divina e di un’epoca. E non mancano eventi tragici e risolutivi come la morte di Freia, che porta via con sé il dono dell’eterna giovinezza coltivata con le mele d’oro in favore degli dei. Gli dei invecchiano, ed è questo il primo segno di avvicinamento alla fine della loro era. La messinscena dell’intero Ring è del sovrintendente e direttore artistico dell’Opera (il teatro ha anche una sezione Balletto e una sezione Prosa, con due sale ad hoc, Kleine Bühne e Schauspiel) Benedikt von Peter, coadiuvato alla regia da Caterina Cianfarini, già sua collaboratrice al Teatro di Lucerna. L’idea di base, ovvero il punto di vista di Brunilde, non è una novità, anzi è stata al centro di un noto allestimento del Ring per il Royal Danish Theatre nel 2006, a firma del regista danese Kasper Holten.
È un Ring molto teatrale questo di Basilea, in cui tutto il cast è impegnatissimo a far valere le proprie doti interpretative, a cominciare dalla qui muta (almeno nel senso del canto) Brunilde di Trine Moller (nella foto), per continuare con la tracotanza di un Wotan impellicciato, irascibile e molto nouveau riche, interpretato dal basso baritono canadese Nathan Berg, o un Loge giallovestito, ironico e scoppiettante, i cui recitativi suonano naturali come il parlare quotidiano, nei panni del tenore Michael Laurentz. Mime è una specie di Geppetto collodiano interpretato da Karl-Heinz Brandt, mentre Alberich, quando non è rospo, ha le fattezze del basso baritono irlandese Andrew Murphy. La voce di Fricka, la mezzosoprano Solenn’ Lavanant Linke, ci ricorda che qui non si recita soltanto, ma si canta pure.
Una notevolissima Sinfonieorchester Basel è diretta da Jonathan Nott che le imprime un andamento narrativo ideale per un allestimento del genere, non privo di un piacevole, fiabesco incanto. A Stephan Q. Eberhard si devono le affascinanti marionette e tutto ciò che riguarda il teatro di figura. E mentre proseguono le repliche di Das Rheingold, approda a Theater Basel anche Die Walküre, in scena dal 16 settembre fino al 7 ottobre, con ripresa prevista nel giugno 2024 per entrambi. Dovremo invece attendere fino all’autunno 2024 per Siegfried e Götterdämmerung.