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Pietre e natura della Val Vegornèss

Itinerario etnografico – In cima alla Valle Verzasca una bella passeggiata si snoda lungo il fiume da Sonogno a Cabiói e oltre, tra pascoli, pietre, nuclei, cascine, fregère e sprügh
/ 13/07/2020
Elia Stampanoni

Per scoprire la Val Vegornèss è necessario risalire la Valle Verzasca, lasciandosi alle spalle il Piano di Magadino, s’oltrepassano la diga, i nuclei caratteristici, i ponti storici, le pozze e, risalendo il fiume che scorre limpido, si raggiunge Sonogno. Qui inizia l’itinerario etnografico, promosso nel 2015 dal Museo Val Verzasca e dall’organizzazione turistica Lago Maggiore e valli con il supporto anche del Centro di dialettologia e etnografia di Bellinzona.

Un tragitto di circa sette chilometri (a cui aggiungere il ritorno), percorribile in gran parte anche in bicicletta (fino a Cabiói) e che porta il turista dai 918 metri di Sonogno ai 1150 di Gann (o Ganne), dov’è posto l’ultimo dei sei punti d’interesse segnalati. Una passeggiata che costeggia il fiume Verzasca, il quale accompagna la visita con i suoi rumori, la sua acqua e le sue rocce, rendendo la gita sempre più solitaria e silenziosa, come suggerisce anche l’opuscolo informativo: «la strada asfaltata si trasforma dapprima in terra battuta poi in un sentiero a fianco del fiume, mentre la presenza umana si dirada e lascia spazio ai molti sassi e alla tipica vegetazione alpina». Sassi che, assieme al verde della flora e all’acqua, sono effettivamente tra gli elementi caratteristici: sia con le impervie rocce delle montagne arricchite da ruscelli e cascate che scendono dai versanti, sia con i massi a tratti rossicci del fiume. Senza dimenticare case, cascine e le altre costruzioni che s’incontrano risalendo la Val Vegornèss, tutte o quasi rigorosamente edificate in pietra.

L’avvio è quindi dal nucleo di Sonogno, ultimo villaggio della Verzasca, che conta oggi un’ottantina di residenti e si trova all’intersezione di due valli: la citata Vegornèss e la Redòrta. Come riporta la descrizione dell’itinerario, «Sonogno negli ultimi decenni è diventato un’apprezzata meta turistica», e lo si nota dall’importante valorizzazione del patrimonio culturale: la casa della lana, il museo etnografico e il forno del pane, che si possono visitare all’inizio o alla fine dell’escursione.

In direzione nordest s’imbocca quindi la Val Vegornèss che inizialmente sale dolcemente, lambendo case d’abitazione, alcuni rustici riattati e, poco più avanti, due aziende agricole. Da qui ci si lascia velocemente alle spalle anche la «vita di paese» e la natura diventa ancor più protagonista. Si toccano gruppi di case o cascine a Pinell, Rescadèla (Reschedèla) o Secada, dove l’itinerario propone uno spunto di riflessione sulla strada principale della Verzasca, che nel XIX secolo sostituì l’antica mulattiera. La carrozzabile arrivò a Sonogno solo nel 1873, portando però «nuove opportunità e una ventata di modernità». Sbarrata al traffico veicolare, se non quello agricolo o dei proprietari con autorizzazione del patriziato, è invece la strada della Val Vegornèss, lungo la quale si snoda la prima parte dell’itinerario. Dopo la località di Val e dopo qualche salitella, un pannello didattico al bivio per Cognora, presenta la «serra di Cabiói», ossia uno sbarramento artificiale del fiume con cui in passato s’accumulavano importanti quantità d’acqua che, dovutamente regolate, permettevano di trasportare a valle il legname prima di proseguire sul lago. Un’attività in uso fin verso l’avvento della rete viaria e di cui oggi rimangono due anomali ammassi di pietrame.

In un attimo si giunge di seguito al suggestivo e pittoresco nucleo di Cabiói, con i suoi rustici riattati, oggi apprezzato luogo di soggiorno ma che in passato ospitava gli alpigiani con il loro bestiame prima e dopo la stagione all’alpe. Con una breve deviazione si oltrepassa il fiume Verzasca e, tornando per cinque-dieci minuti di cammino sull’altro versante, s’arriva a delle costruzioni in pietra, basse e incastonate nella montagna, le fregère. Alcune sono state parzialmente ripristinate su iniziativa della Fondazione Verzasca e sono una sorta di «antichi frigoriferi» che, grazie alla loro ubicazione (sfruttando l’aria che circola nella sottostante pietraia), permettevano di mantenere al loro interno un ambiente fresco e adatto per la conservazione degli alimenti, soprattutto di latte e latticini. Cabiói è di fatto un maggengo dove gli animali fanno tuttora una tappa intermedia durante la salita all’alpeggio e dove in passato veniva anche trasformato il latte munto, il quale trovava nelle fregère il luogo ideale per essere conservato. Sempre legata al mondo della pastorizia e dell’allevamento è anche la tappa di Gann o Ganne, a circa 20 minuti di cammino da Cabiói. Si raggiunge percorrendo un sentiero sassoso di montagna dove nella stagione estiva non è raro imbattersi anche in capre al pascolo, alla ricerca di un po’ di frescura all’ombra di qualche masso o delle fronde degli alberi. Qui è segnalato uno degli sprügh presenti nella zona, ossia le costruzioni sotto roccia di cui si servivano i pastori (e il bestiame) durante la loro transumanza da e verso l’alpeggio. Nei pressi dello sprügh principale, quello destinato al pastore, un pannello didattico riporta anche il ricordo in prima persona di Ettore Rossi (1933), mentre entrandovi si può solo immaginare come i pastori potessero qui trascorrere alcuni periodi a inizio e a fine estate. Lo sprügh di Gann è ricavato sotto un imponente macigno, completato con alcuni tratti di muri a secco e mostra ancora lo spazio per il focolare e alcuni oggetti usati in questi momenti. L’escursione può ora tornare a Sonogno, oppure continuare verso l’alto, collegandosi alla Via Alta della Val Verzasca.